Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Berlusconi riabilitato, Repubblica inconsolabile

Annalisa Chirico

Dopo la decisione del tribunale di Sorveglianza il quotidiano scopre (e accusa) le “toghe a colori”

A largo Fochetti non se ne fanno una ragione. Il tic antiberlusconiano sarà pure passato di moda, non si porta più come un tempo, ma la riabilitazione di Silvio Berlusconi è un boccone troppo amaro. S’inaugura così un filone inedito e allettante: l’uso giornalistico della giustizia. Il tribunale di sorveglianza riabilita il Cav.? Ed ecco due firme di punta di Repubblica che ti perlustrano in lungo e in largo il curriculum dei giudici autori della scellerata ordinanza.

 

Intervistato da Liana Milella all’indomani della rehab berlusconiana, Francesco Maisto, già presidente del Tribunale di sorveglianza di Bologna, agita lo spettro di una “riabilitazione instabile, nel senso che potrebbe non durare stabilmente nel tempo”; e poi, con un filo di malizia, ironizza: “Non credo nella giustizia a orologeria, verosimilmente questa decisione rapida aveva ragioni umanitarie…”.

 

La giornalista si esercita anche in rete, e sul suo blog verga un articolo dal titolo “Il ‘colore’ delle toghe”, disamina acuminata del profilo delle due giudici, ree di aver apposto la firma in calce alla “striminzita e burocratica ordinanza di quattro pagine”. La presidente del collegio si chiama Giovanna di Rosa, esponente di Unicost, corrente centrista, per quattro anni membro del Csm presieduto da Michele Vietti. “E’ solo un caso – evidenzia Milella – ma della corrente di Unicost è anche Giacomo Caliendo, oggi magistrato in pensione, ricandidato al Senato con Forza Italia, e rieletto”. Quella che a noi tutti appare un’illazione e niente più, per Milella sarebbe la prova regina della faziosità togata. Eppure Unicost raccoglie circa seicento togati, incluso quel Luca Palamara, per citarne uno, che è il principale referente attuale al Csm, non certo sospettabile di simpatie berlusconiane.

 

Ma la nostra procede impetuosa, e ci ragguaglia sul giudice relatore, Gloria Gambitta, “definita dai colleghi come una toga decisamente conservatrice”. E da quando in qua le chiacchiere da corridoio assurgono al rango di notizia? La giornalista avrebbe auspicato una “composizione del collegio meno orientata”, anche perché, a sentir lei, non c’è speranza di ottenere un’opposizione giacché l’unico titolato, il procuratore generale Roberto Alfonso, appartiene a Magistratura indipendente, “corrente di destra e ultra conservatrice”. Sul quotidiano in edicola ieri, Piero Colaprico scandaglia i “non pochi mugugni e malumori negli uffici della procura generale”. Con un’udienza “in stile carbonaro”, a Berlusconi sarebbe stato riservato un “trattamento che fa discutere, ma dal punto di vista squisitamente burocratico è ineccepibile”. Si fa notare come nel caso di non-detenuti il tribunale di sorveglianza smaltisca, di regola, tra le trenta e le quaranta pratiche a settimana, e che negli anni non c’è mai stata un’opposizione. Poi però s’insinua il sospetto: “Ma Di Rosa ha accelerato la tempistica, dando una brusca svolta al caso, oltre ogni previsione degli stessi colleghi, o no?”. Il quesito resta sospeso, come il lettore disorientato. Dopo aver tuonato per vent’anni contro il teorema delle toghe politicizzate, adesso la musica cambia, e lo spartito impone toghe a colori.

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