Il colloquio

"Perché è improprio parlare di 'scudo penale' per i medici". Intervista al viceministro Sisto

Ermes Antonucci

Il viceministro della Giustizia: "La riforma non prevede un salvacondotto per qualsiasi cosa faccia il medico. Al contrario, incentiva chi esercita la professione sanitaria a seguire le linee guida e le buone pratiche scientifiche, migliorando così le prestazioni sanitarie"

“Il termine ‘scudo penale’ è del tutto improprio. Il disegno di legge non è un salvacondotto per qualsiasi cosa faccia il medico. Al contrario, incentiva chi esercita la professione sanitaria a seguire le linee guida e le buone pratiche scientifiche, migliorando di conseguenza il rapporto tra medico e paziente”. Così al Foglio il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto commenta il via libera da parte del Consiglio dei ministri al disegno di legge che riforma le professioni sanitarie. Il provvedimento, che ora dovrà essere approvato dal Parlamento, riforma la disciplina sulla responsabilità medica, stabilendo che chi esercita la professione sanitaria  è punibile per lesioni o omicidio colposo se si è attenuto a linee guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate al caso concreto, solo per  colpa grave. Una riforma auspicata da tempo dalle associazioni dei medici e fortemente voluta dal ministro della Salute Orazio Schillaci. Il via libera al ddl è stato reso possibile proprio dalla mediazione del viceministro Sisto.

 

“Si tratta di un necessario meccanismo di semplificazione della disciplina prevista dalla legge Gelli-Bianco, che nel tempo ha generato confusione a livello interpretativo”, spiega Sisto, che rifiuta la definizione di “scudo penale” per i medici: “Il testo obbliga il medico a seguire le linee guida e le buone pratiche scientifiche. Inoltre individua specifici parametri sulla base dei quale il giudice procederà ad accertare e valutare la colpa medica, come la scarsità di risorse umane e materiali, le carenze organizzative non evitabili o la complessità della patologia trattata (si pensi al Covid-19). Resta poi inalterata la possibilità di agire in sede civile. Le disposizioni consentono quindi da un lato di migliorare la qualità delle prestazioni del personale medico e, dall’altro, di evitare gli altissimi costi della medicina difensiva”. 

 

Il timore di finire coinvolti nella montagna di procedimenti penali per responsabilità professionale (sarebbero circa 300 mila i fascicoli accumulati nelle procure) spinge infatti spesso i medici a eludere o allontanare il momento della decisione, ad esempio prescrivendo esami costosi, spesso inutili e invasivi. Un fenomeno, quello della medicina difensiva, che costa mediamente 11 miliardi di euro all’anno. “Non è casuale che tutte le associazioni dei medici siano state d’accordo con la nostra impostazione”, sottolinea Sisto. “Il testo affianca alla giusta repressione gli strumenti della prevenzione, con lo scopo di diminuire il numero degli incidenti in ambito sanitario: se il medico si comporta attenendosi alle linee guida e alle buone pratiche automaticamente si diminuisce il rischio di errore e quindi si riducono i casi di malasanità”, aggiunge il viceministro, ricordando “l’importanza dei lavori della commissione D’Ippolito, i decisivi contributi delle associazioni professionali e la fondamentale collaborazione fra i ministeri della Salute e della Giustizia, in primis fra i ministri Schillaci e Nordio”. 

 

Il disegno di legge dovrà ora essere approvato dal Parlamento, dove alcuni esponenti (minoritari) della maggioranza, come il senatore leghista Claudio Borghi, molto vicini al mondo no-vax, sui social hanno già annunciato che faranno sentire la loro voce. “Il Parlamento è il luogo delle discussioni. Ma delle discussioni ragionevoli e perimetrate dai principi costituzionali, non di quelle che partono da preconcetti e da posizioni obiettivamente e scientificamente discutibili e a questi totem sacrificano gli interessi pubblici”, afferma Sisto. 

 

Insieme al ddl sulla responsabilità medica, il Parlamento dovrà dare il secondo e definitivo via libera alla riforma costituzionale sulla separazione delle carriere in magistratura. “Siamo all’ultimo miglio. L’auspicio è che il percorso possa terminare alla Camera entro fine settembre e al Senato entro fine ottobre, per poi tenere il referendum nella primavera 2026”, dice il viceministro della Giustizia.

 

“Bisognerà spiegare bene ai cittadini, come ribadisce Antonio Tajani, che questa non è una riforma contro la magistratura, ma una riforma per tutelare i cittadini e per liberare i magistrati dal giogo delle correnti. Chi la vede come uno scontro fra politica e magistratura vuole offrire una falsa rappresentazione della realtà per stimolare un voto contro la politica e a favore delle toghe. Un modo vintage di riproporre la logica di Mani pulite. Non è così. La riforma protegge il cittadino, stabilendo che il giudice deve essere pienamente terzo e imparziale, e affianca il magistrato, che, per fare carriera,  non avrà più bisogno del distintivo della corrente o cordata”, conclude Sisto.
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]