Beppe Sala, sindaco di Milano, al voto in occasione del referendum costituzionale dello scorso settembre (Ansa)

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Cambi di stagione. Se a Milano si vota in autunno sarà un'altra storia

Fabio Massa

Entro giugno sarà quasi una formalità. Altrimenti, anche col vaccino, serviranno idee per uscire dal disastro

Due versioni della stessa storia, probabilmente – almeno stando ai pronostici di oggi – con lo stesso finale e con lo stesso attore protagonista. Ma con un esito molto differente in termini di offerta qualitativa per la città. Sia che si dovesse votare in primavera, nell’ultimo scampolo di maggio o i primi di giugno, oppure in autunno, tra la fine di settembre e ottobre, Beppe Sala sarà comunque il candidato in testa per ottenere la riconferma. Ovvietà: anche perché dall’altra parte Salvini e Berlusconi non hanno ancora sciolto la riserva, in una serie quasi infinita di rinvii, di emergenza in emergenza, dal Covid al rimpasto in Regione all’addio di Conte bis all’avvento di Mario Draghi.

 

Prevedibilmente, se le urne si apriranno davvero a ottobre la scelta del candidato si protrarrà ulteriormente nel tempo. Fin qui, tutto noto. Il problema che la politica non sembra prendere in considerazione è che la campagna elettorale assumerà toni e soprattutto impegni assai diversi in caso di voto primaverile oppure autunnale. Con una scadenza breve la campagna elettorale si sclerotizzerà tra una critica della gestione sanitaria regionale da una parte e la contestazione delle piste ciclabili e della transizione ambientale dall’altra. Niente grandi novità. In un lasso di tempo così breve l’usato sicuro è quello che rende meglio, e si fa leva sui propri cavalli di battaglia, sulle battaglie storiche. Per la destra: partito dell’auto, sicurezza e accuse a Sala di essersi scordato delle periferie. Per la sinistra: partito dell’inclusione, attenzione all’ambiente e accuse alla Regione di aver lasciato morire i milanesi.

 

I temi veri, come – solo per dirne uno – il nuovo stadio non faranno neppure capolino nella campagna elettorale. Non fosse altro perché su San Siro l’Inter capolista è bloccata da un’incertezza proprietaria senza precedenti. Stranezze della vita: pareva il Milan l’incognita economica e invece ora sono i nerazzurri. Altro dettaglio: sul breve periodo è praticamente impossibile un accordo con il M5s al primo turno ed è tutta da verificare un’unione delle istanze riformiste (leggasi Azione + Iv + Civici), che pure coraggiosamente provano a unirsi. In caso di campagna lunga, invece, complice anche il governo del tutti dentro, potrebbero entrare nel dibattito i temi più profondi. Partitici: più probabile la formazione di un polo di riformisti, più probabile una alleanza al primo turno del M5s con la sinistra Pd. Tematici: a ottobre la crisi economica avrà cominciato a mordere, i licenziamenti prevedibilmente saranno stati sbloccati e l’emergenza sanitaria dovrebbe essere superata, se la vaccinazione di massa non sarà un completo fallimento (caso in cui i forconi in piazza saranno sicuri).

 

 

Quindi scenario radicalmente diverso, e i candidati dovranno dire parole chiare non solo sul Meazza ma anche sugli Scali, e sul Trotto e magari pure su come salvare la cultura distrutta dal Covid e su come aiutare i milanesi che nel frattempo dovranno tirare le somme dopo aver tirato la cinghia. Insomma, le elezioni di ottobre vedranno comunque Sala in testa, ma con un mondo completamente mutato. In più la scadenza lunga potrebbe suggerire a qualche altro competitor di scendere in campo, o all’unico – povero – appeso a una decisione romana (ovvero Roberto Rasia), di sperimentare una campagna con più tempo a disposizione e dunque più promettente. Secondo Fabrizio Cecchetti, nuovo responsabile della Lega Lombarda, ormai è questione di pochissimo: anche perché se non si decide adesso, come si potrebbe votare a maggio? Beppe Sala incrocia le dita. Per chi sta avanti le corse lunghe sono sempre pericolose: anche quando si hanno un paio di giri di vantaggio.

 

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