giro di tavole

Il Piancavallo e l'esplosione del Giro d'Italia 2020

Giovanni Battistuzzi

La polenta è un gusto gregario che si mette al servizio degli altri. "È un’esplosione continua. Vederla cuocere è una scoperta". Come il primo arrivo alpino della corsa rosa: La Sunweb di Kelderman ha scoperto i limiti di tanti, Joao Almeida si è difeso, Geoghegan Hart ha vinto,

Rigo Toccol a cucinare ha iniziato in Piancavallo. Garzone di cucina, all’epoca si diceva così, primo impiego. Promozione ad addetto alla verdura, “quasi solo verze”. Poi apprendista alla polenta e poi polentista capo. Da allora non ha più smesso. Ha girato le più rinomate località montane d’Europa, poi è arrivato a Londra prima di conquistare New York. “Da me sono venuti a mangiare in tanti. Da Mick Jagger a David Bowie, da Obama a Clooney. Tutti a mangiare polenta, quella che ho imparato a fare a casa mia, in Piancavallo”.

 

Tutto semplice: acqua, un po’ di sale, farina, “due terzi gialla di mais, un terzo di grano saraceno e un extra”. Quale? "Non lo dirò nemmeno sotto tortura”.

  

La polenta è qualcosa che accompagna, che non prende si prende mai la scena eppure senza la quale “nulla avrebbe lo stesso sapore, è il collante dei gusti”. La polenta è un gusto gregario che si mette al servizio degli altri, “non primeggia, accompagna”, come Martijn Tusveld, Sam Oomen, Chris Hamilton, soprattutto Jai Hindley che oggi verso Piancavallo, quindicesima tappa del Giro d'Italia, hanno aperto la strada, spaccato il gruppo, riscritto gerarchie. Dovevano essere rampa di lancio per Wilko Kelderman, ma nessun lancio c’è stato, Dopo il volo delle Frecce Tricolori sopra la testa dei corridori alla partenza dalla base di Rivolto, nessuno ha voluto mettersi in competizione. Kelderman si è limitato a contare le assenze al suo fianco. Con lui e dietro a Hindley, ora nuova maglia bianca, era rimasto solo Tao Geoghegan Hart.

  

  

“La polenta è un’esplosione continua. Vederla cuocere è una scoperta: tutto si scompone per ricomporsi”. Come il gruppo del Giro, dimezzato ad Aviano, sempre meno affollato alle prime rampe, completamente smembrato poco più avanti. Domenico Pozzovivo, Jakob Fuglsang, Pello Bilbao, Vincenzo Nibali, uno dopo l’altro hanno mollato le ruote dei tre. L’ultimo a farlo sono stati Rafal Majka e Joao Almeida. Il polacco ha provato a rimanere in scia, non ha retto. La maglia rosa pure, per un po’ ce l’ha fatta e ce l’ha fatta bene, poi, nel tratto meno duro quindi quello più veloce ha iniziato a perdere più terreno. Non abbastanza però per perdere la maglia. Almeida ha pedalato negli ultimi cinque chilometri dietro una maschera di linguacce, sbuffi, espressioni di resa. Non si è arreso, ha fatto capire che forse in salita c’è chi va più forte, ma per tigna e voglia di non arrendersi c’è poco o forse niente di meglio.

 

Per quindici secondi l’attacco alla maglia rosa di Kelderman è fallito. Quindici secondi che Almeida non ha concesso, ha voluto trattenere a sé come un tesoro preziosissimo. Perché certe cose non possono non difenderle con tutte le forze e la cattiveria possibile. “Una volta subì una rapina a Londra. Il rapinatore volevano anche una moneta d’oro che era incorniciata dietro la cassa. Non era oro, forse non valeva niente, ma era il premio della prima coppa della polenta che si teneva a Udine. Gli diedi tutto ma non quello. Quando provò a prenderla lo stesi con un pugno”, conclude Rigo Toccol. 

 

Kelderman ha preso a pugni tutti, ne ha stesi in molti. Qualcuno è rimasto in piedi  

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