Trump accoglie Netanyahu a Mar-a-Lago
Dall’Iran alla pressione contro Hamas, i due leader sono allineati. I problemi sulla fase due nella Striscia di Gaza
“Conoscete quest’uomo?”, ha domandato ai giornalisti il presidente americano, Donald Trump, mentre accoglieva il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, sulle stesse scale sulle quali, esattamente ventiquattro ore prima, aveva ricevuto il capo di stato ucraino, Volodymyr Zelensky. Con Zelensky i toni erano stati cordiali ma meno amichevoli, ieri invece Trump ci teneva a esporre l’arrivo di Netanyahu come simbolo di una delle guerre che è riuscito a risolvere. Netanyahu è arrivato forte delle immagini delle proteste in Iran, scoppiate per le difficili condizioni economiche, e con l’opportunità di spostare la conversazione con il presidente americano dalla seconda fase nella Striscia di Gaza alle misure contro la Repubblica islamica. Trump ha detto che se il regime iraniano non farà un accordo sul nucleare, allora gli Stati Uniti sosterranno un’azione israeliana per ridurre le capacità missilistiche della Repubblica islamica.
Al presidente americano interessa avviare il prima possibile la fase due a Gaza, ma non ha fretta di allontanare Israele dalla Striscia: al momento Tsahal è l’unico in grado di colpire Hamas, ha continuato gli attacchi contro i suoi capi e cerca di rallentare la presa del potere che i terroristi stanno irrobustendo dentro alla parte della Striscia rimasta nelle loro mani. Nessuno, oltre a Israele, è pronto a imporsi contro Hamas, che rifiuta il disarmo.
La fase due non può essere rimandata per sempre, Trump però ha detto che non potrà iniziare senza il disarmo del gruppo terroristico: è la prima volta che il presidente americano accoglie le obiezioni israeliane per le quali iniziare la ricostruzione con Hamas nella Striscia vorrebbe dire ratificare per sempre che Gaza rimane nelle mani del gruppo che ha scatenato la guerra con il 7 ottobre. A gennaio però la Casa Bianca vuole cominciare i lavori del Consiglio per la pace, mostrare che esiste un progetto e cercare di consolidare l’impegno dei paesi arabi per il futuro di Gaza.
Ieri il nuovo portavoce di Hamas ha confermato la morte di tutti i capi del gruppo, incluso il suo predecessore, Abu Obeidah, del quale ha detto di aver ereditato il nome. Il gruppo della Striscia è stato decapitato, ma ci tiene a far sapere che è ancora in grado di attrarre dei seguaci. Rinasce, come una coda di lucertola.