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L'editoriale dell'elefantino

I giudici terzi di Milano hanno distrutto le accuse temerarie contro gente per bene. Avevamo ragione, ma non consola

Giuliano Ferrara

Un’inchiesta fragile e faziosa crolla sotto il peso della realtà: nessun accordo illecito, solo professionisti colpiti da una narrazione tossica. La deriva giudiziaria e mediatica travolge reputazioni senza basi, mentre il vero risanamento è lontano. Urge riforma

I giudici terzi distruggono l’accusa temeraria. Dopo che altri giudici hanno evitato il prolungamento della prigionia a gente per bene che ha lavorato per Milano. Rese note le motivazioni, apprendiamo di aver avuto ragione nella lettura smarrita e anche molto irritata delle ragioni dell’accusa contro la città dei grattacieli. Non esiste prova alcuna di un patto corruttivo. Non si possono allegare incarichi professionali e fatture e parcelle e partecipazioni a commissioni municipali sul paesaggio urbano alla spietata e degradante imputazione di una corruzione che non c’è. Non si possono fare ragionamenti fumosi, in nome della presunta autoevidenza ideologica, per mettere in mano al sistema dell’informazione disinformante la nube tossica di una specie di cupola corruttiva dominante. Sei un costruttore? Hai lucrato indebitamente, ovvio. Sei un professionista o un funzionario o un eletto del comune di Milano, sei ipso facto immerso in una attività criminale che il pm chiacchierino chiamerà di attentato alla democrazia urbanistica. Rispetti il regolamento nei contratti? Il rispetto è peloso, dovevi fare di più, allontanare la logica del sospetto preventivo, che è l’anticamera della verità. Ora non si deve esagerare. Che giudici riuniti in collegio giudicante demoliscano una istruttoria che considerano mal fatta e male argomentata può succedere, e se le cose hanno un senso, in questo caso doveva succedere. Il sistema come si dice ha funzionato.

Cercare di paralizzare una grande città europea, uno slancio di sviluppo, una cultura del fare e del progettare, e colpire duramente una intera classe dirigente, a partire dal sindaco eletto, non è cosa da poco, è parte della responsabilità civile mancata di una procura che si è evidentemente comportata con assoluta leggerezza e forse con un elemento di pregiudizio politico stimolato dalla solita stampa gialla, come si diceva una volta, dai professionisti dell’antigiustizia, dai profittatori della lotta al profitto, da tutte le persone in buona fede o meno in buona fede che hanno immediatamente fatto proprio il paradigma della città crudele sulla quale l’ingiustizia e la disuguaglianza e la sete di denaro hanno messo le mani, e giù con il vittimismo sociale a buon mercato contro il mercato. I casi di amministratori, politici, professionisti, imprenditori distrutti o invalidati dalla caccia al corrotto condotta con malagrazia e malizia non si contano. Viviamo nel mito delle mani pulite da quasi quattro decenni, e naturalmente sloggiare il malaffare dalla Pubblica amministrazione e dalla politica è un dovere per chi guida l’azione di giustizia. Ma non così.

Sopra tutto colpisce la mancanza di autocontrollo intellettuale e morale della stampa, dei borghesi ammuffiti e stanchi, dei public intellectuals che continuano da anni a blaterare (quelli che il Mose era solo una greppia, e non si sono nemmeno autocriticati dopo che ha bloccato l’acqua alta a Venezia), di tutti coloro che dovrebbero funzionare non come i social e i facitori di fake, non come i demagoghi da quattro soldi che sono sempre pronti a fare piazza pulita della dignità delle persone e del loro lavoro, ma come sorveglianti della significatività e della correttezza di accuse lancinanti, che devastano il corpo sociale. Ora pare che decidano di fare un nuovo stadio a Milano, chissà che cosa ci aspetta di qui alla fine dei lavori. Se non si mette mano alla riforma del processo penale e dello status della magistratura, se non si realizza una disciplina non assoggettata alle lotte tra correnti politicizzate, continueremo a raccontarne, di storiacce come questa che compromettono la giusta misura e pertinenza della battaglia contro la vera corruzione. E non sarà una consolazione aver visto giusto nel più completo isolamento.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.