Il sindaco di Milano Beppe Sala e l'europarlamentare Pierfrancesco Majorino (Ansa)

GranMilano

Pd, orfane e vedove

Fabio Massa

I problemi “tipografici” causati dall’addio di Zinga e un partito in cerca di identità

Il Partito democratico, dopo le dimissioni di Nicola Zingaretti da segretario, pare un po’ un libro stampato male: è pieno di orfane e di vedove. Dove le orfane sono quelle parole lasciate là, appese all’inizio della pagina sull’orlo del nulla della fine di un paragrafo. E le vedove sono quelle altre parole, abbandonate in fondo a una pagina, ma che appartengono già a una fase nuova del discorso. Dunque, quesito di politica tipografica: quali sono le orfane e le vedove di Zingaretti sotto la Madonnina?

 

   

Le orfane

Il discorso interrotto, lasciato là, senza che ci sia una fase nuova, appartiene agli zingarettiani d’osservanza. Ovvero, a quelli che da sempre sono i più vicini al segretario dimissionario. Un nome su tutti: Pierfrancesco Majorino. L’europarlamentare non ha mai fatto mistero di avere il suo paladino romano proprio nel governatore della Regione Lazio. In virtù di questa vicinanza (e anche di un forte influsso, da assessore, sulle scelte del sindaco Beppe Sala pre-pandemia), Majorino ha incassato ampi spazi per i suoi. Basti guardare la composizione del Consiglio comunale e le liste – che iniziano ad essere compulsate – su chi verrà candidato alla tornata di ottobre. Lo spazio politico di Majorino non discende da Zingaretti ma nella sua presenza trovava legittimazione come strategia di partito e non – come tradizionalmente era – sul filo del fuorigioco, con un piede dentro e un piede fuori, sensibile più alle istanze della sinistra-sinistra che a quelle della Ditta. Una zona arancione, insomma. Non è detto che sia un male, per Majorino, ritrovare una libertà di movimento che la vicinanza al segretario aveva inibito. Questo inevitabilmente porterà l’asse di una parte del Pd più verso sinistra, alla ricerca del consenso del campo largo di pisapiana memoria. Chissà se dopo dieci anni e una pandemia questa tattica funzionerà ancora. E chissà – piccole beghe di bottega, ma andate nelle sezioni e vedrete di che cosa discutono – se i tanti (troppi) aspiranti consiglieri majoriniani vedranno una riduzione di numero e qualità in lista oppure no.

  

Le vedove

I brandelli di discorso che anticipano un periodo nuovo appartengono a chi ha già dovuto cambiare idea più volte. Costretto dalla realtà fin troppo mutevole di un partito che riesce a dare il suo peggio nelle situazioni peggiori. E dunque: che fine faranno gli ex turbo-renziani che tuttavia renziani davvero non lo furono mai, ma riformisti sì, e da sempre, e capaci di vincere tutte le elezioni a cui hanno partecipato? Fuori dai denti: Zingaretti ha dato attenzione a Milano e l’ha fatto ovviamente con Majorino, ma anche con la segreteria metropolitana che veniva da un’esperienza di appoggio delle istanze di Matteo Renzi, in verità condivise dalla maggioranza della città (a sinistra). Zingarettiani di seconda generazione, si potrebbe dire. Ma con amicizie e vicinanza anche per Stefano Bonaccini, che prima per l’intero partito era il boia di Salvini in Emilia-Romagna, e adesso il reietto che pensa alle poltrone. Tutto il gruppo dei giovani ha da pensare molto bene al futuro, perché Bonaccini non concorre, e Zingaretti si è sottratto alla politica del logoramento. Forse è il tempo di un nuovo coraggio e di un nuovo protagonismo: in fondo, dopo vittorie su vittorie, non hanno mai ottenuto niente o quasi dal Nazareno. Chissà se andranno a saldare le loro istanze con quelle dei riformisti, che prima della mossa di Zingaretti pensavano di fare qualcosa fuori dal partito: con Calenda, Italia viva e Civici che ora invece chissà, potrebbero dover rivedere l’intera strategia o anche no.

   

Beppe Sala

Né orfana, né vedova, il sindaco ricandidato di Milano. Certo è che nella ruota gira male, ultimamente. Questione di sfortuna. Prima le elezioni rinviate (mai un bene per chi sta davanti correre a lungo). Poi il Pd che riesce a dissolversi in un pulviscolo scomposto proprio quando Sala avrebbe bisogno di compattezza, anche se sarà un referendum pro o contro Beppe, e non sul Pd. Infine gli incidenti di percorso (tipo la Darsena), che però ora di ottobre saranno scordati. Insomma, un po’ di sfiga in giro c’è. Ma niente di irreparabile, almeno per ora.

 

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