Tiziano Renzi (foto LaPresse)

Consip si sgonfia

Annalisa Chirico

La procura di Roma contro il sistema Woodcock: l’intercettazione contro T. Renzi è stata manipolata

Roma. Woodcock, abbiamo un problema. Se un carabiniere, interrogato dal pm circa le modalità di conduzione delle indagini, si avvale della facoltà di non rispondere, si pone un problema. Se poi il carabiniere è capitano dello stesso Noe al quale la procura di Roma ha sottratto la delega delle indagini a causa delle clamorose fughe di notizie, il problema diventa enorme. Se poi il carabiniere si chiama Gianpaolo Scarfato, stretto collaboratore del pm Henry John Woodcock in numerose imprese, da Finmeccanica alla P4 passando per la metanizzazione di Ischia, il caso si complica assai. Intorno alle ore 14 di lunedì, negli uffici di piazzale Clodio, il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi hanno convocato l’ufficiale Scarfato per ottenere chiarimenti su alcune gravi incongruenze emerse a seguito di un approfondito riesame di tutte le carte d’indagine trasmesse dalla procura di Napoli a quella capitolina sul caso Consip. Dopo aver ritirato la delega delle indagini al Noe, i pm romani non si sono limitati a una sbrigativa rilettura degli atti ma hanno voluto riascoltare la mole di intercettazioni telefoniche e ambientali raccolte, una scelta che descrive di per sé il clima di fiducia verso l’operato dei colleghi.

 

Dall’accurata attività di controllo sono venute fuori almeno due manovre manipolatorie che Scarfato avrebbe potuto chiarire, e sulle quali invece ha preferito non rispondere. In primo luogo, esiste un’intercettazione ambientale captata negli uffici della Romeo Gestioni e agitata dagli accusatori partenopei come prova regina del coinvolgimento criminoso di Tiziano Renzi. Per il Noe a parlare sarebbe l’imprenditore Alfredo Romeo, per i pm capitolini la voce appartiene inequivocabilmente all’ex parlamentare e collaboratore di Romeo, Italo Bocchino. Nessuna prova dunque di un fantomatico incontro tra Romeo e Tiziano Renzi, a parlare è Bocchino che precisa di non aver mai conosciuto il padre dell’ex premier e aggiunge: “La frase su ‘l’ultima volta che ho visto Renzi’, che sarebbe stata pronunciata da me ed attribuita ad Alfredo Romeo, si riferiva presumibilmente all’ex presidente del Consiglio e a valutazioni politiche del tutto estranee ai fatti dell’inchiesta’. Insomma, la dichiarazione verbale che avrebbe dovuto incastrare Tiziano Renzi nel ruolo di ‘trafficante di influenze illecite’ sarebbe stata confezionata ad arte. La seconda manipolazione a opera del Noe riguarderebbe le presunte interferenze di non meglio precisati appartenenti ai Servizi segreti, colpevoli di aver pedinato i carabinieri del Noe durante la loro attività di indagine a carico di Romeo. A seguito degli approfondimenti della procura guidata da Giuseppe Pignatone, pure tale circostanza, utile ad allungare l’ombra del sospetto su Palazzo Chigi, risulterebbe falsa, destituita di ogni fondamento.

 

Attualmente Scarfato risulta indagato per falso aggravato e, al netto del tentativo di minimizzare ad opera del suo avvocato (il silenzio? “scelta di natura puramente processuale”), resta il fatto clamoroso di un ufficiale che davanti a un pm si sottrae alla richiesta di chiarimenti su indagini da lui condotte. Il che non aiuta a chiarire i molti punti oscuri sullo sfondo di un caso ipermediatico dagli effetti politici destabilizzanti e dagli esiti giudiziari assai incerti. C’è un corpo dei carabinieri specializzato in reati ambientali che con il pm Woodcock, negli anni, indaga ripetutamente per fatti di corruzione e vipgate. C’è un eccellente colonnello, Sergio de Caprio, nome in codice Ultimo, che è capo operativo del Noe fino all’agosto 2015 quando viene di fatto demansionato dal comandante generale Tullio Del Sette che, coincidenza, risulta indagato nella medesima inchiesta per rivelazione del segreto istruttorio. I bene informati, come si dice, parlano di un regolamento di conti tutto interno all’Arma. Chissà. Quel che è certo è che l’inchiesta nata a Napoli attorno ad appalti sospetti dell’ospedale Cardarelli sarebbe rimasta confinata all’angusta cronaca locale se, grazie alla preziosissima attività d’indagine del Noe (tié), Woodcock non avesse appuntato lo sguardo su Roma. In particolare, sul padre dell’allora premier e sul ministro simbolo del renzismo, Luca Lotti. Quando si dice il caso.

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