Giusi Bartolozzi (LaPresse)

Il retroscena

Bartolozzi spadroneggia al ministero della Giustizia. E vieta il parcheggio a Sisto e Ostellari

Ermes Antonucci

La capo di gabinetto di Nordio aveva vietato il parcheggio nientedimeno che al viceministro Sisto e al sottosegretario Ostellari. La "zarina" ha poi revocato il provvedimento dopo che un uomo ha incendiato un'auto nei paraggi del ministero. Intanto lei ottiene anche il "mini-ministero"

C’è un retroscena, inedito e tragicomico, che più di ogni altra cosa dà l’idea delle manie di grandezza di Giusi Bartolozzi, capo di gabinetto del ministro della Giustizia Nordio. Non riguarda l’elenco chilometrico di dirigenti del ministero che, sfiancati dalle sue costanti ingerenze, hanno deciso di lasciare Via Arenula. E non riguarda neanche la struttura paraministeriale che il governo ha ora deciso di regalarle. Riguarda, invece, il parcheggio del ministero della Giustizia. Persino su quello è intervenuta la “zarina” di Via Arenula, vietando nientedimeno che al viceministro Sisto e al sottosegretario Ostellari di accedervi con le loro auto di servizio. Poi un giorno un uomo ha dato fuoco a un’auto proprio nei paraggi del ministero e Bartolozzi ha dovuto revocare il divieto. Una trama da film di Alberto Sordi. 

 

Tutto è avvenuto nelle ultime settimane. L’unico a salvarsi dal divieto di sosta nel parcheggio imposto da Bartolozzi era stato l’altro sottosegretario, Andrea Delmastro Delle Vedove, formalmente perché gode di un regime di protezione che implica la presenza di più auto e di una scorta, sostanzialmente – riferiscono fonti autorevoli del ministero – anche in virtù dell’amicizia che scorre tra la capo di gabinetto e il sottosegretario di FdI. Insomma, la “zarina” voleva il parcheggio tutto per sé e per i suoi collaboratori, o quasi. Così aveva disposto di vietare l’accesso a diversi alti funzionari, tra cui addirittura il viceministro Francesco Paolo Sisto e il sottosegretario Andrea Ostellari. E’ stato necessario che, poco tempo dopo, uno squilibrato desse fuoco a una macchina proprio nelle vicinanze del ministero per spingere Bartolozzi a tornare sui propri passi e a far revocare il divieto, nel timore che i rappresentanti del ministero potessero correre rischi simili. 

 

Da tempo, ormai, il ministero della Giustizia è nelle mani di Giusi. Fin dal suo insediamento, tra una sfuriata e l’altra, la zarina ha accentrato nelle sue mani tutte le decisioni più importanti che competono al ministero, scavalcando in maniera sistematica i vari capi dipartimento e gli uffici di diretta collaborazione del ministro Nordio. Come risultato di queste ingerenze, hanno deciso di lasciare il loro incarico a Via Arenula: l’originario capo di gabinetto di Nordio (Alberto Rizzo), la direttrice dell’ispettorato generale (Maria Rosaria Covelli), il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Giovanni Russo), il capo del Dipartimento affari di giustizia (Luigi Birritteri), il capo del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria (Gaetano Campo), il direttore generale dei sistemi informativi automatizzati (Vincenzo De Lisi), la capo ufficio stampa (Raffaella Calandra). Una fuga senza fine: altri alti dirigenti vorrebbero lasciare ma sarebbero stati convinti a rimanere, direttamente con preghiera di Palazzo Chigi, per evitare ulteriori scossoni a un ministero al centro di mille tensioni (in primis quelle legate al caso Almasri). 

 

Proprio per il caso Almasri ora Giusi Bartolozzi è indagata dalla procura di Roma con l’accusa di false informazioni rese al Tribunale dei ministri e per difenderla la maggioranza vuole che la Camera sollevi un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale. Ieri i capigruppo dei partiti di centrodestra hanno esplicitato la richiesta  in una lettera trasmessa al presidente della Camera, Lorenzo Fontana. 

 

Chi si aspettava che la vicenda potesse scoraggiare la zarina si è dovuto ricredere. Proprio su proposta di Bartolozzi, il governo ha adottato uno schema di decreto di riorganizzazione del ministero della Giustizia che introduce ben venti unità in più (da 201 a 221) negli uffici di diretta collaborazione con il gabinetto del ministro e la figura del capo della segreteria del capo di gabinetto, al quale viene riconosciuto un trattamento economico pari ai capi segreteria dei ministri. Le venti risorse vengono sottratte all’ispettorato generale del ministero, come se questo avesse dimostrato particolare efficienza negli ultimi anni (ormai le procedure di “ispezione” sembrano essersi ridotte a una mera richiesta agli uffici giudiziari di autorelazioni, ovviamente sempre positive, sull’operato dei magistrati finiti al centro di episodi discutibili).

 

Insomma, per festeggiare i tre anni di governo Nordio ha deciso di regalare a Giusi una sorta di mini-ministero, collocato dentro il gabinetto del ministero. L’ennesima tappa paradossale dell’èra Bartolozzi. Sempre più zarina di Via Arenula.
 
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]