Da “Bravi ragazzi” a “El loco”: i titoli delle indagini che violano la presunzione di innocenza (e la legge)

Ermes Antonucci

Secondo una norma approvata nel 2021 alle inchieste giudiziarie non possono essere assegnate denominazioni lesive della presunzione di innocenza. Ma Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia e procure continuano a farlo. Antologia

Nel 2021 l’Italia ha recepito la direttiva europea sulla presunzione di innocenza, approvando un decreto legislativo (il n. 188) che, tra le tante cose, stabilisce che nei comunicati ufficiali e nelle conferenze stampa non devono essere “assegnati ai procedimenti pendenti denominazioni lesive della presunzione di innocenza”. Un modo, nell’intenzione dell’allora ministra Marta Cartabia, per fermare la prassi che vede pm e polizia giudiziaria affibbiare alle inchieste nomi allusivi e dal tono inquisitorio (da “Mondo di Mezzo” a “Terminator 3”). Nonostante la norma sia entrata in vigore da quasi quattro anni, però, le forze dell’ordine e i magistrati continuano imperterriti ad assegnare alle indagini titoli dal taglio mediatico, cinematografico o mitologico, spesso palesemente lesivi della presunzione di innocenza delle persone coinvolte. 

 

A mostrare più fantasia sono senza dubbio i Carabinieri. Sono degni dei migliori sceneggiatori i nomi assegnati dai Carabinieri ad alcune inchieste incentrate sul contrasto al traffico di droga, come “The Parcel Game”, “Operazione Trinità”, “Tom & Jerry”, “Samba”, “Operazione Cuore di ghiaccio”, “Boss rent”, “Operazione Molosso”, “Fumo del Vesuvio”, “Messa a fuoco”. Un’altra passione dei Carabinieri riguarda la mitologia, con le operazioni “Athena”, “Aristeo”, “Flegetonte”, “Cerbero”, “Demetra”. In altri casi, invece, i Carabinieri non vanno giù per il sottile, come con l’“Operazione Al Qaeda e Stato islamico”, incentrata proprio sul contrasto al terrorismo internazionale.

 

I comunicati hanno tutti la stessa struttura: una lunga  parte in cui alle persone arrestate o indagate viene addebitata una serie di reati, con ricostruzione del contesto in cui sono stati commessi, e poi una parte conclusiva, molto breve, in cui si sottolinea che “il procedimento si trova nella fase delle indagini preliminari” e che quindi la colpevolezza dei soggetti coinvolti “dovrà essere accertata in sede di processo nel contraddittorio tra le parti”. E’ questo il risultato della riforma del 2021. Una postilla grottesca al termine di un comunicato che non lascia spazio a dubbi sulla colpevolezza delle persone. 

 

Non è da meno la Polizia di stato, con le sue operazioni “Piazza pulita” (contro lo spaccio), “Chinese shuttles”, “Turkish shuttles” ed “El Rais” (contro il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina), “Bravi ragazzi” (nei confronti di 24 giovani accusati di propaganda e istigazione dell’odio razziale, minaccia e vilipendio delle forze armate), “Fake Loan” (contrasto alle richieste di finanziamento illecite), “Easy Money”, “Save the baby”, “Viper 2”, “The Family”, “Back in time” (contro la pedopornografia). In molti casi, la postilla sulla colpevolezza degli indagati ancora tutta da verificare in sede giudiziaria non è neanche riportata. 

 

Anche la Guardia di Finanza tende ad attribuire alle sue operazioni nomi che lasciano poco spazi a dubbi sulla responsabilità delle persone coinvolte: “Free job”, contro il lavoro nero e irregolare; “Drug market”, contro lo spaccio di hashish; “Fake flag”, per un’inchiesta incentrata su controlli antievasione sulla nautica; “Ghost credits”, per un’indagine su un giro internazionale di fatture false. A volte i finanzieri usano maggiore fantasia, come con l’operazione “Mattone di carta”, contro un (presunto?) giro di fatture false, o “El loco”, contro l’approvvigionamento di marijuana dalla Spagna, fino ad affidarsi a Tolkien con l’“Operazione Ombromanto”, ispirato al cavallo di Gandalf del “Signore degli Anelli”. 

 

Insomma, chi pensa che le storie raccontate ieri su queste pagine (quella dell’ex sindaco di Priolo, Antonello Rizza, assolto dopo tredici anni in un processo denominato “Qualunquemente”, e quella di Marco Sorbara, eletto al Consiglio regionale della Valle d’Aosta dopo aver attraversato un calvario giudiziario fatto di 909 giorni di arresti nell’ambito di un’inchiesta chiamata “Geenna”) appartengano al passato deve ricredersi. La prassi del tritacarne mediatico-giudiziario continua come se nel 2021 non ci fosse stata alcuna riforma. A stupire, più di ogni altra cosa, è che i primi a violare le norme sono proprio le forze dell’ordine chiamate ogni giorno a contrastare l’illegalità. Che ne penserà Nordio? 
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]