Roberto Calderoli e Stefano Bruno Galli (Ansa)

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Su autonomia, cultura e territori le mia Lega c'è. Parla Stefano Galli, assessore in Lombardia

Maurizio Crippa

"Che la proposta di Calderoli arrivi in Consiglio dei ministri è un grande risultato, è un passo avanti che oggi si discuta di norme attuative, e non più di leggi quadro che non hanno senso”, dice il responsabile per Autonomia e Cultura al Pirellone. Tra progetti del Carroccio e obiettivi elettorali
 

Ci crede, ci ha sempre creduto. Il professor Stefano Bruno Galli, storico, cultore di federalismo e di popoli ma anche di Vaclav Havel, assessore regionale uscente all’Autonomia e Cultura, è un leghista di conio antico che da sempre crede nelle idee del Carroccio: autonomia e culture dei territori. E, nonostante le difficoltà, crede alla tenuta di quelle idee: “Sull’autonomia, parlando in queste settimane con imprenditori o con le persone comuni ho toccato un polso vivo, positivo. E il segnale che la proposta sull’autonomia differenziata di Calderoli arrivi in Consiglio dei ministri (oggi, ndr) è un grande risultato”.

Anche se qualche ritocco preventivo, qualche paletto, è già stato messo… “Ma è un grande passo avanti che oggi si discuta delle norme attuative rispetto all’articolo 116 della Costituzione, e non più di leggi quadro che non hanno senso”. Da leghista di territorio, crede anche in una performance della Lega migliore che nelle scorse politiche: “La situazione è difficile, questo si sa, ci sarà una contrazione di consiglieri e vedremo i nuovi rapporti nella coalizione; ma la Lega ha una forte connotazione identitaria e territoriale, il voto locale è sempre stato la sua forza, più ancora che il voto nazionale”. 

 

Si vedrà a breve, nel frattempo l’assessore Galli riordina le carte nel suo ufficio ma non nasconde che l’obiettivo, non solo personale, ma di partito, è quello di poter continuare ancora nel percorso di un assessorato che anche nel nome rispecchia le sue idee – “Cultura dell’autonomia e autonomia della cultura”, il suo motto – e che ha oggettivamente ottenuto dei buoni risultati, nonostante i due anni di macchine ferme (e di iniziative di salvataggio) dovute al Covid. Anni che soprattutto hanno provato a sbozzare un modello di governance in cui solidità e integrazione tra soggetti vengono prima degli svolazzi da “grande bellezza”.

Ricorda ad esempio Galli che l’ultima ricerca della Fondazione Symbola, guidata da Ermete Realacci, “Io sono Cultura 2022”, ha certificato che Milano e Lombardia “confermano la loro centralità in questo percorso verso un’economia più a misura d’uomo e per questo più capace di futuro”. La strada è rafforzare i legami tra il mondo della cultura e della creatività e i mondi della produzione, e secondo Symbola, la Lombardia ha anche le migliori performance nella valorizzazione e conservazione. “Insomma la Lombardia c’è, con un percorso di idee e di visione che stiamo portando avanti, nonostante due anni in cui si è dovuto soprattutto sostenere le emergenze, evitare che cinema, teatri, musei chiudessero per sempre”, dice Galli, “e sarebbe un vero peccato non continuare la strada”. Che è, nella sua visione, cultura, autonomia e capacità di far sistema insieme. “Cosa abbiamo fatto? Due dati. Nel 2019, pre Covid, abbiamo messo 4,5 milioni di fondi europei per un bando a sostegno di startup nel settore delle Imprese culturali e creative (Icc). Bene, oggi il 40 per cento di esse è in Lombardia: 25 miliardi di fatturato, 365 mila operatori. E abbiamo in corso d’opera il bando ‘Innova musei’, 18 progetti per trasformare e rafforzare la rete museale, che senza innovazione tra dieci anni rischia di morire”.

Perché, come dice sempre, i “suoi” musei lombardi sono 604, non dieci. A parte i teatri, i cinema, le fondazioni e i siti. E poi c’è un fiore all’occhiello di Galli, il rapporto col sistema delle imprese: “Cinque anni fa il 34 per cento della spesa culturale in regione era garantito dall’Art bonus. Oggi è oltre il 50, durante il Covid le donazioni dei lombardi sono passate da 187 a 213 milioni. Io dico che è commovente. Per questo dico sempre, a ragione, che il territorio e il sistema di imprese sono il mio ‘azionista di riferimento’. Va portata avanti questa visione: istituzioni, territori, pubblico e privato. Ma su questo c’è da fare di più, bisogna creare meccanismi di collaborazione tra istituzioni, e inserire anche i privati: che rappresentano il 50 per cento delle istituzioni culturali lombarde: l’Art bonus deve considerare anche loro. Autonomia e cultura, io ci credo”. Ci sarà tempo? “Spero di sì, e anche per un’altra idea: creare la figura del ‘direttore condiviso’, uno specialista capace di innovare e mettere in rete le piccole realtà culturali del territorio”. Autonomia, cultura.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"