
Fabio De Pasquale (foto Ansa)
disastro giudiziario
Crolla anche il terzo processo Eni-Nigeria. La Caporetto di De Pasquale
Finisce con una sentenza di assoluzione anche il terzo processo imbastito dal pm milanese sulla presunta corruzione di Eni in Nigeria. Dopo tre processi tutti gli imputati sono stati assolti, mentre il pm De Pasquale è stato condannato in primo grado
La Caporetto della giustizia italiana, anzi dello stato. Non c’è altro modo per definire quanto avvenuto attorno al caso Eni-Nigeria: ben tre processi sulla presunta corruzione internazionale compiuta dal Cane a sei zampe in Nigeria sono finiti con l’assoluzione di tutti gli imputati, mentre il pubblico ministero che ha imbastito l’indagine, Fabio De Pasquale, è stato condannato in primo grado con l’accusa di non aver depositato prove favorevoli alle difese nel suddetto processo. Dopo il clamoroso crollo del processo principale quattro anni fa, con l’assoluzione di tutti e 15 gli imputati (tra cui l’ad di Eni Claudio Descalzi e il suo predecessore Paolo Scaroni), e quello del filone abbreviato contro due presunti intermediari, ieri si è concluso anche il terzo processo ai danni di un faccendiere nigeriano accusato di aver distribuito la mazzetta multimilionaria, in realtà mai esistita: è stato assolto dal tribunale di Milano.
Il faccendiere nigeriano si chiama Aliyu Abubakar ed era stato accusato da De Pasquale di aver distribuito 520 milioni di dollari della mazzetta miliardaria che già due sentenze passate in giudicato avevano stabilito non essere mai esistita. Abubakar era stato escluso dal processo principale soltanto per un vizio formale di notifica e il procedimento nei suoi confronti era così stato stralciato. A carico dell’uomo d’affari nigeriano la procura di Milano ha contestato la stessa imputazione avanzata nei confronti degli altri imputati (poi assolti), cioè quello di aver partecipato alla maxi corruzione internazionale, in particolare ricevendo dall’allora ministro del Petrolio della Nigeria, Dan Etete, 520 milioni di dollari in contanti da destinare come tangente ai membri del governo e ai vari pubblici ufficiali locali.
Visto che l’imputazione era la stessa di quella crollata clamorosamente nei due processi precedenti, logica avrebbe voluto che la procura di Milano chiedesse l’assoluzione di Abubakar, e anche che a occuparsi di questo terzo filone non fosse proprio De Pasquale, cioè il pm che, insieme al collega Sergio Spadaro (oggi in forza alla procura europea), aveva condotto l’inchiesta bocciata clamorosamente in sede giudiziaria e che in seguito all’assoluzione degli imputati è stato persino condannato in primo grado a otto mesi con l’accusa di rifiuto di atti d’ufficio per non aver depositato prove favorevoli alle difese. Come se non bastasse, proprio in seguito al caso Eni-Nigeria De Pasquale si è visto non confermare dal Csm le funzioni di procuratore aggiunto, venendo declassato a sostituto procuratore, per il suo “modus operandi” fatto di “assenza di imparzialità ed equilibrio” (decisione confermata dal Tar del Lazio).
Nonostante ciò, De Pasquale (con l’avallo del procuratore di Milano, Marcello Viola) non ha mollato e ha imbastito anche il terzo processo contro Abubakar, chiedendo per lui una condanna a cinque anni di reclusione. Ieri l’uomo d’affari nigeriano, difeso dagli avvocati Roberto Rampioni e Carlo Farina, è stato assolto in rito abbreviato dal tribunale di Milano, con la formula piena “perché il fatto non sussiste”. De Pasquale era presente in aula.
A rendere la vicenda ancora più paradossale è il fatto che neanche in questo terzo processo De Pasquale ha depositato quegli atti favorevoli alle difese per i quali ha subìto una sentenza di condanna. Atti che, secondo il tribunale di Brescia che ha condannato De Pasquale, se fossero stati depositati in tempo avrebbero portato all’assoluzione degli imputati del processo Eni-Nigeria “già all’udienza preliminare”. Anche questa anomalia aveva spinto i legali di Abubakar a presentare un esposto al Csm, al ministero della Giustizia e ai vertici della giustizia milanese. Un dato inspiegabile.
“Per noi è un risultato atteso, addirittura scontato”, dichiara al Foglio l’avvocato Farina. “La cosa sorprendente è stata l’insistenza del pm a esercitare l’azione penale ancora per questa vicenda. Non ci potevano essere esiti diversi da questo, visto che tutti gli altri imputati erano stati assolti. Per l’ennesima volta il tribunale conferma l’assoluta insussistenza delle accuse sulla vicenda”.
Resta la domanda su come tutto ciò sia potuto avvenire. Sul perché nessuno, dal procuratore Viola alla procuratrice generale Francesca Nanni, sia intervenuto per evitare questa prevedibile catastrofe giudiziaria, e perché il pg di Cassazione Pietro Gaeta, il Csm e il ministro Nordio non si siano interessati al caso De Pasquale.