Berthe Morisot, “La culla”, 1872 (Parigi, Musée d’Orasay)

Cara madre ti scrivo

Annalena Benini
Lettere a una sconosciuta sulla voglia e la paura di fare un figlio in Italia. Quelle che non ci pensano, quelle che si fanno un pianto, quelle che hanno cambiato idea

Per raccontare che cosa sta al centro della vita adulta, del nostro sgomento e della nostra felicità, ho cercato di raccogliere in qualche pagina, due sabati fa, la paura e la voglia di fare figli in Italia, il desiderio ingovernabile e l’incertezza, il passo indietro e la rabbia, ma anche la bellezza di lasciarsi andare a una vita nuova e sovversiva. Affidarsi al futuro oppure vivere il presente, non pensarci mai oppure sentire un’ossessione che cresce. Quelle pagine hanno camminato un po’ da sole, un po’ accompagnate da chi fra noi ha pensato qualche volta, oppure mai: lo voglio?, con risposte sempre diverse, con rammarico o esaltazione, o anche con gioiosa semplicità, come se fosse un destino. Ho ricevuto molte lettere, di madri e di non madri: raccontano la loro vita in modo totalmente fiducioso perché lì dentro hanno forse trovato pezzetti di sé, oppure per contrarietà, così dopo due settimane ho pensato che per continuare il racconto bisogna pubblicarle. Ho chiesto il permesso a ognuna di queste donne sconosciute (e a qualche uomo), e una soltanto, finora, mi ha risposto che faceva troppo male vedere pubblicata una cosa così segreta, scritta a qualcuno che era però come scrivere a se stessa o ascoltare una canzone. Mi ha lasciato la possibilià di usare quella lettera come ispirazione, “e magari riportane qualche frase, se ti è piaciuta”, e allora dall’ispirazione di Maria Carla, di cui mi è piaciuta ogni frase, ho cominciato a tenere insieme le storie di chi si chiede, sempre: e chi sono io adesso? E a volte ancora risponde: una madre, un padre, perché è successo, perché lo vorrei tanto, o anche: no, perché è un pensiero vertiginoso e mi gira la testa. Oppure: sì, adesso.

 

Ciao, sono Maria Carla e non ci conosciamo e forse non avrei mai letto niente di tuo, se un’amica non mi avesse fotocopiato il tuo articolo sul perchè rinunciamo a fare figli. Ho trentotto anni, un lavoro che a volte amo e un amore grande da molti anni, lui mi ha sempre detto “un figlio con te lo voglio, ma non adesso” ma quando, qualche sera fa dopo una cena con i nostri amici, gli ho detto: facciamolo adesso, ha deglutito forte e detto di sì. Poi, dopo una settimana in cui io svolazzavo su una nuvoletta rosa con un sorriso ebete, mi ha detto: non lo so. Forse non me la sento. E a me si è spezzato il cuore. Mi ha chiesto qualche settimana per pensarci, rifletterci bene, decidere per davvero. Io per ora amo più lui che questo ipotetico figlio che è ancora solo un’idea, ma temo di svegliarmi una mattina e odiarlo per quello a cui ho dovuto rinunciare per amor suo. Forse stasera gli lascerò sul tavolo queste fotocopie prima di andare a dormire. In ogni caso, grazie, perché anche un pianto ogni tanto serve.

 

Un pianto ogni tanto serve, rivela il desiderio che si è fatto largo, è salito da  un posto nascosto e non si può fermare. Maria Carla ha pianto da sola con dei fogli in mano. Se una sola volta è successo, la certezza è che succederà ancora, e ogni volta più forte, e le vacanze le feste l’amore la carriera gli asili nido che non esistono, la paura degli attentati e degli orsi e della noia e delle domeniche tristi con i passeggini che non entrano in ascensore non basteranno a scacciare quella fame di vita e di mare aperto. Ma a uno dei due può non succedere mai. Ne ha colpa? Una sera di dicembre a Sara, che era molto felice, è successo che non sentendo, non desiderando niente, ha perso tutto, e tutti le hanno detto (anche il gatto): sei pazza, sei egoista, stai sbagliando tutto.

 

Ho riletto il tuo articolo, per l’ennesima volta e, per l’ennesima volta, mi si è gelato il sangue e il cuore si è fermato. Proprio come è successo quella domenica sera di dicembre in cui, all’improvviso, nove anni di matrimonio gonfi d’amore sono andati in frantumi. Mi sono ritrovata sola in casa e a letto. Lui vuole un figlio (giustamente, come dicono tutti) e io no (e quindi sono la strega cattiva o, come dice mia madre, quella che non sarà mai donna, ma continuerà ad essere un’adolescente senza sesso). Perché? mi chiedono tutti, perché non vuoi un figlio con l’uomo che ami e che ti ama da morire? Quante volte ho chiuso gli occhi in questo ultimo mese e mezzo, quante volte ho cercato di respirare, quante volte ho pianto durante le sedute di terapia e dopo. Fabio mi chiede perché piango e mi dice che lui sì, ha pianto all’inizio, ma ora non piange più. Eppure io non ce la faccio. Non ho mai avuto un particolare spirito di maternità, lo sanno tutti, lo sapeva lui. Ma non era incompatibile con l’amare mio marito alla follia, ogni giorno, sempre di più. Poi nel 2011, io avevo trentacinque anni, decidiamo che è ora di pensare a un figlio (tanto, dicono tutti, ci vogliono degli anni prima che arrivi). Invece resto incinta subito e me ne accorgo dopo due mesi e mezzo quando mi dicono che la gravidanza non sta andando bene e, infatti, si conclude con un aborto spontaneo. Negli anni seguenti è sempre Fabio che parla di avere un figlio, io tergiverso (il lavoro, le responsabilità, le colleghe che una dietro l’altra fanno figli) e Fabio mi chiede: ma a noi non toccherà mai? Io continuo a vivere la mia bellissima vita con lui, a condividere ogni momento, evitando l’argomento, sentendomi, però, terribilmente in colpa. Perché lui non capisce, anche se sente quanto lo amo, perché io non voglia avere un piccolo Fabio o una piccola Sara. Forse è la paura di perdere quanto di più bello io abbia mai vissuto. Ho lottato tanto per questo nostro amore così profondo, l’ho alimentato ogni giorno, proprio come ha fatto lui. Ma a dicembre è finita: “Che cosa abbiamo costruito in nove anni? Siamo io, te e una gatta. La nostra vita non è più quella che voglio. Non mi interessano più gli amici, le cene, le feste, i weekend, le vacanze. Io voglio un figlio”. Mi sono sentita inadeguata. Come moglie, come donna. E ho pensato a quanto sono egoista, come mi dicono tutti, e a quanto sono stupida ad aver pensato che potesse bastare l’amore tra due persone. Egoista perché privo mio marito del dono più grande che potremmo farci, egoista a pensare che a me la nostra vita andava perfetta così. Egoista ad essere ancora qui, dopo un mese e mezzo, a non aver cambiato idea come si sarebbe aspettati tutti. Ma non vedo come non possano essere compatibili un amore grande senza figli. E soprattutto lo sento, come se non mi servisse un figlio per amarlo di più. Così me ne sto qui, da sola, a quarant’anni, con la gatta che, da quando Fabio se n’è andato è depressa.  Neppure io riesco a dare una risposta alla mia decisione, ma vedo passarmi davanti gli anni più belli che abbia mai vissuto. E cammino per strada e vedo le mamme che spingono i passeggini… le guardo, penso a Fabio, penso al nostro amore, alla nostra vita e non so se lui capirà mai quello che sto provando. Ciao, Sara

 

I desideri non si incontrano e sembra impossibile che le cose della terra stiano al posto giusto sotto il cielo, e che la vita oscillante trovi un equilibrio tra ciò che dobbiamo e ciò che siamo, ma sembra anche impossibile riuscire a distogliere lo sguardo dalla propria vita e dall’inquietudine, e lasciare che accada altra vita, se proprio vuole accadere. Alle donne si chiede un sì radicale: vai  avanti oltre quello che conosci, vai avanti come è andata avanti tua madre, vai avanti e smettila di lamentarti. Agli uomini si perdona invece il non sono pronto, non ancora, aspetta un po’, vorrai mica fregarmi, come faccio a essere sicuro che è mio, e anche il passaggio velocissimo dall’adolescenza al troppo tardi. Certi uomini, invece, cambiano idea all’improvviso, e leggono persino, dopo, articoli sulla maternità, e scrivono lettere a una sconosciuta.

 

Annalena cara, ho letto la tua pagina e ora cerco di spiegarti com’è che è nata mia figlia Aurora. Ho passato metà della mia vita a dire: figli? Assolutamente no. Poi a un certo punto la risposta è diventata: assolutamente sì. Come è stato possibile? Prima ancora di incontrare Lei, la donna perfetta, ero lì nella mia grotta, libero, autarchico e respingente, pieno di orgoglio e anche un po’ incazzoso; ma poi una voce mi ha detto: che te ne fai della libertà se non riesci a sperimentare la vita? E vita è stata. Volevo un maschio, ed è nata lei che è meravigliosa, non volevo entrare in sala parto e ci sono entrato e ho pianto, e l’altra sera sono scappato dal pub con gli amici per tornare a casa a farle il bagnetto. E dico a tutti: mia figlia Aurora. E non vedo l’ora che lei dica: papà. Ciao, Pietro

 

Allora il momento perfetto esiste, anzi esiste un momento che diventa perfetto soltanto perché si è scombinato tutto, si sono lasciati cadere tutti i pensieri sensati e ordinati per abbandonarsi al futuro, a qualcosa di misterioso e imprevedibile e smanioso che potrebbe non arrivare mai oppure avere gli occhi azzurri, ma nessuno nella nostra famiglia ha gli occhi azzurri, e allora si ride un po’ imbarazzati, fino a che qualcuno tira fuori la storia della zia Adelina, nubile, che aveva dei bellissimi occhi azzurri, era famosa per quegli occhi e non ha voluto sposare nessuno perché nessuno aveva gli occhi belli come i suoi. Adesso, eccoli.

 

Cara Annalena, la sera in cui ho letto il tuo articolo avevo appena pregato che mi venissero le mestruazioni. Ti prego, non adesso. Il terzo figlio lo sogno da sempre, fin dal primo, anzi prima del primo. Con tutte quelle velleità di stanze colorate e nomi stampati sugli zaini e ovunque. La  perfezione associata alla famiglia dei tre. Più il cane naturalmente. Ma quest’idea insana e crescente di perfezione, alla fine paralizzante, viene poi normalizzata dalla vita che è totalmente imperfetta. Si cresce insieme, si sbaglia e si cerca di raddrizzare il colpo. Quindi addio madre e figli perfetti. I figli saranno fratelli diversi, diversissimi, le case non saranno mai abbastanza grandi e soprattutto sempre in affitto. Però questa vita incasinata e faticosa sarà magnifica e irripetibile. E ogni giorno ti sentirai più forte. Avessi avuto a vent’anni la forza e la sbadataggine che ho adesso a quaranta. Così inizi a guardare le persone che sono con te e le cose che hai fatto e capisci che devi ringraziare. Ringrazi di avere capito che sei stata fortunata, che hai attraversato con incoscienza i traslochi, le ferite, le scelte incompiute, e che da sola sei guarita. Guarita da qualcosa che ti impediva di fare perché non eri mai abbastanza. Ecco, questo modo nuovo di pensare è stata un’educazione naturale provocata e sostenuta dal miei figli. Quindi chissenefrega se il terzo arriverà e non potremo più comprare le scarpe nuove o se saremo solo in quattro. Però noi quattro. Grazie. Emma

 

E se invece non avessi mia figlia? Che cosa ci farei con tutta quella sconfinata libertà? Quali mondi conquisterei, quanta energia, piacere, identità?

 

Cara Annalena, io se non avessi mia figlia sarei in Africa, a vivere tra gli animali. Tra i gorilla credo. Lo dico spesso. Certe volte lo dico anche a lei (soprattutto quando le passo il pettinino per i pidocchi). Ho letto quella cosa che hai scritto sulle madri, “prima eravamo pronte a gettarci fra i cannibali”. E’ ancora il mio sogno. Però poi penso anche che se in Africa ci andrò davvero, sarà solo perché nella mia vita c’è lei. Perché questa bambina nata un po’ per caso, come molte delle cose che ho fatto e che continuo a fare nella vita, con le sue promesse verso il futuro e una raffica di domande , mi ha permesso di sceglierla, rivelando chi sono realmente. Piu’ che una questione di leggerezza quindi i figli sono un esercizio di libertà. Se da un lato ce ne sentiamo privati (niente cinema ogni sera, l’influenza nei fine settimana, le  chat del coro) dall’altro, ogni giorno scegliamo, senza costrizioni né impedimenti, di continuare ad asciugare i capelli dopo il nuoto (in quell’inferno che sono gli spogliatoi delle piscine), a raccogliere vestiti e figurine dei Cucciolotti per tutta casa e a rispondere alle loro domande anche quando non sappiamo bene le risposte. E che cosa è questa se non libertà. Quindi chissenefrega del momento giusto e dei genitori perfetti,  del Welfare e di tutte queste cose che ogni giorno inventiamo pur di scappare e non scegliere. E’ in nome dell’amore di questi bambini (ma anche dei bambini che siamo stati) che dobbiamo continuare a costruire il nostro futuro di uomini e donne liberi.  E a proposito di futuro, cara Annalena, puoi sempre venire a vivere anche tu in Africa con me, quando diventi vecchia. Ciao, Laura

 

A nessuno importa del futuro del mondo, quando pensa a un bambino. All’inverno demografico, alla morte del paese, alla mancanza di vitalità. Il futuro, se c’è, è nostro, è mio, e poi alla fine sarà soltanto suo.

 

Cara Annalena, tu mi domandi: E adesso che puoi avere tutto, cosa c’è che non va? Niente, appunto. A me di fare un figlio proprio non va. E’ quasi tutto perfetto così. Sì - quasi. Ma quel quasi non prevede bambini, è soltanto un margine di miglioramento che si sposta sempre, perché la perfezione non è dell’uomo e c’è sempre uno stronzo sulla tua strada. Comunque, dicevo, è quasi tutto perfetto così: ho un lavoro, una casa, uno stipendio e dei risparmi. Ho delle miglia aeree da consumare e l’adrenalina che mi sale quando penso in quanti posti lontani posso essere trasferita dalla vita. Dormire dove voglio, mangiare cosa voglio, tradire quando voglio - egoismo? Eppure c’è un mare di gente lì fuori che vive così pur avendo figli, e di solito le mamme al parco non ne parlano bene. Io, invece, non ho nessuna responsabilità che non riguardi me stessa. Quando vado a lavorare, al mattino, non ho l’ansia che una maestra spacchi i piatti in testa a mio figlio, a un pezzo di me. Ho un compagno più vecchio, con due figli già problematici (per me, per lui, per loro) e non ci sto a vederlo fare il nonno di suo figlio per via di un’emergenza demografica - fossimo ricchi, poi, i padri anziani sono quasi sempre ricchi, o sbaglio? No, non lo voglio un figlio. E quando dico questa cosa c’è sempre una mamma  che risponde: eh ma è l'età, vedrai, prima o poi il desiderio ti viene (un prete una volta mi rispose che avrei dovuto considerare l'ipotesi di farmi suora, “se senti questo vuol dire che magari il Signore ha altri progetti per te”, vabbè). Ma adesso, seriamente, a trentacinque anni, perché mai dovrebbe venirmi questo desiderio? Perché la mia vita è vuota? Perché non ho un erede? A me i bambini piacciono, e ai bambini piaccio io: ho un paio di nipoti ai quali non faccio mancare nulla. Eppure fare la madre è tutt’altra storia, e l’hai scritto bene tu: significa cambiare. A me, di cambiare qualcosa che non sia la marca di dentifricio, proprio non va. Ciao, Silvia

 

Silvia vuole cambiare al massimo la marca del dentifricio, Alessandra è scocciata di non poter più fumare venti sigarette al giorno, là dove tirano le bombe e le sta crescendo un bambino dentro. Dicono: siamo libere, siamo egoiste, siamo quasi felici, e allora?

 

Cara Annalena, grazie ancora per l’articolo sulla maternità. Mi ritrovo, incinta di due mesi, a fare i conti ogni giorno con un’irrequietezza che gestisco malissimo. Figlia di egoismi vari. Mi innervosisce non bere il mio solitario bicchiere di vino delle sette, non fumare le mie venti sigarette quotidiane, mi innervosisce l’idea che non sarò più sola col mio uomo. Lavoro in zone di guerra. E non te lo dico nemmeno questo quanto mi innervosisca. Eppure, ho voluto almeno due figli da quando ero bambina. Eppure, mi sono licenziata da mesi da un posto sicuro e ben pagato proprio perché rischiavo di diventare una di quelle inviate in carriera che – per la carriera – dimenticano di essere donne. Perciò ecco qui, non ci conosciamo di persona ma te lo volevo dire. Che sì, la paura, gli egoismi, e anche la vita sessuale comoda di cui ognuna di noi ha esperienza. cioè aver avuto in passato uomini di altre, mariti di altre e soprattutto padri. Quei padri dalle figlie con nomi esotici e mogli preoccupate solo della Montessori, che diventano macchiette e comparse in una coppia che non esiste più. Ecco quando tu sei stata l'altra, e hai ascoltato telefonate come “Per Frida rifiuterei i giochi con connotazioni di genere” mentre il padre di Frida stava scegliendo giochini bondage da provare con te, insomma ti preoccupi un po’ del futuro della tua coppia. Però, senza sigarette e vino, senza gin tonic e panini al salame, fare la freelance in zone di guerra con un accrocchio dentro chiamato figlio è bellissimo. Ciao, Alessandra

 

E’ bellissimo, fa paura, non lo voglio ancora, stasera parto, vattene via, mi hai fatto perdere tempo, e se adesso non sono più capace? Non ti perdonerò mai. Sparisci. Amore mio torna qui ti amerò sempre. E dove’ finita, adesso, tutta quella paura? Non ho mai avuto paura.

 

Cara Annalena, ho letto il tuo articolo sulle madri e volevo dirti che come spesso accade nei tuoi articoli hai centrato in pieno cos’è la paura dei figli. Io da ragazzina ne volevo cinque o sei e altrettanti cani poi sono diventata grande e la laurea, il tirocinio, trova un lavoro adesso, è presto aspetto ancora. poi l'uomo sbagliato che ti fa perdere un sacco di tempo e alla fine se ne va e tu sei sollevata e disperata allo stesso tempo. Perché tu lo vuoi e il tempo passa e alla fine arriva quello giusto che ti dice: sì facciamolo subito, e allora ti prende il panico. Dici ma no, prima devo fare dei viaggi, andare alle feste, fare carriera, fidarmi di te, ma poi quando finalmente ti decidi e il figlio non arriva ti prende un altro panico e cioè che non arrivi più. Ecco che cretina che sei, hai aspettato troppo e anche la dottoressa te lo dice con quella faccia da stronza, “I figli bisogna farli giovani”, eh sì ma ci vuole anche la persona giusta le rispondi, e la faccia della dottoressa all’improvviso diventa buona. Poi l'amica che ti vuole bene ti dice: noi oggi siamo abituati ad avere tutto e subito ma i figli non sono così la natura ha i suoi tempi. Ed è proprio così: alla fine la natura quando decide ti regala un esserino meraviglioso che esce dalla tua pancia e piange disperato ma appena sente la tua voce smette all’istante e tu potresti sollevare il mondo. La paura che avevi prima diventa amore grande che ti fa cambiare tutte le prospettive ed è tutto così giusto, così meraviglioso, sono così fortunata che mi viene da piangere. Ciao, Anna

 

L’avevo anche giurato: mai come mia madre.

 

Cara Annalena, ho letto la paura di avere figli e devo dirti che io non ho mai avuto paura dei figli, avevo solo paura di diventare come mia madre. In cucina che nessuno la guardava. A tavola che nessuno le parlava, e io e i miei fratelli le passavamo accanto con occhi di marmo e non le perdonavamo niente, nemmeno di avere smesso di lavorare per stare con noi. Lei ci parlava e noi sogghignavamo. Lei piangeva e io non la consolavo, pensavo che se nostro padre era andato via e aveva fatto un altro figlio più bello di noi, aveva ragione lui. Se ci penso adesso mi si stringe il cuore, la vedo con quella gonna scozzese che forse non si è nemmeno provata mentre la comperava. La vedo che mi cuce gli orli, di sera, che aggiusta il lavandino. Io dicevo: mai. Non li farò i figli, non voglio che mi guardino così. Ne ho fatto uno soltanto, tardi, e lei non ha fatto in tempo a vederlo. Ne ho fatto uno soltanto e ho aggiustato il lavandino da sola, mentre mio figlio mi guardava e mi chiedeva: dov’è papà? Non lo sapevo dov’era andato suo padre, speravo all’inferno, ma questo non gliel’ho mai detto. Adesso è un adolescente e gli occhi spesso gli diventano di marmo. Ma io sono felice di essere sua madre, adesso sono felice perfino di essere identica a mia madre. Grazie, Nadia

 

Però calma, sono un uomo.

 

[**Video_box_2**]“Mio Dio, mio padre alla mia età era già alle prese con due bimbi di 3 e 6 anni e invece io?”. Teniamo aggiornato il confronto con la generazione precedente e ci chiediamo in segreto: sto facendo tutto bene? In teoria gli uomini ridono in faccia all’orologio biologico, nella pratica un orologio biologico ci vorrebbe, con due spalle così, che ci metta in riga e che alla fine ci salvi la faccia. Perché non rinunciamo alla posa spavalda, però poi le domande le sentiamo dentro comunque (a questo punto di solito qualcuno nega, voi lasciatelo fare). Quando guardi i candidati alle elezioni presidenziali americane e vedi che hanno tutti tre figli come minimo e ti chiedi “Ma quando li hanno fatti? E io cosa stavo facendo di molto più importante?”. Quando ti svegli alle nove di sabato mattina e pensi: “Ma se io avessi dei figli, ora riuscirei a preparare la colazione e a portarli fuori? Cioè, non adesso adesso, un’ora fa”. Quando ti scappa di fare la proiezione nel futuro: “Se mi nasce un figlio ora, quando lui avrà vent'anni io ne avrò… “. Per non parlare del fattore nonni. Vogliamo dargli dei nonni giovani oppure no? Mio Dio, bisognava pensarci a vent’anni. Ne ho quasi quaranta. Poi pensi: calma, sono un uomo. Però grazie, Lorenzo

 

Per scrivere ad Annalena: [email protected]

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.