
Ansa
Editoriali
La procura spegne l'Ilva, di nuovo
Il sequestro dell’Afo 1 fa saltare il piano del ministro delle imprese Adolfo Urso, che già non stava in piedi. Una ulteriore escalation giudiziaria si abbatte su quello che era il più grande siderurgico d'Europa. Per evitarlo sarebbe bastato procedere al revamping di Afo5
"Per il rilancio di Ilva e per portare avanti la procedura di vendita era assolutamente necessario riattivare l’Afo 1”, aveva dichiarato il ministro delle Imprese Adolfo Urso lo scorso ottobre all’inaugurazione della ripartenza dell’altoforno che, fino a ieri, garantiva la metà dell’intera produzione del siderurgico di Taranto. Ma dopo solo sei mesi la procura di Taranto lo ha sequestrato senza facoltà d’uso. Il pubblico ministero Francesco Ciardo contesta i reati di omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro e getto pericoloso di cose, in relazione a un malfunzionamento che non ha causato nessun ferito o incidente, grazie all’immediata attivazione delle valvole di sicurezza. Secondo Urso “la ripartenza dell’altoforno 1 rappresentava un segnale importante per l’industria italiana che può contare anche sulla propria impresa siderurgica per garantire il lavoro”. Parole sparate a caso dato che, nonostante i due altoforni attivi, Ilva a oggi non produce più di 2 milioni di tonnellate l’anno di acciaio a fronte dei 6 milioni autorizzati, con 5 mila lavoratori in cassa integrazione.
Per il ministro delle Imprese, che sabato sarà a Taranto per la campagna elettorale amministrativa, il sequestro di ieri “non incoraggia i nuovi investitori che erano interessati ad acquisire gli impianti nella fase di piena decarbonizzazione”. Una vendita di cui si sono perse le tracce, insieme alla paventata “piena decarbonizzazione”. Nel frattempo il ministero dell’Ambiente chiede 1 milione di euro per 476 nuove prescrizioni, e la Commissione europea firma una nuova infrazione relativa agli anni passati. Un’ulteriore escalation giudiziaria si abbatte su quello che era il più grande siderurgico d’Europa, finché nel 2012 la procura di Taranto né avviò la fine, allora come oggi, con un sequestro senza facoltà d’uso. Per evitarlo sarebbe bastato che il ministro Urso e i commissari anziché prolungare l’agonia dei due altoforni a fine vita, avessero proceduto al revamping di Afo5 che, da solo, avrebbe garantito produzione, lavoro, innovazione e il ciclo integrale.
