
Luca Tescaroli (foto Ansa)
pm o cronisti?
I giornalisti della Toscana premiano il procuratore Tescaroli. Emblema di un cortocircuito
L’Associazione stampa toscana ha conferito una "Pergamena al merito" al magistrato per aver "sempre fornito puntualmente le notizie", che poi sono quelle sputtananti nei confronti delle persone indagate. La separazione che manca tra procure e giornalisti
L’Associazione stampa toscana (Ast), il sindacato dei giornalisti che lavorano in Toscana, lunedì ha conferito un premio, più precisamente una “Pergamena al merito”. Il lettore potrà pensare che il riconoscimento sia stato attribuito a un giornalista d’inchiesta, oppure a un cronista minacciato per il suo lavoro, o ancora a un importante direttore di un quotidiano. Nulla di tutto ciò. I giornalisti toscani hanno deciso di premiare un magistrato, Luca Tescaroli, procuratore di Prato, per aver “sempre fornito puntualmente le notizie, a qualsiasi ora, rispettando, contemporaneamente, sia la legge che il diritto dei cittadini a essere informati”, su vicende che vanno “dall’esplosione di Calenzano alle ragazze uccise e al giardino degli orrori; dalla guerra delle grucce alla lotta per il controllo della prostituzione; dalle aggressioni a coltellate in piazza alle inchieste sui clamorosi casi di evasione fiscale”. Il premio attribuito dall’Ast a Tescaroli rappresenta l’esempio più emblematico della sudditanza del mondo dell’informazione alle procure. Anche perché Tescaroli, da quando si è insediato a Prato, ha fatto molto di più che informare i giornali: nei fatti si è trasformato in un vero giornalista. Da settembre a oggi ha firmato cento comunicati, uno ogni tre giorni. Testi dal taglio inquisitorio prontamente pubblicati sui giornali locali e nazionali.
E pazienza se, secondo la riforma del 2021, un procuratore può diffondere comunicati stampa solo quando è “strettamente necessario per la prosecuzione delle indagini o quando ricorrono specifiche ragioni di interesse pubblico”. A Prato tutto sembra essere di interesse pubblico.
Molti dei comunicati diffusi da Tescaroli riguardano indagini in corso di svolgimento, in cui puntualmente vengono espressi giudizi di responsabilità nei confronti di alcune persone coinvolte. Il trucco consiste nel riportare alla fine del comunicato un’espressione, una formula magica che vale da passepartout: “In virtù della presunzione di non colpevolezza, i medesimi potranno considerarsi colpevoli solo sulla base di una sentenza passata in giudicato”. Peccato che nelle righe precedenti quelle stesse persone indagate vengono messe alla berlina dalla procura di Prato, con accuse molto chiare e precise.
Si prenda il caso dell’esplosione del deposito Eni di Calenzano, avvenuta il 9 dicembre 2024, e che ha causato la morte di cinque lavoratori. Nel comunicato del 19 marzo, la procura pratese scrive chiaramente che “l’incidente sul lavoro è risultato in concreto prevedibile, se fosse stata effettuata un’adeguata analisi dei rischi e delle condizioni operative, ed evitabile, se fossero state seguite correttamente le procedure di sicurezza, protezione e pianificazione che erano obbligatorie per effettuare l’intervento”. “E’ emerso un errore grave e inescusabile”, aggiunge la procura, che addebita a nove indagati i delitti di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali colpose. “Si ritiene che i delitti individuati siano stati commessi dai rappresentanti dell’organo dirigente di Eni (Boschetti e Cullurà) e dagli altri indagati inseriti nella medesima società (Di Perna, Bini, Ferrara e Proietti) nell’interesse e a vantaggio della stessa Eni”, si legge nel comunicato, che poi va ben oltre il caso di Calenzano: “Tale modalità è risultata indistintamente comune a tutti i depositi, non avendo rilevato specifiche ulteriori sulla documentazione di Eni, sicché l’interesse e il vantaggio è ancor più ampliato su scala nazionale”. Più che un comunicato su un’indagine sembra di leggere una sentenza di condanna contro la società Eni.
Altri comunicati pubblicati dalla procura di Prato negli ultimi mesi assumono invece le forme di pamphlet, come quello in cui lo scorso ottobre Tescaroli ha risposto a un’interrogazione parlamentare rivolta da due deputati al ministero della Giustizia. A parte la palese violazione del principio di separazione dei poteri, nel comunicato Tescaroli racconta a modo suo la “complessità e la pericolosità non del tutto note” della provincia pratese, “crocevia di flussi migratori, terreno per infiltrazioni mafiose italiane e straniere”, teatro di “sfruttamento dei lavoratori” e di “rapporti corruttivi” tra esponenti delle forze dell’ordine e imprenditori. Ignote le specifiche ragioni di interesse pubblico alla base della pubblicazione di questa relazione, che si conclude con la proposta di Tescaroli di istituire una direzione distrettuale antimafia a Prato o una sezione distaccata della Dda di Firenze.
Appare dunque piuttosto singolare la concezione della libertà di stampa che, secondo i giornalisti toscani, Tescaroli avrebbe difeso negli ultimi mesi con la sua attività di comunicazione. Anziché la cronaca giudiziaria, l’Ast sembra più interessata a mantenere in vita la prassi dello sputtanamento mediatico. Pratica che da un po’ di tempo non sta più riuscendo a Firenze. Da qui la continua critica dei giornalisti toscani nei confronti del procuratore fiorentino Filippo Spiezia, che però tra poche settimane, dopo la bocciatura della sua nomina da parte del Consiglio di stato, farà ritorno a Eurojust. La speranza dei giornalisti della Toscana è che il Csm nomini un nuovo procuratore alla Tescaroli, più “aperto” alla stampa. Perché la gogna deve andare avanti.
