Angela Merkel con Paolo Gentiloni (foto LaPresse)

L'Italia non lasci sola la Germania

Matteo Scotto

L'Italia dovrebbe impegnarsi per costruire una piattaforma politica di dialogo solida e duratura con la Germania. 

Che Macron sia l’uomo del momento in Europa, non v’è ombra di dubbio. Il Presidente francese pare essere l’unico leader in grado di dare una spinta propulsiva al processo d’integrazione europea. Prima del 24 settembre erano in molti a credere che l’avrebbe fatto insieme alla Cancelliera Angela Merkel, forte di un risultato elettorale che avrebbe dovuto consolidare il suo quarto mandato. Così non è stato. Le elezioni tedesche hanno visto Merkel indebolita e la Cancelliera si trova ora in quello che è probabilmente il momento più difficile della sua carriera, al contempo anche uno dei più delicati della storia politica tedesca dal dopoguerra in avanti. C’è la destra radicale di AfD (Alternative für Deutschland) per la prima volta in parlamento, ci sono i nuovi liberali  della FDP di Christian Lindner — meno moderati, meno europeisti e meno collaborativi di un tempo — c’è la SPD (Partito Socialdemocratico) e la crisi delle socialdemocrazie europee, ci sono i dissidi interni alla CDU (Unione Cristiano-Democratica) e CSU (Unione Cristiano-Sociale) dovuti al cambio generazionale. Come tutti quelli che masticano un po’ di Germania sanno, la cultura tedesca, a differenza di quella mediterranea, male sopporta l’instabilità, soprattutto per ciò che riguarda il governo centrale di Berlino. Il tentativo di costruire una coalizione “Giamaica” (CDU, Verdi, FDP) è fallito e il candidato della SPD Martin Schulz, a differenza di molti compagni di partito, continua a negare ogni apertura a un’altra grossa coalizione, che darebbe a suo avviso il colpo di grazia alla SPD. L’opzione di un governo di minoranza con appoggio esterno della SPD sarebbe una dinamica poco comune in Germania e non garantirebbe per giunta la durata dell’intera legislatura. Per tali motivi, non viene in ultimo esclusa l’ipotesi di andare a nuove elezioni, con il rischio di un rafforzamento delle forte populiste. Questo è a grandi linee il quadro politico in Germania, che da un po’ di tempo si era finalmente decisa a esercitare quella leadership in Europa per la quale troppo a lungo si è mostrata riluttante. Il Presidente Macron, grazie ai suoi buoni rapporti con la Cancelliera Merkel, ha contribuito ad alleggerire tale onere, riproponendo alla Germania il sostegno francese, da sempre necessario all’unità europea. Qui entra in gioco l’Italia, che non è la Francia né la Germania in termini di potenza, ma che gioca un ruolo decisivo nel processo d’integrazione europea, con la sua indispensabile funzione di bilanciamento dell’asse franco-tedesco. L’Italia è per tradizione, storia e cultura molto vicina a entrambi i paesi e per questo non ha mai avuto grosse difficoltà a relazionarsi all’occorrenza con l’uno e con l’altro interlocutore, muovendosi tra le righe dell’intricata maglia del dialogo europeo. Eppure al momento, su un piano politico, pare esserci un’esclusiva affinità con il versante francese, grazie soprattutto al magnetismo di Emmanuel Macron e all’energia positiva che quest’ultimo è riuscito a innescare a livello europeo. Tuttavia, ciò non dovrebbe indurre i leader politici italiani a lasciarsi prendere, come da buona tradizione italica, dall’innamoramento facile, non coltivando un dialogo politico solido e duraturo con la Germania, da cui l’integrazione europea non può e non potrà mai prescindere. Basti pensare allo storico asse politico tra la CDU e la Democrazia Cristiana, che ha costituito nel dopoguerra una piattaforma di confronto essenziale per la riabilitazione della Germania nell’Europa occidentale, oppure ai rapporti di amicizia che legavano il PCI e la SPD di Willy Brandt prima e di Helmut Schmidt poi. Sul piano istituzionale, a partire dalle negoziazioni per i Trattati di Roma del ’57, non sono mai mancante le iniziative congiunte italo-tedesche, che sono state la base per molti passaggi costitutivi dell’Unione europea che conosciamo oggi. Un esempio è il piano Genscher-Colombo promosso dai rispettivi Ministri degli Esteri nel novembre del 1981, grazie al quale si arrivò in pochi anni all’Atto unico europeo e alla costruzione del mercato interno in Europa. Attualmente, per i leader politici italiani, pare esserci poco spazio di confronto con i partner tedeschi, che garantirebbe forse meno visibilità, ma che sarebbe auspicabile nella fase di profondo cambiamento dell’Ue in cui ci troviamo. La Germania vive un momento di grande difficoltà e per questo non andrebbe lasciata sola nelle sue incertezze politiche. Sarebbe difatti opportuno dedicare maggiore attenzione al rapporto italo-tedesco, costruendo nuove piattaforme di dialogo a livello politico, specialmente nei confronti di quei partiti che non mostrano il fianco a tendenze populistiche e che sono pronti, una volta fatto il governo, a riprendere il delicato lavoro per il rilancio del processo d’integrazione europea. L’Italia, per esperienza, sa molto bene come navigare in acque turbolente e adottando un atteggiamento propositivo verso la Germania dimostrerebbe, una volta tanto, di sapere anche lei come tenere ben saldo il timone.