Il pm Paolo Storari (foto Ansa)

Il caso

Il caos a Milano non si può capire senza aprire gli occhi sui pm Greco e De Pasquale

Ermes Antonucci

Sul caso Storari la giustizia disciplinare sembra andare spedita. Sorprende però che il pg Salvi e il Csm non mostrino la stessa celerità nel valutare nel merito le accuse rivolte dal pm ai vertici della procura milanese

Non c’è pace alla procura di Milano, travolta da una guerra intestina tra magistrati. Cinquantasei pubblici ministeri milanesi su sessantaquattro hanno firmato una lettera in favore del collega Paolo Storari, nei confronti del quale il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, ha chiesto al Csm il trasferimento di sede e di funzione per incompatibilità ambientale. Storari è indagato dalla procura di Brescia con l’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio per aver consegnato a Piercamillo Davigo (anch’egli indagato) copia dei verbali degli interrogatori resi da Piero Amara sulla presunta loggia Ungheria. Storari consegnò i verbali a Davigo con lo scopo di tutelarsi dall’inerzia a suo avviso praticata dai suoi superiori (il procuratore Francesco Greco e l’aggiunto Laura Pedio), che esitavano ad aprire un fascicolo d’indagine su quelle dichiarazioni. La verifica dell’inattendibilità di Amara avrebbe infatti potuto impattare negativamente anche sull’attendibilità di Vincenzo Armanna, grande accusatore di Eni nel processo sulla presunta corruzione in Nigeria, poi finito con l’assoluzione di tutti gli imputati.

Nella lettera i pm milanesi, pur escludendo “ogni valutazione di merito”, affermano che “la loro serenità non è turbata dalla permanenza” di Storari in procura, come invece sostenuto da Salvi nel suo atto di accusa contro il magistrato: “Siamo turbati – aggiungono i pm milanesi – dalla situazione che sta emergendo da notizie incontrollate e fonti aperte e sentiamo solo il bisogno impellente di chiarezza, di decisioni rapide che poggiano sull’accertamento completo dei fatti e prendano posizione netta e celere su ipotetiche responsabilità dei colleghi coinvolti”. Per la cronaca, la lettera di solidarietà a Storari è stata firmata anche da una trentina di giudici, a dispetto della separazione delle funzioni.

 

Poche ore prima il pg Giovanni Salvi, titolare dell’azione disciplinare, aveva appunto chiesto al Csm di allontanare d’urgenza Storari dalla procura per la “serenità di tutti i magistrati del distretto”, vietandogli di esercitare le funzioni di pm nella nuova sede. Salvi contesta a Storari tre gravi scorrettezze: “l’informale e irrituale” consegna a Davigo di copie non firmate dei verbali di Amara; la mancata formalizzazione ai suoi superiori del proprio “dissenso” circa le presunte “lentezze o manchevolezze” sull’indagine; la mancata astensione dall’indagine sulla successiva fuga di notizie sui verbali di Amara. Venerdì la sezione disciplinare del Csm si riunirà per esprimersi sulla richiesta avanzata dal pg della Cassazione.

Sul caso Storari, insomma, la giustizia disciplinare sembra andare spedita. La decisione del sostituto procuratore di denunciare la presunta inerzia dei suoi superiori non ricorrendo a vie formali (ad esempio rivolgendosi alla procura generale o alla presidenza del Csm), ma consegnando copie di verbali segreti al consigliere Davigo (che poi ne parlò, in via sempre ufficiosa, con il vicepresidente del Csm David Ermini, lo stesso Salvi, altri cinque consiglieri e il presidente della commissione antimafia Nicola Morra), sembra difficilmente difendibile. Sorprende, tuttavia, che il pg Salvi e il Csm non mostrino la stessa celerità nel valutare nel merito le accuse rivolte da Storari ai vertici della procura milanese. In altre parole, di fronte alle rivelazioni di Amara, il procuratore Greco e l’aggiunto Pedio agirono correttamente oppure, come denunciato da Storari, ritardarono l’apertura di un fascicolo per evitare possibili conseguenze negative sul processo Eni-Nigeria?

 

Non si tratta di una questione da poco, anzi. I pm milanesi Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, che in tutti questi anni hanno portato avanti l’inchiesta contro Eni e Shell per la presunta “corruzione del secolo” in Nigeria, poi demolita dai giudici, sono ora indagati dalla procura di Brescia per rifiuto di atti d’ufficio, con l’accusa di aver omesso di depositare tra gli atti del processo alcuni documenti favorevoli agli imputati. A scoprire questi documenti fu proprio Storari, responsabile dell’indagine sul cosiddetto falso complotto Eni. Storari inviò a De Pasquale e Spadaro, mettendo in copia Greco e Pedio, materiale che avrebbe dimostrato come Armanna avesse costruito prove false per gettare fango sui vertici Eni per poi ricattarli. De Pasquale e Spadaro, tuttavia, decisero di non mettere il materiale a disposizione delle difese e del tribunale durante il processo. Anche su questa vicenda la giustizia disciplinare sembra muoversi con lentezza. I fallimenti e i guai della magistratura milanese per il momento ricadono solo su Storari.

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