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Granmilano

Tre correnti attorno ad Arcore si son divise… Amori, sogni, litigi

Fabio Massa

Che cosa succederà ora nel complicato mondo di Forza Italia? Una mappa ragionata fra territori ed europee

Ora aperitivo. Tutti con lo spumante in mano. Chiacchiericcio e tintinnio di bicchieri. A organizzare la reunion azzurra è Alberto Villa, sindaco di Pessano con Bornago, un tempo giovane speranza azzurra e adesso solido amministratore locale. Uno che i voti li prende. Due dirigenti di Forza Italia si affrontano a muso duro, in quel di Segrate, tra una tartina una pizzetta e qualche panino. Cavalleria rustichella più che rusticana. Da una parte c’è Alessandro Sorte, segretario regionale del partito. Dall’altra c’è Alessandro Cattaneo, già capogruppo alla Camera e sodale di Licia Ronzulli, defenestrata proprio da Sorte dalla guida della Lombardia. Ale vs Ale. Il coordinatore enumera i nuovi ingressi nel partito, l’ex capogruppo gli rimprovera di fare il dittatore. Dinamiche note già sotto il regno di Silvio, figurarsi adesso che il partito è una (piccola, e sempre meno influente) polveriera. 

In questa mappa dei sogni (infranti?) azzurri, ci sono tre grandi gruppi. Il maggiore è quello che lasceremo per ultimo. Il primo schieramento è quello che si riconosce nella triade Ronzulli-Sorte-Benigni. L’ultimo potere costituito sotto il presidente, e gli uomini più vicini ad Antonio Tajani. E’ indiscutibile che l’attuale vicepremier sia in una posizione di forza. Sui territori Alessandro Sorte è stato molto attivo. Ha nominato i coordinatori provinciali di Bergamo, Varese, Sondrio, Pavia (con mal di pancia atroce da parte di Cattaneo), Como, Lodi, Lecco. Ogni nomina – dicono dalle parti dell’attuale maggioranza – è stata ratificata all’unanimità, così come la scelta stessa di Alessandro Sorte come capo del partito lombardo. Una navigazione tranquilla, dunque? Potrebbe essere, almeno sul breve periodo. Il comitato di presidenza di oggi fisserà la data per il Consiglio nazionale a metà luglio. Il Consiglio nazionale nominerà Tajani, che vorrebbe essere l’uomo solo al comando anche se Ronzulli & Cattaneo hanno chiesto un direttorio. Alla fine però – pronosticano i bene informati – conteranno solo i territori e chi ha i voti. La strategia di Sorte pare chiara: procedere a tappe forzate verso il “Partito popolare” andando a innestarvi tutto il mondo ciellino. A partire da Roberto Formigoni, che al netto di smentite di prammatica (e qualche autorevole sconsiglio amicale), pare ancora interessato a correre per le europee. Certo, c’è il problema dei posti, che nel collegio Nord-ovest sono solo due. Una dovrebbe essere Lara Comi, l’altro Massimiliano Salini. O Formigoni, sempre che non lo chiami prima Fratelli d’Italia, anche se la cosa pare davvero improbabile a oggi. 

C’è poi il secondo gruppo, con una lettura diametralmente opposta. E’ la fazione di Cattaneo & Ronzulli, che mette il dito nei forti mal di pancia interni per i nuovi ingressi. Entrano Massimiliano Bastoni e Gianmarco Senna dalla Lega (via Letizia Moratti), e subito acquisiscono ruoli. Si sottolinea che è uscito Fabio Altitonante, uno che i voti ce li aveva davvero, così come una rete solida di amministratori locali. Le ratifiche all’unanimità delle nomine provinciali? E come sarebbe potuto essere diverso, con il corpo del Capo ancora ad Arcore, e Tajani collegato dalla Villa del dolore? Se ne minimizza la portata politica (ma di fatto l’unanimità è l’unanimità). Si sottolineano gli scazzi di Brescia, dove c’è maretta su Adriano Paroli. E i ciellini che il gruppo dominante vorrebbe far entrare compattamente? Voci dicono che Giorgio Vittadini e Giancarlo Cesana (dopo alcuni anni in sordina) vorrebbero fare un soggetto autonomo perché esisterebbe un (nuovo) spazio da riempire e che a rinsanguare Fi non ci pensino proprio. Maurizio Lupi va avanti da solo, e teorizza che ora di novembre Forza Italia andrà in crisi e dovrà spalancare le porte senza porre condizioni. Graecia capta ferum victorem cepit: si morirà tutti democristiani. E i voti? Per adesso pare ci siano contatti frequenti con Totò Cuffaro, laggiù in Sicilia. 

Infine, c’è il terzo gruppo. Il più numeroso, che qualcuno denomina scherzosamente “ICL” (“i c...i loro”). Sono quelli che contano gli anni che mancano. Consiglieri regionali e parlamentari che pensano che cinque anni di mandato siano un tempo biblico. Quelli che hanno i voti veri sui territori, come Fabrizio Sala con Fabrizi Figini. Come Gianluca Comazzi, Ruggero Invernizzi e il gruppo di Stefania Craxi. Come Giulio Gallera con i suoi amministratori. Quelli che aspettano, attenti, di capire se il partito rimane una nave sulla quale navigare, o se semplicemente è già finito tutto anche se l’orchestra sta continuando a suonare la solita musichetta.