La Francia rinuncia al Recovery fund bis

Fonti di Bercy hanno fatto sapere che la priorità è un'altra: “vanno effettivamente spesi e mobilitati i fondi che sono previsti” dall'attuale Recovery fund

David Carretta

Né all'Eurogruppo, né dentro la Commissione europea c'è appetito per aprire il cantiere di un Recovery fund bis, dopo il faticoso negoziato per portare a casa l'accordo sui 750 miliardi di euro di debito comune lo scorso anno.

La determinazione della Francia di aumentare le risorse dell'Unione europea per la ripresa post Covid, rimpolpando Next Generation Eu (NGEU) o adottando un Recovery fund bis, è fortemente esagerata. All'ultimo Consiglio europeo di marzo, Emmanuel Macron aveva parlato della necessità di aumentare gli stimoli dell'Ue per far fronte alla crisi e non restare indietro rispetto al pacchetto da 1,9 trilioni di dollari dell'Amministrazione di Joe Biden. Quale migliore occasione di una riunione di Eurogruppo e Ecofin per spingere in questa direzione? Oggi i ministri delle Finanze della zona euro e dell'Ue si vedranno in teleconferenza. Ma fonti di Bercy (il ministero delle Finanze francese) hanno fatto sapere che la priorità è un'altra: “vanno effettivamente spesi e mobilitati i fondi che sono previsti” dall'attuale Recovery fund. “Si può avere una discussione sulla taglia finanziaria di Next Generation EU, non è proibito, tuttavia adesso è centrale metterlo in opera prima di pensare a un rilancio”, hanno spiegato le fonti di Bercy.

Né all'Eurogruppo, né dentro la Commissione europea c'è appetito per aprire il cantiere di un Recovery fund bis, dopo il faticoso negoziato per portare a casa l'accordo sui 750 miliardi di euro di debito comune lo scorso anno. “Next Generation Eu è una tantum”, ci ha spiegato una fonte dell'Eurogruppo in vista della riunione di oggi: “La cosa più importante attualmente è concentrarsi nell'usarlo il più presto possibile, il che significa preparare i piani nazionali di resilienza e ripresa in modo rapido e ambizioso e anche procedere il più rapidamente possibile con la ratifica della decisione sulle risorse proprie che è cruciale per il finanziamento di NGEU”. La ratifica della decisione sulle risorse proprie è essenziale alla Commissione per andare sui mercati e indebitarsi per finanziare il Recovery fund. Solo 17 paesi l'hanno approvata. In Germania la ratifica è stata bloccata dalla Corte costituzionale di Karlsruhe. In Polonia è paralizzata dalle divisioni interne alla coalizione di governo. “Aprire discussioni su possibili aggiustamenti delle dimensioni del Recovery fund non è utile”, ha spiegato la fonte dell'Eurogruppo. Il commissario al Bilancio, Johannes Hahn, è sulla stessa linea. “Concentriamoci sull'implementazione di quanto approvato finora”, ha detto Hahn.

Dalle informazioni che abbiamo raccolto, il Recovery fund potrebbe subire un ritardo ulteriore a causa della Corte costituzionale tedesca. Berlino ha rassicurato Bruxelles, sostenendo che non c'è troppo da preoccuparsi per la ratifica, perché non è la prima volta che Karlsruhe prende in ostaggio uno strumento finanziario dell'Ue o della zona euro, salvo liberarlo pochi mesi dopo. La questione è quanto rallenterà il processo per far entrare in funzione il Recovery fund. Berlino ha detto che Karlsruhe non dovrebbe metterci troppo tempo a prendere una decisione. Probabilmente sarà in estate. L'auspicio tedesco è prima della pausa estiva. Il che però significa dopo il 30 di giugno, data entro cui gli altri stati membri e la Commissione vorrebbero concludere il processo di ratifica della decisione sulle risorse proprie per iniziare a emettere debito in luglio. Gli stanziamenti del Recovery fund slittano ad agosto o settembre? Nel frattempo i Paesi Bassi, che hanno approvato la decisione sulle risorse proprie solo alla Camera, potrebbero aspettare la decisione di Karlsruhe per portare a termine il processo di ratifica.

All'Eurogruppo c'è comunque un tema importante di cui discutere: l'Edis, cioè lo schema di garanzia europea dei depositi, e il completamento dell'unione bancaria. Il tema è reso ancor più importante dalla crisi del Covid-19, che avrà un impatto significativo sui bilanci delle banche a causa di un'impennata dei crediti deteriorati. Ci sarà un rapporto sullo stato di avanzamento dei lavoro sull'Edis e gli altri elementi del completamento dell'unione bancaria. Ma la Germania non vuole concentrarsi solo sull'Edis. Il ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, vuole vedere progressi anche su riduzione dei rischi e trattamento regolatorio dell'esposizione al debito sovrano. La nostra fonte all'Eurogruppo ci ha spiegato che i ministri delle Finanze non prenderanno decisioni sull'Edis e sull'unione bancaria. “Sulla sostanza ci sono ancora visioni diverse”. L'appuntamento importante sarà a giugno “non per un accordo finale sulla sostanza del completamento dell'unione bancaria”, ma per avere “un piano di lavoro che fornisca le linee guida per i negoziati e che impegni gli stati membri a principi chiave e a un calendario per completare i vari elementi dell'unione bancaria”. In ogni caso “resta molto lavoro da fare prima di giugno”.

Nel pomeriggio di oggi poi saranno i ministri delle Finanze di tutta l'Ue a vedersi in un Ecofin in videoconferenza. Il punto in agenda più interessante riguarda sempre il Recovery fund e lo stato di avanzamento dei programmi nazionali di ripresa e resilienza. Una fonte dell'Ecofin ci ha spiegato che Portogallo, Spagna, Grecia e Francia sono “in pole position sulla linea di partenza”. Sul Foglio Micol Flammini spiega che il premier greco, Kyriakos Mitsotakis, vuole fare del piano di riforme una grande occasione per sé e per il paese. All'Ecofin alcuni ministri chiederanno alla Commissione di accorciare i tempi di approvazione dei piani nazionali. Dopo tutto il lavoro preparatorio sulle bozze, “sarebbe difficile per la Commissione spiegare perché ci vuole ancora tempo”, ha detto la fonte dell'Ecofin. Due stati membri comunque non rispetteranno la scadenza del 30 aprile per la presentazione dei piani nazionali: i Paesi Bassi, dove sono in corso i negoziati per la formazione del nuovo governo, e la Finlandia, che ha già annunciato pubblicamente che non è in grado di rientrare nella deadline.

Buongiorno! Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di venerdì 16 aprile, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.

La scandalo della lettera all'Ucraina che mina von der Leyen - Dopo il “Sofa gate”, Ursula von der Leyen è rimasta coinvolta in un nuovo scandalo che rischia di avere implicazioni molto più gravi per la credibilità politica della presidente della Commissione rispetto alla mancata sedia di Ankara. Il 7 aprile von der Leyen ha fatto rispondere al suo capo-gabinetto, Björn Seibert, a una lettera del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, alle celebrazioni del trentesimo anniversario dell'indipendenza dell'Ucraina il 24 agosto. "Purtroppo la presidente non è in grado di dare una risposta positiva al suo invito", ha scritto Seibert nella lettera di risposta, che ha firmato di suo pugno. Il protocollo, a cui la Commissione si è richiamata durante tutto il “Sofa gate” per reclamare la sedia di von der Leyen, prevede che sia un presidente a rispondere a un presidente. La firma di un capo-gabinetto è di per sé una gaffe diplomatica grave. Ma, come spieghiamo sul Foglio, ancor più grave è il messaggio politico che si può leggere nel rifiuto di partecipare alle celebrazioni dell'indipendenza dell'Ucraina nel momento in cui la Russia di Vladimir Putin sta ammassando le sue truppe al confine.

Michel prende il posto di von der Leyen sull'Ucraina - Mentre i portavoce di von der Leyen rispondevano alle domanda dei giornalisti sulla lettera di Seibert, ieri è stato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, a prendere il telefono in mano per chiamare Zelensky. Michel era stato additato come il grande colpevole del “Sofa gate” ed è stato costretto a scusarsi con von der Leyen. Oggi ha espresso “profonda preoccupazione per il rafforzamento militare russo alle frontiere dell'Ucraina. L'Ue è ferma e unita nel suo inequivocabile sostegno alla sovranità e integrità territoriale dell'Ucraina”, ha detto Michel, che ha accettato l'invito ad andare a Kiev in agosto.

Von der Leyen si è vaccinata con BioNTech-Pfizer - Quello di BioNTech-Pfizer è sicuramente il vaccino preferito da von der Leyen, dopo che ieri ha definito le due società farmaceutiche come “un partner affidabile” che “risponde alle nostre necessità”. Mentre Angela Merkel oggi si farà somministrare AstraZeneca, alla presidente della Commissione ieri è stato inoculato BioNTech-Pfizer. Foto con mascherina blu e bandiera a dodici stelle con un medico che inserisce la siringa nel braccio, poi un'altra foto cerotto blu a dodici stelle: “Dopo aver superato i 100 milioni di vaccinazioni nell'Ue, sono molto felice di aver ricevuto la mia prima dose del vaccino contro il Covid-19”, ha scritto von der Leyen su Twitter. “Le vaccinazioni accelereranno ulteriormente, così come le consegne stanno accelerando nell'Ue. Più rapidamente ci vacciniamo, prima potremo controllare la pandemia”, ha detto von der Leyen.

La corsa per le dosi AstraZeneca della Danimarca - La decisione della Danimarca di interrompere definitivamente le somministrazioni del vaccino AstraZeneca ha spinto diversi stati membri a lanciarsi nella corsa per accaparrarsi le dosi già acquistate dal governo di Copenaghen attraverso il contratto dell'Ue. Il ministro della Sanità lettone, Daniels Pavļuts, ha scritto su Twitter che il suo governo contatterà quello olandese per chiedere di ottenere le sue dosi. La stessa cosa ha fatto il ministro dell'Interno ceco, Jan Hamáček, per annunciare l'interesse del suo paese nel ricomprare “tutti i vaccini AstraZeneca della Danimarca”. Anche la Lituania ha detto di essere “pronta a prendere tutte le dosi AstraZeneca che la Danimarca è disposta a condividere”.

La Corte costituzionale del PiS contro l'Ombudsman in Polonia - La Corte costituzionale in Polonia ha ordinato la  rimozione del mediatore civico (Ombudsman) Adam Bodnar, considerato un critico del governo nazionalista guidato dal PiS e un punto di riferimento a Varsavia per la difesa dei valori liberali. Il mandato di Bodnar scade a settembre, ma il Parlamento non è in grado di mettersi d'accordo su un sostituto. La Camera e il Senato sono controllate rispettivamente da maggioranza e opposizione. Secondo la Corte costituzionale, la cui indipendenza è contestata dall'Ue, la legge che prevede che l'ombudsman in carica rimanga fino a quando il Parlamento non trova un successore, è incostituzionale.

La Commissione contro la Corte costituzionale dell'Ombudsman polacco - Solo pochi giorni fa Bodnar aveva ottenuto da un tribunale il blocco della decisione dell'autorità della concorrenza di approvare l'acquisto del gruppo mediatico Polska Press da parte del gigante petrolifero controllato dal governo, Orlen. "Stiamo seguendo da vicino e con preoccupazione gli sviluppi legati all'Ombudsman polacco", ha detto la vicepresidente della Commissione, Vera Jourova: "E' di grande importanza assicurare che questa istituzione, che difende i diritti dei cittadini e gioca un ruolo importante per far rispettare lo stato di diritto, rimanga indipendente".

L'Avvocato della Corte Ue contro la nuova Corte suprema polacca - In un ricorso presentato da un ex membro del Consiglio nazionale della magistratura in Polonia, l'Avvocato generale della Corte dell'Ue, Evgeni Tanchev, ritiene che le due sezioni della nuova Corte suprema potrebbero non soddisfare i requisiti prescritti dal diritto dell’Unione perché i suoi giudici sono stati nominati in palese violazione delle leggi nazionali applicabili alle nomine all'incarico di giudice in detto organo giurisdizionale. Secondo l'Avvocato generale, il cui parere non è vincolante per la Corte, una sezione di un organo giurisdizionale non costituisce un organo indipendente e imparziale ai sensi del diritto dell'Ue quando le condizioni oggettive in cui è stato creato, le sue caratteristiche nonché le modalità di nomina dei suoi membri sono tali da far sorgere legittimi dubbi, nei singoli, sull’impermeabilità di tale sezione rispetto a elementi esterni e in particolare influenze dirette o indirette dei poteri legislativo ed esecutivo.

La Corte Ue contro la pesca elettrica - La Corte di giustizia dell'Ue ieri ha respinto un ricorso presentato dai Paesi Bassi contro il divieto della pesca con imbarcazioni che impiegano l’impulso elettrico, introdotto dalla legislazione europea negli scorsi anni. Secondo i giudici di Lussemburgo, il legislatore dell’Ue dispone di un ampio potere discrezionale nel settore della pesca e non è obbligato a fondare la sua scelta legislativa unicamente su pareri tecnici e scientifici.

La Corte Ue a favore del taglio degli incentivi italiani al fotovoltaico - La Corte di giustizia dell'Ue ha anche pubblicato una sentenza nella quale afferma che la normativa italiana del 2014 che ha ridotto gli incentivi per gli impianti fotovoltaici non viola il diritto dell'Ue. Secondo i giudici di Lussemburgo, in base alla direttiva sulle rinnovabili, gli stati membri hanno la facoltà, ma non l'obbligo, di adottare degli incentivi per il fotovoltaico. Pertanto, la direttiva non si oppone alla modifica in senso peggiorativo di un regime di incentivi precedentemente introdotto. La Corte ha sottolineato che, nelle convenzioni stipulate con i gestori di impianti fotovoltaici, il Gestore dei servizi energetici si era riservato espressamente la facoltà di modificare unilateralmente il contenuto per poter tener conto dell'evoluzione del quadro normativo.

Primo voto di ratifica dell'accordo post Brexit - Le commissioni Affari esteri e Commercio internazionale del Parlamento europeo hanno votato massicciamente a favore dell'accordo sulle relazioni future tra Ue e Regno Unito, aprendo la strada a una ratifica da parte della plenaria prima che scada l'applicazione provvisoria dell'intesa di libero scambio a fine aprile. Il voto sul trattato è stato quasi unanime: 108 a favore, 1 contro e 4 astensioni. La Conferenza dei presidenti del Parlamento tuttavia non ha ancora calendarizzato il voto in plenaria per fare pressioni sul rispetto del Protocollo irlandese. L'ostruzionismo dei leader del Parlamento europeo è considerato controproducente da parte dei governi dei 27, perché potrebbe offrire una scusa al governo di Boris Johnson per forzare la mano nelle trattative sul Protocollo irlandese. Ieri sera il tema era la principale portata prevista nel menù di una cena tra il vicepresidente della Commissione, Maros Sefcovic, e il ministro britannico per la Brexit, David Frost.

Accade oggi in Europa

- Eurogruppo

- Ecofin

- Consiglio: riunione del Coreper

- Eurostat: inflazione a marzo; dati sul commercio internazionale a marzo; dati sulla generazione di elettricità da rinnovabili; eccesso di mortalità fino a febbraio 2021

Di più su questi argomenti: