(foto Ansa)

Editoriali

La procura chiede ancora l'ergastolo per Cospito. Ma il romanzo criminale non c'è

Redazione

La sentenza per il leader anarchico è prevista il 26 giugno, ma si rischia ancora una confusione di piani: le affermazioni del detenuto sul 41-bis e i “segreti oscuri della Repubblica” non sono utili alla verità giudiziaria e in fondo nemmeno a lui

La richiesta resta quella dell’ergastolo, più l’isolamento diurno comminato per dodici mesi. Nel nuovo processo in Corte d’appello di Torino al leader anarchico Alfredo Cospito per l’attentato alla scuola carabinieri di Fossano del 2006 il pg Francesco Saluzzo ha ribadito un perentorio: “Cospito non merita sconti”. La sentenza è prevista per il 26 giugno prossimo, si vedrà se le ferree posizioni dell’accusa saranno accolte, o se invece i giudici terranno in qualche modo conto della sentenza della Consulta dell’aprile scorso: l’Alta corte che aveva infatti dichiarato incostituzionale il divieto di gradazione della pena in base all’entità del fatto (non c’erano state vittime, per gli imputati e la difesa si trattò di un atto dimostrativo), regola che non permetteva condanne diverse dall’ergastolo.

 

In ogni caso, è evidente che per l’accusa il punto su cui giudicare rimanga il terrorismo e la “grave minaccia” per lo stato. E senza dubbio i commenti alla sentenza saranno discordanti. Ma ancora una volta la vicenda rischia una confusione di piani. Cospito aveva intrapreso uno scipero della fame contro il regime del 41-bis cui è sottoposto, suscitando opposte prese di posizione politiche. L’altro giorno Cospito ha rilasciato una dichiarazione spontanea in cui ha affermato: “La mia vicenda processuale è stata usata come una sorta di clava da una parte politica, il governo, contro un’altra parte politica, la cosiddetta opposizione”.

 

È un dato di fatto. Ma poi è tornato ad accusare il 41-bis “usato per mettere il bavaglio a una generazione di mafiosi che lo stato ha usato e poi tradito rinchiudendoli qui sino alla morte per tappare loro la bocca ed evitare che emergano i segreti oscuri della Repubblica”. Affermazioni ingiustificabili in un tribunale, più adatte al solito “grande romanzo criminale” e che potrebbero essere scritte da qualche magistrato pensionato dell’antimafia passato in politica. Affermazioni non certo utili alla verità giudiziaria, e in fondo nemmeno a Cospito, che finisce per ritrovarsi nei panni della comparsa di un racconto che non è suo.

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