editoriali

Sicurezza di sabbia. I 91 droni a Valdai mettono alla prova le garanzie che Trump può dare a Kyiv

Redazione

Senza evidenze, l’accusa russa di un attacco ucraino alla villa di Putin mette alla prova la fiducia americana. Di fronte alla fede assoluta della Casa Bianca nei confronti del capo del Cremlino, ogni garanzia di sicurezza per l'Ucraina si sfalda

 

Almeno tre volte, dall’inizio dell’invasione totale dell’Ucraina, la Russia ha denunciato che l’esercito di Kyiv ha tentato di colpire una delle ville di Vladimir Putin. Sicuramente i droni di Kyiv sono arrivati a Mosca, colpirono anche le cupole del Cremlino, mostrando tutti i buchi delle difese russe. Lunedì il ministro degli Esteri Lavrov ha accusato l’Ucraina di aver mandato novantuno droni contro la villa di Putin a Valdai, nella regione di Novgorod. Questi novantuno droni sarebbero stati tutti abbattuti, ma finora Mosca non ha fornito nessuna prova e anzi i residenti della regione hanno detto di non aver sentito nulla. Strano che nessuno abbia tirato fuori il telefono per fare una ripresa dei cieli di Valdai sotto attacco, come accade sempre durante le incursioni dei droni di Kyiv.

L’Ucraina accusa Mosca di voler sabotare il processo di pace, di inventare bugie e Putin in persona si è preso l’incarico di raccontare l’accaduto a Donald Trump. Il presidente americano ha detto ai giornalisti: “Il presidente Putin mi ha detto che c’è stato un attacco ucraino alla sua residenza. Questa è una cosa brutta, molto brutta!”. Come avvenuto dopo le elezioni presidenziali del 2016, all’accusa di ingerenza russa, Trump disse che si fidava di Putin, se il presidente russo gli aveva detto che non c’erano state ingerenze, lui gli credeva. Trump disse in sostanza di fidarsi più del capo del Cremlino che delle agenzie di intelligence americane. Con la storia dei 91 droni, Mosca sta di nuovo testando la fiducia di Trump e il presidente americano ha detto di fidarsi di Putin, pur non avendo visto una sola prova dell’attacco ucraino.

Di fronte a questa fede assoluta nei confronti del capo del Cremlino, ogni garanzia di sicurezza per Kyiv si sfalda. La lezione è basilare per Mosca: in futuro basterà un pretesto per un’azione militare e se Trump è ancora alla Casa Bianca non si sentirà in dovere di intervenire al fianco degli ucraini nel nome delle garanzie di sicurezza promesse. Non c’è nulla di vincolante e il Cremlino lunedì ha appena fatto una prova per testarlo. 
 

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