
Malagiustizia
Indagati per 17 anni. La storia del gruppo Delta
Prosciolti i vertici del gruppo, ucciso da accuse ingiuste. Persi mille posti di lavoro e 700 milioni
Diciassette anni per arrivare all’archiviazione di un’indagine, che all’inizio portò all’arresto di cinque indagati e che nel frattempo ha prodotto il fallimento di un’azienda che all’epoca dava lavoro a circa mille persone, con conseguente buco di 700 milioni di euro. E’ l’ennesima storia di malagiustizia, dai tempi assurdi, quella che ha travolto il gruppo Delta, società di credito al consumo di Bologna. Nelle scorse settimane il gip di Forlì ha definitivamente archiviato l’accusa di riciclaggio rivolta dalla procura forlivese nel lontano 2008 nei confronti dei vertici dell’epoca del gruppo Delta, a partire dalla vicepresidente Paola Stanzani (il presidente, Mario Fantini, anch’egli indagato, è morto nel 2011), e della Cassa di risparmio di San Marino (Carisp), tra cui il presidente Gilberto Ghiotti e il direttore generale Luca Simoni. L’indagine era scaturita dopo il sequestro di un furgone portavalori con a bordo 2 milioni e 600 mila euro, che dalla filiale della Banca d’Italia di Forlì viaggiava alla volta della Repubblica di San Marino. Il carico del furgone portavalori era, secondo quanto ipotizzato dai pm Fabio Di Vizio e Marco Forte, frutto del riciclaggio e dell’evasione fiscale di cittadini italiani detentori di conti correnti nella Repubblica del Titano. Il gruppo Delta venne ritenuto il “braccio italiano” della Cassa di risparmio di San Marino nella presunta attività di riciclaggio. Secondo i pm, inoltre, quel furgone portavalori viaggiava senza le dovute autorizzazioni al trasporto valori e in violazione degli accordi internazionali.
L’indagine venne denominata “Varano” e l’anno seguente portò all’arresto di cinque dei 40 indagati. Le immagini degli arresti in piena notte vennero trasmesse in esclusiva dalla trasmissione Rai “Report”, che alla vicenda del gruppo Delta dedicò diverse puntate. La vicepresidente Stanzani trascorse 21 giorni in carcere e sei mesi ai domiciliari. Come al solito, al clamore mediato iniziale è seguito un lungo, lunghissimo silenzio degli organi di informazione, che si è accompagnato a un percorso giudiziario lentissimo e schizofrenico. Come racconta al Foglio l’avvocato Massimiliano Annetta, legale di Stanzani e ancor prima di Fantini, l’indagine dopo alcuni mesi venne trasferita per competenza territoriale a Rimini. La procura forlivese si oppose, ottenendo ragione dalla Cassazione, che rinviò il fascicolo a Forlì. Intanto era trascorso altro tempo e uno dei pm che avevano dato avvio all’inchiesta era stato trasferito altrove.
Intanto, nel 2008, la Cassazione esprimendosi sul sequestro del famoso furgone portavalori aveva espresso forti dubbi sulla sussistenza del reato di riciclaggio “in virtù del fatto che le operazioni contestate non costituivano affatto un episodio isolato e atipico ma una operazione sistematica di tutti gli istituti sammarinesi sulla base di una ritenuta equiparazione a tutti gli effetti delle banche operanti nel territorio di San Marino con le banche operanti nel territorio della Repubblica italiana”. La Corte ricordava come tra Italia e San Marino vigesse un accordo bilaterale internazionale sottoscritto nell’ambito dell’unione monetaria secondo il quale San Marino, non potendo emettere carta moneta e utilizzando quale valuta l’euro, deve necessariamente rifornirsi di contante dal primo paese confinante. Essendo San Marino un’enclave italiana, il paese confinante più vicino non poteva essere che l’Italia.
Nonostante tutto ciò, dopo una lunga gestazione, la procura di Forlì decise comunque di emettere un decreto di rinvio a giudizio nei confronti degli indagati, decisione che nel dicembre 2021 venne clamorosamente bocciata dal tribunale perché l’imputazione “non risulta(va) enunciata in forma sufficientemente chiara e precisa”. In altre parole, a distanza di tredici anni non erano neanche chiare le accuse mosse ai danni degli indagati.
La procura di Forlì però, come se non bastasse, ha atteso altri tre anni prima di avanzare, nel gennaio 2025, richiesta di archiviazione per tutti gli indagati “perché il fatto non costituisce reato”. La richiesta è stata accolta dal tribunale forlivese nelle scorse settimane. Fine del “caso Varano”, dopo addirittura 17 anni. Peccato che nel frattempo il gruppo Delta, commissariato, sia fallito, facendo andare in fumo circa mille posti di lavoro e 700 milioni di euro che erano stati investiti dalla Cassa di risparmio di San Marino.
“Il trascorrere di un tempo così sproporzionato per giungere a una conclusione di innocenza solleva interrogativi profondi sull’efficienza del sistema e sull’impatto devastante che processi inspiegabilmente protratti per anni possono avere sulla vita delle persone, delle loro famiglie e sulle attività professionali”, ha scritto in una nota l’avvocato Massimiliano Annetta, difensore di Stanzani. Con una lettera pubblica, poi, Annetta ha risposto ai tanti sammarinesi che si stanno chiedendo se qualcuno pagherà per questo incredibile calvario giudiziario: “La risposta è netta: no. Fin quando resterà in vita la clausola che esonera i magistrati dalla responsabilità per l’interpretazione delle norme o la valutazione dei fatti e delle prove sarà impossibile chiedere conto degli errori che danneggiano i cittadini e le imprese. Questo è, con buona pace di vite (anche di impresa, ché pure le imprese si possono uccidere) distrutte”.