Lamberto Dini (foto LaPresse)
l'intervista
“Al referendum voto Sì. L'Anm andrebbe sciolta”. Parla Lamberto Dini
L'ex premier: "La separazione delle carriere mira a garantire piena terzietà al giudice. L'Anm? Non è possibile che i magistrati, che sono pubblici funzionari, abbiano un sindacato che agisce come soggetto politico"
“Al referendum voterò Sì. Approvo la riforma della giustizia”. La posizione di Lamberto Dini è netta. Intervistato dal Foglio, l’ex presidente del Consiglio, già ministro del Tesoro e direttore generale della Banca d’Italia, giudica positivamente la riforma costituzionale targata Nordio, a partire dalla separazione delle carriere, che “mira a garantire la piena terzietà del giudice rispetto al pubblico ministero, senza ridurre l’autonomia e l’indipendenza della magistratura”. “Mi risulta che la separazione delle carriere esista nella gran parte dei paesi democratici, e senza che i pm siano sotto il controllo del governo, come ora sostengono gli oppositori della riforma”, nota Dini. L’ex premier approva anche l’introduzione del sorteggio per l’elezione del Consiglio superiore della magistratura: “Oggi l’Anm con le sue correnti governa indirettamente il Csm, e questo costituisce un fattore negativo sul piano istituzionale”. Dini si spinge oltre: “Penso che l’attivismo politico della magistratura associata sia deleterio. L’Anm andrebbe sciolta perché non è possibile che i magistrati, che sono pubblici funzionari, abbiano un sindacato che agisce come soggetto politico. Un sindacato dovrebbe occuparsi degli stipendi della categoria, non di altro. Invece l’Anm ha addirittura istituito un comitato per il No al referendum costituzionale. La funzione dei magistrati è di applicare le leggi approvate dal Parlamento, non di contrastarle”.
“Già nel 1995, quando ebbi l’onore di essere presidente del Consiglio, avanzi al presidente della Repubblica Scalfaro una proposta di riforma della giustizia che riguardasse il Consiglio superiore della magistratura e che prevedesse anche la separazione delle carriere”, ricorda Dini. “Il presidente mi disse che il mio era un governo di programma, per il quale non era prevista una lunga durata, e pertanto non c’erano le condizioni per affrontare questi temi. Aggiunse che ciò che si poteva affrontare era la separazione delle funzioni, cosa che poi nel corso dei decenni successivi è stata effettivamente realizzata, in ultimo con la recente riforma Cartabia”.
Insomma, “già trent’anni fa ero favorevole alla separazione delle carriere per dare piena attuazione al principio di terzietà del giudice”, ribadisce Dini, che dice di “condividere pienamente le considerazioni di grande competenza giuridica espresse dall’ex presidente della Corte costituzione Augusto Barbera in un intervento pubblicato sul Foglio, e di Luigi Mazzella, già vicepresidente sempre della Corte costituzionale. Inoltre mi pare significativo – aggiunge – che anche diversi magistrati si siano espressi a favore della riforma, ed è interessante che a prendere posizione siano diversi pm, che secondo gli oppositori dovrebbero avere il timore di finire sotto l’esecutivo”.
Oggi Forza Italia celebra la “Giornata della giustizia negata”, fissata in una data simbolica: la sera del 21 novembre 1994, infatti, la procura di Milano recapitò all’allora premier Silvio Berlusconi il famoso invito a comparire per corruzione (reato per il quale poi sarà assolto). Il giorno dopo la notizia venne pubblicata in prima pagina sul Corriere della Sera, in violazione del segreto istruttorio, mentre Berlusconi presiedeva un summit mondiale a Napoli sulla criminalità organizzata. Il fondatore di FI si difese in una conferenza stampa con a fianco Dini, all’epoca ministro del Tesoro. “Fu l’inizio di un ‘martellamento’ giudiziario nei confronti di Berlusconi”, dice oggi Dini. “I magistrati si misero alla ricerca di evidenze di condotte illecite di Berlusconi, tanto da sottoporlo ad addirittura quaranta procedimenti penali. Mi pare che oggi sia sentimento comune che quell’attenzione della magistratura nei confronti di Berlusconi fosse politicamente motivata”.
“C’è una parte della magistratura politicizzata che cerca di interferire con il governo cercando di colpire le persone che sono più emergenti. E’ accaduto a Berlusconi, è accaduto a Renzi, a cui hanno indagato genitori e famigliari”, prosegue Dini. Meloni deve avere paura? “La premier ha dichiarato a più riprese che non è ricattabile. Finora non è successo niente nei riguardi suoi e dei suoi famigliari. Se mai dovessero emergere inchieste mi auguro che siano fondate su reali ipotesi di reato e non su supposizioni, che poi finiscono per lasciare le persone sulla graticola, fino a quando poi non c’è più ragione politica e si dice che il fatto non sussiste”.