Claudio Petruccioli (foto Ansa)

l'intervista

"La separazione delle carriere è una riforma di sinistra. Al referendum voterò sì". Parla Petruccioli

Ermes Antonucci

L'ex dirigente del Pci e del Pds ricorda l'impegno del socialista Vassalli, le proposte del Pds alla Bicamerale D'Alema: "La separazione tra pm e giudici è la conseguenza inevitabile della riforma del processo in senso accusatorio". Le amnesie del Pd e di Schlein

“Al referendum sulla giustizia voterò sì”. Non ha dubbi Claudio Petruccioli, volto storico della sinistra italiana, dirigente del Pci e del Pds, due volte deputato e tre volte senatore, direttore dell’Unità, presidente della Rai. “Già nel 1987 –  dice al Foglio –  quando venne approvata la riforma del processo in senso accusatorio, mi convinsi  che quella riforma dovesse comportare la separazione delle carriere tra pm e giudici”. E ricorda: la commissione attuativa? “Venne presieduta dal socialista Vassalli”. La Bicamerale D’Alema? “Io, con altri senatori del Pds, firmai l’emendamento per la separazione delle carriere”. Insomma, la riforma che oggi sarà approvata in via definitiva dal centrodestra è sempre stata voluta dalla sinistra. 

 

“Da 38 anni la mia idea è sempre la stessa: se si adotta un codice di procedura penale di tipo accusatorio, allora ne deve conseguire la separazione delle carriere tra magistratura giudicante e quella requirente”, ribadisce Petruccioli. “Questa è l’opinione che tanti altri hanno espresso, incluse persone che conoscono direttamente il funzionamento del sistema giudiziario, come Giovanni Falcone. Da ultimo ho visto che anche Antonio Di Pietro ha mostrato questa convinzione”, aggiunge l’ex dirigente del Pci/Pds. 

 

“Giuliano Vassalli fu tra i primi a evidenziare la necessità di procedere con la separazione”, sottolinea Petruccioli. E di certo l’esponente del Partito socialista, medaglia d’argento per la sua attività di partigiano durante la Resistenza, non può essere considerato una personalità di “destra”. 

 

Seguì poi la Bicamerale D’Alema nel 1997-1998. Ricorda Petruccioli che “agli atti della commissione, poi naufragata per ragioni politiche, ci sono gli emendamenti firmati da diversi parlamentari, tra cui il sottoscritto, i senatori Enrico Morando e Giovanni Pellegrino (entrambi del Pds, ndr), che prevedevano la separazione delle carriere e la divisione in due sezioni del Consiglio superiore della magistratura. Erano conseguenze che consideravamo tecnicamente e giuridicamente inevitabili rispetto al sistema processuale che era stato adottato”.

 

Nel 1999 ci fu poi la riforma dell’articolo 111 della Costituzione, con l’introduzione del principio del giusto processo, che, racconta anche Petruccioli, “rappresentò un passo in avanti nella stessa direzione, secondo la logica che informava il nuovo codice di procedura penale”.

 

Ma perché oggi il Pd ha dimenticato tutto il lavoro svolto da molti suoi storici precursori, finendo per schierarsi contro la riforma Nordio che prevede la separazione delle carriere? “Questo sarebbe da chiedere al Pd. Non faccio parte del Pd e non ho rapporti con Schlein. Sono una persona che tendenzialmente vota Pd ma sempre più frequentemente trovo difficoltà a motivare in maniera convincente questa preferenza”, replica Petruccioli, che però ha una convinzione: “Il Pd vuole usare il referendum  per far cadere Meloni. Vuole ottenere un risultato che con la separazione delle carriere non c’entra un accidente”. 

 

Per Petruccioli “c’è un dato che sembra quasi ideato da un perfido regista. Nel 2006 ci fu il primo referendum su una riforma costituzionale. Berlusconi lo perse, ma all’epoca  aveva già perso le elezioni politiche, quindi  l’esito del referendum non ha avuto particolari conseguenze. Il referendum di Renzi del 2016 invece ha avuto pesanti conseguenze politiche, perché è diventato un referendum su Renzi. Ora parliamo del referendum del 2026. Sembra quasi destino che ogni dieci anni si debba riproporre questa cerimonia del referendum, che però si accompagna a obiettivi che sono di carattere politico”. 

 

Petruccioli voterà “sì” alle urne, “anche se su alcuni aspetti della riforma, come il sorteggio per il Csm, si sarebbero potute elaborare soluzioni migliori. La maggioranza, e quindi anche Meloni, ha la colpa di aver chiuso le porte al confronto con le opposizioni. Un errore che potrà avere anche conseguenze negative sul referendum”.
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]