Un murale nel carcere minorile di Nisida a Napoli (LaPresse)

Chi sono i minori in carcere. I dati contro gli stereotipi

Enrico Cicchetti

“Il sistema della giustizia minorile funziona”, scrive l'associazione Antigone nel suo quinto report sul tema

Ne ha scritto sul Foglio l'avvocato Marika Surace, venerdì scorso: quelle dei minori in carcere sono spesso storie di piccoli o grandi errori, di scelte sbagliate e alternative possibili. “Ci sono frammenti che si perdono per sempre, dopo una rottura. Ma ci sono riparazioni che, anche senza quei frammenti, valgono una vita intera” dice, benissimo, Surace. Ora lo conferma anche l'associazione Antigone. Che nel suo quinto report sul tema, accanto a quelle storie mette numeri, dati, fonti. “Ci sono troppe storie di vita difficili. Molti ragazzi hanno tanti procedimenti penali sulle spalle”, scrive la onlus che si occupa dei diritti e delle garanzie dei detenuti.

 

Ma il panorama generale non è plumbeo: mentre nel sistema penitenziario degli adulti si assiste all’apparente controsenso di una crescita della popolazione detenuta unita a un calo degli indici di delittuosità, la giustizia penale minorile è più coerente: diminuiscono i reati e diminuiscono anche i detenuti. “Il sistema della giustizia minorile funziona”, sostiene Antigone “tutto il sistema della giustizia minorile funziona senza l’assillo della condanna e senza rischi di prescrizione”. e poi, in assoluto, i minori delinquono meno rispetto a cinque anni fa. Calano gli omicidi di quasi il 50 per cento, ma anche furti e rapine di circa il 15 per cento. “La giustizia minorile”, dice al Foglio Claudio Paterniti Martello, ricercatore e membro del direttivo di Antigone, “funziona meglio di quella per gli adulti sia perché ricorre al carcere come soluzione estrema – che poi è quello che prevede la Costituzione – sia perché è un sistema attento alle storie dei singoli, che cerca soluzioni calibrate sulle vicende di ognuno. Mi pare che i risultati ci siano. Certo, non è il paradiso: anche lì in carcere ci vanno poveracci e marginali, quelli che non hanno una rete familiare e sociale attorno e per i quali non si trovano altre soluzioni. Ma comunque resta un sistema che, dal giudice fino all'operatore della comunità o a quello del carcere, non si dimentica di avere a che fare con delle persone. Con dei ragazzi. E che cerca di creare qualche scappatoia in percorsi tormentati e bui”.

  

I dati raccolti dall'organizzazione vanno contro tutti gli stereotipi: in media commettono più delitti i minori nelle regioni del nord Italia (Lombardia in testa) e valori più bassi della media nelle regioni del sud. Ancora, gli imputati minorenni sono per il 70 per cento italiani e per il 30 per cento stranieri. C'è però una sovra-rappresentazione in carcere degli stranieri: nonostante due terzi circa dei delitti sia commesso da italiani, questi rappresentano però solo il 57,1 per cento dei detenuti negli istituti per minori. Le ragazze straniere sono il 47,8 per cento del totale delle femmine.

 

   

Il 72 per cento dei ragazzi entrati in istituti penali minorili è in custodia cautelare. In genere la durata media della permanenza è poco superiore ai tre mesi. 

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