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Editoriali

A Garlasco il Dna di una cattiva giustizia

Redazione

Il nuovo capitolo del caso dice soprattutto una cosa: i problemi di un sistema giudiziario che mostra crepe evidenti e una gestione non esente da pecche. Le responsabilità incrociate di media e tribunali

Un incidente probatorio che riguarda un nuovo imputato per un delitto (per la Giustizia risolto in Cassazione) avvenuto 19 anni fa e a cui presenzia in aula, in qualità di uditore interessante, il condannato in via definita per lo stesso delitto e che si svolge con il contorno di corrida e tripudio di stampa, talk e social come nella peggiore ordalia immaginabile dice soprattutto una cosa: i problemi di un sistema giudiziario che mostra crepe evidenti e una gestione non esente da pecche. Le “analisi scientifiche” e che secondo l’accusa porterebbero a una “riconducibilità” ad Andrea Sempio del Dna trovato sotto le unghie di Chiara Poggi sono agitate dall’accusa come fatti di sostanza, dalla difesa come inconsistenti. C’è poi il dubbio che sorge poiché in questi nuovi scampoli d’indagine sembrano esservi tracce del condannato Alberto Stasi, fatto che sembra confermare la prima sentenza che aveva mandato assolto Stasi, fondata sull’assenza di prove sufficienti. In Italia, però, a differenza di quel che accade in altri paesi, si possono appellare e poi capovolgere le sentenze di assoluzione. Stasi è stato condannato sulle stesse prove in cui era assente la pistola fumante, sostituita da un quadro accusatorio-probatorio giudicato sufficiente, accolto con favore da un’opinione pubblica che voleva soprattutto un colpevole. La facilità con cui l’accusa può ricorrere all’appello contro sentenze di assoluzione è un elemento su cui bisognerebbe riflettere, e magari riformare. Non si vuole qui ovviamente sostenere che Stasi sia innocente, né che sia colpevole Sempio. Si vuole però ribadire che una sentenza va decisa “oltre ogni ragionevole dubbio”, e nel giusto processo non può essere concessa all’accusa un’arma in più come il ricorso contro l’assoluzione. Mentre invece la via per la revisione di un processo rimane difficilissima. La canea mediatica che da anni si agita attorno al delitto di Garlasco è indecorosa. Ma la gestione non sempre equilibrata né “in dubio pro reo” della giustizia a questo pasticcio ha contribuito non poco.

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