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La forzatura dei pm che rischia di far saltare l'indagine su Toti

Ermes Antonucci

Dalla lettura degli atti giudiziari emerge un pregiudizio accusatorio da parte della procura di Genova che rischia di rendere inutilizzabili le intercettazioni realizzate a carico del governatore ligure

La maxi indagine per corruzione nei confronti di Giovanni Toti rischia di crollare, come un castello di carta. La marea di intercettazioni telefoniche e ambientali sulla quale si basa l’inchiesta, oggetto della solita pubblicazione a puntate sui giornali e persino di recitazioni in programmi televisivi, infatti, potrebbe essere dichiarata inutilizzabile dal giudice dell’udienza preliminare, a causa di una forzatura che appare evidente compiuta dalla procura di Genova quando ha deciso di contestare al governatore della Liguria il reato di corruzione e di avviare le captazioni ai suoi danni. Lo si ricava leggendo con attenzione l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal tribunale di Genova. Per comprendere come questo sia possibile bisogna fare un piccolo passo indietro e ricostruire le tappe precedenti all’apertura dell’indagine per corruzione contro Toti. 

 

All’inizio del 2021 la procura di Genova mette nel mirino la fondazione Change e il Comitato Giovanni Toti, incaricati di raccogliere fondi per l’attività politica del governatore ligure. Al centro dell’attenzione degli inquirenti finiscono in particolare 195 mila euro versati tra il 2016 e il 2020  dall’imprenditore Pietro Colucci, attivo nel settore della gestione dei rifiuti. Per i pm si è di fronte a una violazione della normativa sul finanziamento ai partiti politici. Uno scenario simile a quello ipotizzato dalla procura di Firenze nei riguardi della fondazione renziana Open (quest’ultima attiva tra il 2012 e il 2018). In altre parole, Colucci avrebbe  finanziato direttamente l’attività di Toti, versando però soldi non al suo partito – Cambiamo – bensì alle fondazione Change e al Comitato Giovanni Toti, tenuti a rispettare obblighi di trasparenza inferiori rispetto a quelli fissati per i partiti. 

 

La contestazione del reato di finanziamento illecito ai partiti, però, non consentiva alla procura di Genova di realizzare intercettazioni. 

 

Come per magia, però, nel giugno 2021 i pm genovesi ricevono alcuni atti dell’indagine che nel frattempo i colleghi spezzini stanno conducendo nei confronti del capo di gabinetto di Toti, Matteo Cozzani, per corruzione elettorale. In particolare, viene segnalata ai pm una conversazione telefonica fra Cozzani e Toti intercettata il 10 marzo 2021, in cui il governatore si rivolgeva al suo capo di gabinetto con queste parole: “Digli che se li convoco io qua lunedì, martedì sera anche a cena, Ripamonti, Vaccarezza, Olivieri, che la chiudiamo su tutt... Su tutta la situazione, così mettiamo in fila l’Ato idrico, la cosa, anche perché poi ci si infila dentro anche roba della discarica di Colucci, che voglio parlargliene a voce...”. 

 

La conversazione, come è evidente, non ha alcun  significato chiaro, a meno che non la si voglia interpretare con un pregiudizio accusatorio, cosa che è avvenuta da parte dei pm genovesi. Per questi, infatti, l’intercettazione, “oltre a provare l’attualità del rapporto tra l’attività imprenditoriale di Colucci e Regione Liguria, dimostrava il ruolo attivo e concreto del presidente della Regione nelle specifiche vicende ambientali riguardanti le discariche gestite da Colucci”. Inoltre, veniva ritenuto “particolarmente significativo il fatto che Toti volesse parlare con (o di) Colucci della vicenda delle discariche in modo riservato (de visu e non semplicemente telefonica), circostanza che lasciava intendere la volontà di rendere ‘sicura’ la conversazione e che, al contempo, confermava anche l’esistenza di un rapporto ‘privilegiato’ tra l’imprenditore (e la sua attività) e il governatore”. 

 

In realtà, leggendo la captazione non si comprende in alcun modo con chi Toti volesse parlare della discarica di Colucci e quindi non si capisce da dove i pm colgano l’esistenza di un rapporto privilegiato con l’imprenditore. Stupisce, poi, come la sola volontà di parlarne “a voce” venga considerata segno della volontà di tenere conversazioni “sicure”, cioè segrete. 

 

 Insomma, nell’intercettazione trasmessa da La Spezia a Genova non sembra esserci proprio nulla di penalmente utile. Fatto sta, però, che proprio sulla base di questa intercettazione “la procura procedeva all’iscrizione del reato di cui all’art. 318 cp (corruzione, ndr) e venivano autorizzate le intercettazioni telefoniche e ambientali”. E pensare che, secondo il codice di procedura penale, le intercettazioni dovrebbero essere realizzate solo in presenza di “gravi indizi di reato”.  

 

Alla fine, come volevasi dimostrare, per stessa ammissione dei pm genovesi, le captazioni non hanno in alcun modo “consentito di trovare ulteriori riscontri all’ipotesi corruttiva inizialmente ipotizzata a carico di  Toti e di Pietro Colucci”, ma hanno invece permesso di raccogliere una valanga di conversazioni fra il governatore e altri imprenditori, in particolare Spinelli, sulle quali si è innestato un nuovo filone di indagine per presunta corruzione. 

 

L’intercettazione che ha permesso tutto ciò, però, quella trasmessa da La Spezia a Genova, non sembra indicare in alcun modo la presenza di “gravi indizi di reato”. Per queste ragioni, le intercettazioni realizzate in seguito, sulla base della contestazione di corruzione, potrebbero essere dichiarate inutilizzabili a cascata dal gup. Questa valutazione, tuttavia, non potrà che avvenire tra diversi mesi, quando ormai l’immagine politica di Toti sarà già completamente distrutta, e forse anche la sua esperienza di governo in regione Liguria sarà conclusa.

 

Un’ultima annotazione merita, infine, una singolare coincidenza: le operazioni di intercettazioni telefoniche a carico di  Toti sono iniziate il primo settembre 2021. Guarda caso, proprio in quel giorno Toti si recherà da Aldo Spinelli sul suo yacht, dove – secondo i pm – “accettava la promessa di un finanziamento in previsione delle elezioni amministrative”. Come se i pubblici ministeri avessero saputo in anticipo che l’incontro sarebbe avvenuto, magari tramite altre intercettazioni (autorizzate da chi?). Mistero.

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  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]