Foto di Firza Pratama, via Unsplash 

Gran Milano

Una app per curare le dipendenze? Lo Ieud ha deciso di puntare sulla digital health

Paola Bulbarelli

“L'online permette al paziente di non doversi recare in un luogo. Significa abbattere la prima barriera tra il desiderio di sottoporsi a un trattamento e i timori che lo impediscono", sottolinea lo psicoterapeuta Emanuele Bignamini al Foglio

Lo slogan è senza dubbio provocatorio, “Decidi tu se vivere o morire”, del resto lo ha inventato Oliviero Toscani. L’occasione per parlar chiaro, e Toscani non si è tirato indietro su questo tema che gli sta molto a cuore, è stata la presentazione di Closer, la prima app pensata per rispondere alle esigenze di pazienti in cura per dipendenze anche in modalità digitale: la realizzata l’Istituto europeo dipendenze, Ieud, fondato a Milano nel 2016 e cheta deciso di cogliere la sfida del futuro, la medicina digitale. “Tanti gli amici e i personaggi, miei coetanei, che ho visto morire a cause delle droghe", ha detto il fotografo presentando Closer, così ha immaginato la comunicazione per il lancio della nuova app.

 

La digital health con la sua evoluzione e la sua capacità di rispondere a esigenze sempre più pressanti da parte dei cittadini garantisce la necessaria continuità assistenziale e il necessario monitoraggio terapeutico. Ma come funziona per questo specifico tipo di disturbi? “La forza dell’app è nella collaborazione con psicoterapeuti su tutto il territorio, in alternanza con le due sedi principali di Milano e Torino. Si mira a coinvolgere 70 psicoterapeuti in Italia, garantendo l’accesso a 1.600 pazienti, riducendo i tempi di attesa”, ha spiegato Federico Seghi Recli, fondatore di Ieud. Il centro è specializzato per il trattamento ambulatoriale delle dipendenze patologiche da sostanza (alcol, cocaina, farmaci, cannabis) e comportamentali (sesso, pornografia, gioco d’azzardo, dipendenze affettive) e da gennaio 2023 arriverà anche a Roma, Napoli, Palermo, Bologna, Bari, Catania, Brescia e Como. 

 

La dimensione del fenomeno dipendenze in Italia ha numeri notevoli. Da alcol: oltre 5 milioni a rischio di cui circa 800 mila con danni di organi e quindi bisognosi di cura, solo il 7,6 per cento accede a qualche forma di trattamento. Da cocaina: oltre 700 mila consumatori di cui 180 mila in Lombardia, meno del 3 per cento accede a qualche forma di trattamento. Cannabinoidi, oltre 5,5 milioni di consumatori con una prevalenza del 24 per cento circa negli adolescenti e solo lo 0,2 per cento accede a qualche trattamento. “Si è partiti dalla necessità di arrivare a curare le persone, e di permettere che ci sia per queste persone una possibilità di cura in un contesto molto significativo”, ha detto Raffaele Lovaste, presidente di Ieud, che basa il suo metodo su un lavoro di tipo psicoterapeutico. 

 

“Fornire assistenza online permette poi al paziente di non doversi recare fisicamente in alcun luogo – ha sottolineato Emanuele Bignamini, psicoterapeuta – Può sembrare banale, ma significa in realtà abbattere la prima barriera di resistenza tra il desiderio di sottoporsi a un trattamento e timori che lo impediscono. Questo perché nella nostra società c’è ancora un forte stigma verso chi soffre di questa condizione e questo porta a nascondersi e ritardare in modo irragionevole l’avvio di un percorso di cura. La terapia online può essere quindi di supporto, consentendo a chi ne ha bisogno di intraprendere un percorso terapeutico in assoluta privacy e riservatezza”.

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