Al Giro d'Italia 2020 i velocisti non sono i benvenuti. Piccola guida

Giovanni Battistuzzi

Le tappe, i partecipanti, i favoriti e le possibili sorprese. Di terreno per rendere la corsa incerta e spettacolare ce n’è parecchio: saranno 58.309 metri di dislivello (positivi) complessivi. Serve buona volontà, un po’ di sadismo, soprattutto incuranza del futuro

Verrebbe da chiedere a Giovanni Lonardi, Peter Sagan, Elia Viviani, Álvaro José Hodeg, Arnaud Démare, Davide Cimolai, Michael Matthews e Fernando Gaviria cosa diamine ci sono venuti a fare al Giro d’Italia 2020. E verrebbe da chiederglielo perché è evidente che questa edizione della corsa rosa i velocisti non li ha nemmeno presi in considerazione. Tre tappe facili – a Brindisi, settima tappa, Rimini, undicesima, e Asti, diciannovesima –, una per molti ma non per tutti – Matera, sesta tappa –, due insidiose con più di uno strappo nel finale – Vieste, ottava, e Monselice, tredicesima –, una con una lunga salita in mezzo nella quale toccherà stringere i denti per non staccarsi – Villafranca, quarta. Meglio per Sagan e Matthews, gente di fondo e da classiche, bene per Cimolai che ad andare a naso all’insù non ha paura. Per tutti gli altri saranno problemi. 

 

Non doveva essere così. Gli organizzatori avevano piazzato due frazioni facili facili, un festival per ruote veloci in terra d’Ungheria. Poi è arrivato il coronavirus e ha infettato le velleità dei velocisti. Il popolo del ciclismo reclama spettacolo ed è evidente che quello caotico delle volate non è preso davvero in considerazione. Poco importa se gli sprint sono un compendio di equilibrismo e lucida incoscienza. 

 

Di terreno per rendere la corsa incerta e spettacolare ce n’è parecchio: saranno 58.309 metri di dislivello (positivi) complessivi. Serve buona volontà, un po’ di sadismo, soprattutto incuranza del futuro. “La terza settimana sarà sicuramente la più difficile, non ho mai visto una terza settimana di corsa così impegnativa”, ha ben detto Steven Kruijswijk. Ci sono Passo dello Stelvio e Colle dell’Agnello. In altri due casi si supereranno i duemila metri – Col d’Izoard e Sestriere. 

 

Tutte le tappe del Giro d'Italia 2020

 

 

I PROTAGONISTI 

Steven Kruijswijk alla terza settimana spera di arrivarci ancora in maglia rosa, magari evitando che finisca come l’ultima volta. Era il 2016 e l’olandese quel Giro era convinto di poterlo vincere. Verso la cima del Colle dell’Agnello aveva retto alle accelerazioni di Vincenzo Nibali, ma era un po’ cotto, lo ammise lui stesso. In discesa si mise a ruota dello Squalo, ma ci durò poco in scia. Si schiantò contro la neve a bordo strada e addio gradino più alto del podio. 

 

  

Anche Geraint Thomas alla terza settimana spera di arrivarci in rosa. O quantomeno di conquistare la rosa alla terza settimana. C’ha un po’ di brutti pensieri da levarsi il gallese. Quelli recenti dell’esclusione dal Team Ineos al Tour de France. Quelli meno recenti di un Giro che era venuto per vincere, era il 2017, ma che ha dovuto abbandonare alla tredicesima tappa dopo che tutto si era messo già malissimo verso la cima del Blockhaus. 

 

E pure Simon Yates c’ha qualche brutto pensiero da togliersi dalla testa. Un po’ se li è levati di dosso all’ultima Vuelta, dove vincendo si è convinto di poter vincere anche in Italia. Un po’ proverà a lasciarli per strada lungo le tappe del Giro. Quello che poteva vincere nel 2018. Poi arrivarono le energie in riserva e Chris Froome che delegittimò con 90 chilometri di fuga tra il Colle delle Finestre e il Monte Jafferau chi lo considerava inabile a vincere nel nostro paese. 

  

  

Vincenzo Nibali di incubi non ne ha invece. Solo una voglia matta di dimostrare che la pensione è distante da dover essere chiesta. O almeno non così immediata come qualcuno vuole pensare e forse sperare. Lo Squalo a quasi 36 anni parte dalla Sicilia con la volontà di inventarsi qualcosa. Ha le lunghe salite e la tempra di chi non si arrende dalla sua. 

 

Jakob Fuglsang ha un anno in meno di Nibali e qualche grande giro corso da protagonista in meno. Il danese è dall’anno scorso che ha capito di essere più di un comprimario, di avere gambe e testa per poter puntare a ciò che più gli garba: essere il migliore. Dalla sua ha la squadra più forte in salita, l’Astana. Miguel Angel Lopez, Oscar Rodriguez, Rodrigo Contreras e Alexsandr Vlasov è gente tosta, di quella che staccare è cosa difficile. Talmente difficile che potrebbe essere paradossalmente un problema. Perché Vlasov va forte, fortissimo, in salita, a cronometro sa difendersi e il ciclismo per lui è soprattutto divertimento. Solo che ha scoperto che a vincere si diverte di più che a finir dietro.

 

Il russo ha nella testa la maglia bianca, quella dei giovani, ma ne arrivasse anche un’altra non la rifiuterebbe. Ambizioni a parte, Vlasov dovrà stare attento a Joao Almeida, James Knox e Sam Oomen. Il portoghese al Giro dell’Emilia ha dimostrato di andare forte su ogni terreno e dicono dalla Deceunick che l’unica cosa che non conosce di sé stesso è il suo limite massimo. L’asticella in ogni caso è molto alta. L’inglese vestirà la sua stessa maglia, proverà a fare il capitano, ma molto probabilmente assieme tenteranno di creare scompiglio. L’olandese invece è quello che tra tutti ha più esperienza. Ha provato a imparare da Tom Dumoulin come si corre nelle tre settimane, qualcosa ha imparato. Il suo talento è puro, ma ancora grezzo, impastato da una certa paura di fallire. Chi paura non ne ha è invece Einer Rubio. Il colombiano della Movistar è al primo anno tra i pro, al primo giro e sinora ha fatto poco e niente. Ma sui pedali ci sa andare e in salita scattare come pochi.  

  

TUTTI I PARTECIPANTI AL GIRO D’ITALIA 2020 

 

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