toghe alla frutta

La disastrosa campagna social dell'Anm contro la riforma Nordio

Ermes Antonucci

La campagna di comunicazione che l’Associazione nazionale magistrati sta realizzando per contrastare la separazione delle carriere è il trionfo di slogan apocalittici e fake news. Ma il pubblico non sembra abboccare

“La riforma vuole ridimensionare la magistratura”, “lo stato di diritto sarà intaccato", “si crea uno sbilanciamento di pesi e contrappesi”, “si arriverà inevitabilmente alla dipendenza del pm dall’esecutivo”, “il vero scopo è sottrarre i poteri forti al controllo della magistratura”. La campagna di comunicazione che l’Associazione nazionale magistrati sta realizzando sui social network per contrastare la riforma Nordio è un climax di slogan apocalittici e anche di fake news, con l’aggravante che questi vengono pronunciati direttamente dai rappresentanti della giunta del sindacato delle toghe.  Una narrazione alla quale però il pubblico non sembra  abboccare: basta scorrere i commenti sotto i video pubblicati ormai ogni giorno dall’Anm  per accorgersene. C’è chi denuncia l’assenza di argomentazioni, chi i paragoni sbagliati, chi la mancanza di autocritica. Il risultato per l’Anm è disastroso.

 

La campagna dell’Anm è cominciata a fine luglio con quello che, nelle intenzioni del sindacato delle toghe (guidato da Cesare Parodi), avrebbe dovuto essere il colpo grosso dell’estate: la pubblicazione di un appello risalente al 1994 in cui Carlo Nordio, allora pubblico ministero a Venezia, si diceva contrario alla separazione delle carriere. Uno scoop che si è rivelato un flop. Il Guardasigilli ha subito spiegato che in quegli anni era contro la riforma perché auspicava che “la magistratura restasse compatta, in tempo di stragi e Tangentopoli”. Poi, semplicemente, ha cambiato idea e infatti nei successivi trent’anni, con o senza toga, Nordio si è sempre espresso a favore della separazione. Se ci si aggrappa ad appelli firmati oltre trent’anni fa vuol dire che si è arrivati al livello della disperazione. A confermarlo sono i video pubblicati quotidianamente sui canali social dell’Anm nelle ultime settimane contro la riforma costituzionale. 

 

Ogni giorno un rappresentante della giunta dell’Anm si sveglia e sa che dovrà apparire in video per dire qualcosa contro la riforma, peraltro non ancora approvata in via definitiva dal Parlamento. C’è chi, come Marcello De Chiara (vicepresidente dell’Anm) e Dora Bonifacio,  si scaglia contro lo stanziamento di risorse per il sistema giustizia, come se una riforma costituzionale potesse prevedere investimenti di bilancio. C’è chi, come Chiara Salvatori, critica l’istituzione dell’Alta corte disciplinare, che genererà “una deriva difensiva dei magistrati”, senza spiegarne il motivo. C’è chi, come Cesare Parodi (presidente dell’Anm), Paola Cervo, Monica Mastrandrea e Giuseppe Tango, si affida alla tesi apocalittica secondo la quale “la riforma ridimensiona la magistratura” e di conseguenza “intacca lo stato di diritto”, senza accennare ad alcuna argomentazione a sostegno (semplicemente perché non ne esistono: la riforma conferma ogni garanzia di autonomia e indipendenza alla magistratura, pur separandola in due carriere).

 

C’è chi, come Sergio Rossetti, rispolvera persino il lessico grillino, denunciando il tentativo di “sottrarre i poteri forti al controllo della magistratura”, anche se ormai l’unico vero “potere forte”, svincolato da qualsiasi effettivo controllo dell’operato dei propri componenti, sembra essere proprio la magistratura. 

 

I video vengono ogni volta inondati da decine, centinaia di commenti di utenti che,  con indignazione, fanno notare tutte le falle delle tesi avanzate dai magistrati associati, criticando un’opposizione ideologica fatta di slogan senza argomenti.

 

La comunicazione dell’Anm, già piena di menzogne, si trasforma in un inganno definitivo quando l’account ufficiale del sindacato pubblica un video in cui il giornalista Peter Gomez afferma che la riforma Nordio “porterà inevitabilmente alla dipendenza del pm dall’esecutivo, come in Francia, dove il pm rimane indipendente ma se fa un’indagine che non piace al ministro della Giustizia viene preso e messo da un’altra parte”. Peccato che la riforma Nordio non preveda la sottoposizione del pm all’esecutivo, e che neanche in Francia funzioni così. Basti pensare che nel 2021 il ministro della Giustizia Dupond-Moretti venne indagato dai pm francesi, per poi essere rinviato a giudizio. Se questo è ciò che ci aspetta, non si vede dove sia il pericolo. Ma per l’Anm evidentemente i paesi con la separazione delle carriere, come Francia, Spagna, Portogallo, Regno Unito, Germania, Svezia e Olanda, non sono  abbastanza democratici. 

 

Finché questa sarà la comunicazione dell’Anm, Nordio potrà dormire sogni tranquilli.
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]