Nicola Gratteri (foto LaPresse)

Quello che Gratteri non dice quando descrive le carceri come hotel a 5 stelle

Ermes Antonucci

Per il magistrato il basso numero di detenuti contagiati è la conferma che, come lui aveva detto, stare in carcere è meno pericoloso di andare a fare la spesa. Ma la sua versione dei fatti è molto parziale

Anche il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, è intervenuto sulla vicenda dei detenuti scarcerati durante l’emergenza coronavirus. “Era più pericoloso fare la spesa al supermercato che stare in carcere”, ha dichiarato il pm al Fatto quotidiano, come a dire che, fosse per lui, si potrebbe pure pensare di arrestare più persone in modo tale da garantire loro maggiore protezione dall’epidemia. “Due mesi fa avevo detto che era più facile essere contagiato in piazza Duomo a Milano che non nelle carceri di San Vittore o di Opera. Sono stato criticato e attaccato. Oggi i fatti mi danno ragione: i contagiati in carcere sono 159 su 62 mila detenuti”, ha spiegato.

 

Peccato che Gratteri, nella sua rappresentazione delle carceri come hotel a 5 stelle, abbia dimenticato di dire che fino a oggi quattro detenuti sono morti per Covid-19, che ai 159 detenuti contagiati si aggiungono 215 agenti di polizia penitenziaria positivi al virus (dati del 1 maggio e sottostimati), che la situazione di costante sovraffollamento e promiscuità negli istituti di pena italiani (certificata e condannata innumerevoli volte dalla Corte Edu) rende impossibile ogni forma di distanziamento sociale, e infine che se si è riusciti a evitare un’ecatombe ciò è stato dovuto anche alla concessione dei domiciliari a circa settemila detenuti con bassi residui di pena, cosa che ha portato il numero di reclusi a 53.174 (e non 62 mila, come riferito dal pm).

 

Tutte queste dimenticanze sono servite a Gratteri per rinfocolare la polemica sui cosiddetti “boss scarcerati”, che però, come già abbiamo fatto notare, in realtà non sono 400, ma soltanto tre, di cui un 78enne con patologie plurime che tra otto mesi avrà comunque scontato la sua pena, un malato di tumore che non può ricevere le cure nel territorio di reclusione e un condannato non definitivo. Gratteri non ha dubbi: “Le scarcerazioni hanno minato la fiducia nella giustizia e nello Stato che avevamo faticosamente conquistato negli ultimi anni”. Peccato anche qui che, secondo un sondaggio Ipsos dello scorso anno, la fiducia degli italiani nella magistratura sia ai minimi storici (35 per cento). Non proprio una conquista.

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