Storari. E poi?

Un'“azione staliniana”: così l'ex procuratore aggiunto Robledo sulla mossa del pg Salvi

Luciano Capone

L’azione disciplinare promossa dal procuratore generale della Cassazione contro il pm milanese Paolo Storari ha un significato inequivocabile di “indicare a tutti i magistrati che è più sicuro stare allineati al capo della procura”

Non esita a definirla “azione staliniana”. Per Alfredo Robledo, ex procuratore aggiunto a Milano trasferito a Torino come giudice dopo lo scontro con l’allora procuratore Edmondo Bruti Liberati, l’azione disciplinare promossa dal procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi contro il pm milanese Paolo Storari ha un significato inequivocabile di “indicare a tutti i magistrati che è più sicuro stare allineati al capo della procura”.

  

L’aggettivo “staliniano” sta, evidentemente, a indicare la comune appartenenza a Magistratura democratica (la corrente di sinistra) di Salvi, del procuratore di Milano Francesco Greco e del suo aggiunto Fabio De Pasquale. Com’è noto, Storari ha consegnato all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo i verbali sulla presunta “loggia Ungheria” dopo essere entrato in contrasto con la procura perché non procedeva nei tempi dovuti dalla legge sulle dichiarazioni dell’ambiguo Piero Amara. Il pg Salvi contesta a Storari l’irritualità della consegna di quei verbali (cosa per cui il pm è indagato a Brescia) e pertanto ne chiede il trasferimento immediato e la rimozione dalla funzione di pm per la serenità dell’ufficio.

  
“L’osservazione preliminare – dice Robledo – è che forse il pg Salvi non ha la piena autorevolezza per una decisione del genere. E’ stato uno di quelli che si sono autopromossi con Palamara e poi ha emanato una circolare che afferma che chi si è autopromosso non è passibile di procedimento disciplinare”. Ciò non toglie che Storari non abbia agito nel pieno rispetto delle regole: “E di questo se ne stanno occupando a Brescia. Ma non dimentichiamo che Salvi ha commesso lo stesso errore di Storari. Quando Davigo ha parlato con lui dei verbali consegnatigli da Storari, Salvi non l’ha comunicato formalmente al Comitato di presidenza. Si è quindi mosso nello stesso solco di Storari, e pare un po’ curioso che ora contesti a lui un comportamento analogo al suo”.

 

Però, dice Salvi, c’è un problema di serenità a Milano. “Mi pare che questa tesi sia stata clamorosamente smentita da una raccolta firme senza precedenti in cui quasi la totalità dei pm e dell’ufficio del gip dicono di non sentirsi affatto turbati dalla presenza di Storari, che tra l’altro è un ottimo pm che con le sue inchieste ha già fatto recuperare decine e decine di milioni di euro allo stato – dice Robledo, che si è occupato a lungo di anticorruzione –. Prima di togliergli le funzioni da pm si dovrebbe riflettere anche su questo”. 

  
Lo “stalinismo” dell’azione disciplinare nei confronti di Storari, che per certi versi ricorda l’esito del suo scontro di sei anni fa con Bruti Liberati, sta secondo Robledo nella “sproporzione” rispetto a ciò che emerso dal caso Eni-Nigeria e, nello specifico, rispetto al comportamento del pm De Pasquale. “Dal processo, ma soprattutto dalla sentenza che ha assolto tutti, è emerso che l’accusa ha sottratto alla difesa prove evidenti: il video di Amara e Armanna in cui in sostanza si ammette l’intenzione di infangare Descalzi e Scaroni, le chat manipolate di Armanna in cui emerge la costruzione di un falso testimone nigeriano, la chat in cui Armanna parla del pagamento di 50 mila dollari a un testimone... Storari scopre queste prove e richiede di mandarle al tribunale che si stava occupando del processo Eni, ma i colleghi decidono di non farlo”. E il pg avvia un’azione disciplinare contro Storari ma non contro De Pasquale e Spadaro, entrambi indagati a Brescia per la gestione del processo Eni. Due pesi e due misure? “Per giunta c’è un’evidente sproporzione della gravità dei due casi. Storari ha sicuramente commesso un errore formale, fidandosi di un consigliere, Davigo, che lo ha rassicurato sulla correttezza del suo agire. Ma la sentenza Eni dice che sono state nascoste prove a favore di un imputato, si tratta di una violazione etica gravissima perché è un obbligo genetico del pm cercare e fornire anche le prove a difesa dell’imputato”.

   

La vicenda Storari ricorda per certi versi quella del pm Stefano Fava che a Roma era entrato in contrasto con la procura (Pignatone e Ielo) proprio per la gestione di Amara: Fava voleva arrestarlo e sequestrare il suo patrimonio, mentre la procura voleva valorizzarlo come teste. Fava, a differenza di Storari, ha formalizzato le sue rimostranze con un esposto ma la cosa non gli ha evitato un procedimento disciplinare e il trasferimento (oltre che un procedimento penale). Come Storari è accusato di voler delegittimare Greco, Fava è accusato di aver complottato contro Pignatone. “Ovviamente non conosco le contestazioni nel dettaglio ma la reazione del Sistema, come lo chiama Palamara, è sempre la stessa. Il Sistema muove contro chi non è allineato per affermare la propria forza e dire: ‘Anche dopo ci saremo noi’”. Ogni riferimento alla nomina del prossimo capo della procura di Milano non è affatto casuale.
 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali