“Le intercettazioni pubblicate sui giornali – ha scritto sul Foglio Ilaria Capua – sono estratti di conversazioni, ascoltate e trascritte senza la minima certezza della obiettiva comprensione del lor

L'intercettazione secondo Woodcock

Luciano Capone

Non solo Consip. Tecniche spericolate di un metodo giudiziario

Roma. “Il mio amico e collega Piscitelli mi dice sempre che l’Italia si divide in due, tra quelli che ho intercettato e quelli che devo ancora intercettare”. È così, con spavalda e inquietante ironia, che un anno fa, durante un convegno a Sorrento, Henry John Woodcock ha indicato il suo modo di intendere le inchieste e gli strumenti d’indagine. È evidente che siamo di fronte a un ribaltamento di senso della funzione delle intercettazioni: da mezzo diventano un fine. Dovrebbero essere uno strumento per provare reati e non ci dovrebbero essere mai indagini costruite sulle base di reati che permettono di intercettare: ma davvero è sempre così? Per capire qualcosa di un metodo di lavoro che nel caso Consip ha portato alla diffusione delle conversazioni tra l’ex premier Matteo Renzi e suo padre Tiziano, è utile fare un passo indietro e guardare a un’altra recente inchiesta condotta da Woodcock, quella sulla Cpl Concordia, e in particolare il trattamento riservato al generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi. Partendo da una questione locale, la metanizzazione di Ischia, si finisce inspiegabilmente, ancora una volta, con la pubblicazione sullo stesso giornale di intercettazioni inutilizzabili di Matteo Renzi, in particolare quella in cui esprime giudizi poco piacevoli sull’allora premier Enrico Letta. Prima di capire come sono state pubblicate quelle conversazioni – si sa che qualcuno ha tolto gli omissis ma il Csm non è ancora riuscito, dopo due anni, a individuare il responsabile – bisognerebbe comprendere perché sono state captate. Perché il telefono di Adinolfi era sotto controllo? Cosa aveva combinato? Leggendo le carte dell’informativa, redatta per conto di Woodcock dal capitano del Noe Gianpaolo Scafarto, non si capisce.

 

 

Adinolfi viene intercettato per un errore di persona. Gli indagati della Cpl Concordia parlano di un generale a cui chiedere una bonifica dei propri uffici. Woodcock decide di far intercettare il generale delle Fiamme gialle perché citato nelle conversazioni, ma dopo pochi giorni si scopre che il generale in questione è un tale Lopez, che ha un’azienda nel settore, e fa una regolare bonifica da 3 mila euro. Storia finita? Macché.

 

A quel punto, scoperto l’errore di persona, bisognerebbe staccare le cuffie dal telefono di Adinolfi, che però è uno dei vertici della GdF, comandante in Toscana, e parla con i massimi funzionari dello stato e soprattutto con il sindaco di Firenze Renzi e il suo “giglio magico”. Ma come si fa a poter continuare a intercettare Adinolfi? Serve un reato grave che lo consenta, tipo la corruzione. E infatti il generale viene indagato perché “in concorso con Lopez e con un avvocato in corso di identificazione” avrebbe fornito informazioni per la bonifica “in cambio di una somma di danaro il cui ammontare preciso non risulta determinato”. Di certo l’unica cifra che gira sono questi 3 mila euro regolarmente fatturati dalla società di Lopez. Ma come fa Adinolfi ad essere coinvolto se queste persone non le ha mai viste né sentite né conosciute? È qui che entra in gioco il braccio operativo di Woodcock, Scafarto: secondo quanto scrive il capitano del Noe, un indagato avrebbe parlato con un altro dell’intenzione di contattare Adinolfi, “verosimilmente suggeritogli da qualcuno che è a conoscenza che si presta a tale tipologia di attività dietro remunerazione”. Un’impalcatura di ipotesi e supposizioni che si poggiano sulla verosimiglianza. E poi ci sarebbe questo Lopez, anche lui completamente innocente, che “potrebbe conoscere” Adinolfi.

 

 

Questa acrobazia investigativa non ha poi trovato alcun fondamento, mai è stato trovato un solo indizio o una prova che ne confermasse l’ipotesi di reato. Lo diranno gli stessi pm ad Adinolfi durante l’interrogatorio durato un minuto, prima di chiederne l’archiviazione. Ma la traballante impalcatura ha comunque consentito di intercettare e indagare Adinolfi per quasi un anno. Il reato non è stato trovato ma nel frattempo le intercettazioni, grazie alla tipologia di reato, sono state registrate e utilizzate. Così, poco dopo l’archiviazione di Adinolfi, le sue intercettazioni con Renzi – tra cui quella in cui il segretario del Pd parla in maniera non lusinghiera di Enrico Letta – finiscono su un giornale. Si chiude l’inchiesta penale e parte il processo mediatico, che provocherà tutti i suoi effetti devastanti sulle persone coinvolte.

 

Le analogie con la vicenda Consip sono molte. A parte le accuse di manipolazioni e di congetture di alcuni carabinieri del Noe messe in evidenza negli ultimi giorni dalla procura di Roma, c’è il fatto che quando il fascicolo su Tiziano Renzi passa a Roma il babbo dell’ex premier non può più essere intercettato, perché i pm capitolini non consentono di farlo per il reato di traffico di influenze illecite (intercettare per reati di questo tipo è una prassi straordinaria che non sembra essere giustificata dal tipo di indagine). Ma nonostante questo da Napoli forzano e si rimettono all’ascolto di Tiziano Renzi grazie a un reato che permette un uso massiccio delle intercettazioni come l’associazione a delinquere (di cui, a questo punto, è probabile che Tiziano sia indagato a Napoli). È grazie a questa fattispecie di reato che si possono registrare le telefonate, pubblicate pochi giorni dopo sempre sul Fatto, di Tiziano Renzi con il figlio e persino quelle con il suo avvocato. A proposito. In un altro convegno dell’anno scorso Woodcock aveva detto la sua anche sull’ascolto delle conversazioni tra indagato e avvocato: “Se dovessi dare un consiglio al povero disgraziato che telefona all’avvocato e dice ‘Posso parlare?’, risponderei: ‘È meglio che ce verimm’ a ‘o bar!’”.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali