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Meno canne per tutti

Marianna Rizzini

Il capo dei Nas ci spiega perché gli argomenti di Saviano & Co. sulla liberalizzazione non stanno in piedi

Roma. Legalizzare o non legalizzare le droghe leggere, e come farlo. Se ne riparla, da giorni, sulla scia dell’ultimo caso di cronaca – la ragazzina di 16 anni morta a Chiavari dopo aver assunto una dose di metanfetamina. Ci sono stati, negli ultimi mesi, ripetuti appelli pro legalizzazione dello scrittore Roberto Saviano. Si è creato un fronte di magistrati a favore di una legalizzazione controllata, dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha bocciato la legge Fini-Giovanardi (per esempio il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone, che in marzo ha posto pubblicamente “una domanda” alla quale, diceva, non era in grado di “dare una risposta”: “… una legalizzazione di una droga controllata, anche nelle modalità di vendita, non potrebbe avere effetti migliori rispetto allo spaccio che avviene alla luce del giorno nella totale e assoluta impunità e che riguarda amplissime fasce della popolazione giovane?…”). E ancora: il pm napoletano Henry John Woodcock ha scritto a Repubblica una lettera aperta sul tema “legalizzare la marijuana” e il procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti si è detto favorevole “a una disciplina che attribuisca ai Monopoli di stato, in via esclusiva la coltivazione, lavorazione e vendita della cannabis e dei suoi derivati”. Restava contrario invece Nicola Gratteri, capo della procura di Catanzaro, mentre alla svolta di pensiero di una parte della magistratura sul tema (lo stesso Cantone ha raccontato di essere stato, fino a poco tempo fa, non favorevole, perché non lo convincevano “gran parte degli argomenti”, che la legalizzazione “servisse cioè per sconfiggere la criminalità organizzata”) faceva eco, in Parlamento, il via libera alle firme di sostegno alla legge di iniziativa popolare promossa da Associazione Coscioni, Radicali italiani, Forum droghe e molte altre associazioni e singoli parlamentari di ogni polo per la regolamentazione legale della produzione, consumo e commercio della cannabis e suoi derivati.

 

Di fronte al riaccendersi del dibattito, che cosa dice chi è impegnato sul fronte “contrasto al traffico di sostanze stupefacenti” e “prevenzione” dell’uso di vecchie e nuove sostanze stupefacenti? Il tenente colonnello dei Carabinieri Andrea Zapparoli, che guida il nucleo operativo dei Nas a Roma e ha condotto in questi anni molti incontri nelle scuole per “un’informazione oggettiva sui rischi e gli eventuali effetti collaterali di uso e abuso di sostanze stupefacenti”, dice che “il problema, al di là di quello che si deciderà, viene prima e dopo l’eventuale legalizzazione: fermo restando che noi, come forze dell’ordine, dovremmo far rispettare qualsiasi legge, più o meno restrittiva, sembra che ci si sia dimenticati del vero dato da cui partire, un dato semplice, ovvio, ma relegato ormai ai margini del dibattito, nonostante i casi di cronaca drammatici: la sostanza stupefacente fa male. Lo si dice per l’alcol, lo si trova scritto sul pacchetto di sigarette, ma sulle droghe non lo si ripete mai abbastanza: la salute dei consumatori – che non commettono reato nell’uso e possono andare incontro soltanto a sanzioni amministrative – è fortemente a rischio. Salute fisica e psicologica, perché la sostanza stupefacente, classica o per così dire nuova, incide sul sistema nervoso centrale. Poi ci sono gli altri danni collaterali, magari connessi alla sanzione, danni che per un giovane che si affaccia sul mondo del lavoro possono essere invalidanti, a partire dalla sospensione della patente fino alla partecipazione a concorsi pubblici”. A favore della legalizzazione, tuttavia, c’è l’argomento “contrasto alla criminalità organizzata”. Dice Zapparoli che “l’eventuale legalizzazione riguarderebbe, come per altre sostanze, i maggiorenni”.

 

E l’idea di un residuo “mercato illegale” (per minorenni e consumatori in cerca di sostanze con principio attivo più alto di quello che verrebbe imposto a livello statale), è una delle obiezioni alla legalizzazione lanciate da parte di chi pensa anche che la criminalità organizzata troverebbe altre sacche d’azione. Chi lavora sul campo prevenzione, dice Zapparoli, “ha intanto un problema: le piazze tradizionali di spaccio sono cambiate. L’adolescente, per esempio, non va più a cercare lo spacciatore sulla piazza reale: lo cerca su quella virtuale”.

 

E’ anche sul web, dice Zapparoli, “che si alimenta il falso mito che la droga leggera non crei dipendenza. Come dimostra il triste caso di Chiavari, invece, una sola dose può uccidere o causare una grave reazione allergica. Da internet arriva spesso un messaggio di minimizzazione, come se la droga cosiddetta ‘leggera’ non fosse dannosa. Gli effetti sul sistema nervoso centrale, nel caso delle droghe leggere, sono più lievi ma più prolungati nel tempo, specie a livello di non reattività o ridotta reattività – una delle cause degli incidenti alla guida. Le nuove sostanze, poi, hanno gli stessi effetti di quelle tradizionali, ma con un’intensità maggiore e dose minore – uno dei motivi per cui si stanno diffondendo in modo allarmante presso i giovanissimi. Non solo: se si prolunga l’effetto di scarsa reattività dopo l’assunzione di una droga sintetica, il consumatore spesso passa all’uso di una droga dagli effetti euforizzanti come la cocaina. Per questo noi, a livello di prevenzione, nelle scuole, diciamo: attenzione. Dopo qualche tempo che si fa uso di una sostanza stupefacente, subentra l’assuefazione, e si può sentire la necessità di aumentare la dose, anche se si pensava di non essere dipendenti. O di coprire gli effetti di quella sostanza con un’altra sostanza. C’è poi il caso della cosiddetta ‘droga dello stupro’: incolore, inodore, insapore. Porta disinibizione e vuoti di memoria. Viene messa in cocktail e bevande e la vittima la assume spesso in modo inconsapevole. Quando si riprende non ricorda nulla. E c’è anche un altro aspetto, evidenziato proprio dal caso di Chiavari: mentre l’uso non è reato, anche soltanto la cessione di una singola dose sì”.

 

Nel tentativo di contrastare lo spaccio sulla piazza virtuale, dice Zapparoli, un reparto operativo dei Nas cerca di individuare dei canali di “arrivo e partenza” nel deep web, giù giù fino alla consegna. A volte si arriva ad individuare le sorgenti dello spaccio, a volte subentrano altre difficoltà. “Fino a circa un anno fa, per esempio, la droga cosiddetta ‘spice’, cannabis sintetica, non era stata catalogata come sostanza illegale. E questo ci limitava nell’azione nonostante fosse diffusissima tra gli adolescenti”. Dalla Relazione annuale sulle droghe del Dipartimento per le Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio, pubblicata il primo agosto, intanto, si calcola che il mercato degli stupefacenti sia quantificabile in 14 miliardi di euro. “Praticamente una manovrina”, è stato il commento dell’Associazione Luca Coscioni, promotrice della suddetta iniziativa di legge popolare per la legalizzazione. Zapparoli ripete che, qualsiasi sia l’esito del dibattito politico, “bisognerebbe ricordare quello che non si dice più e si dice invece di alcol e sigarette: l’utilizzo fa male”.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.