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Editoriali
Sanzioni contro l'industria americana per le armi a Taiwan. Rischio escalation
Pechino sa di avere potere negoziale con la Casa Bianca di Trump. Per ora, secondo i media americani, le sanzioni sembrano per lo più simboliche, ma il rischio è che la Cina allarghi i suoi strumenti di pressione su Washington
Ieri Pechino ha aumentato il costo politico del trasferimento di armi americane a Taiwan, annunciando sanzioni contro venti società americane legate alla Difesa e contro dieci dirigenti di altrettante industrie strategiche. Le sanzioni, che prevedono il congelamento degli asset in Cina e il divieto, per individui e organizzazioni, di intrattenere rapporti con i soggetti colpiti, arrivano una settimana dopo l’approvazione da parte della Casa Bianca di Donald Trump del più grande pacchetto di armamenti della storia da vendere a Taiwan: dieci miliardi di dollari destinate alla difesa dell’isola che la Repubblica popolare cinese rivendica come proprio territorio e sostiene che debba “tornare” sotto il suo controllo anche se il Partito comunista cinese non l’ha mai governata.
Il pacchetto di armamenti americano deve essere ancora approvato dal Congresso, ma la pressione cinese su Taipei è progressivamente aumentata negli ultimi anni, e la leadership cinese di Xi Jinping considera tutte le relazioni diplomatiche subordinate all’accettazione di una rinuncia alla difesa della democratica indipendenza de facto di Taiwan: è una linea rossa a cui tutti si devono adeguare. La Cina sa di avere potere negoziale con la Casa Bianca di Trump, e infatti ha messo sotto sanzioni grandi marchi dell’industria militare americana, da Northrop Grumman a L3Harris fino a Boeing: secondo i media americani, per ora le sanzioni cinesi sembrano per lo più simboliche, le aziende colpite fanno pochissimo o nulla business in Cina, infatti le azioni delle aziende non hanno subìto grosse reazioni. Il problema è nell'escalation: ciò che preoccupa di più l’industria è la possibilità che Pechino allarghi gli strumenti di pressione contro Washington. A quel punto il ricatto sarebbe ancora più esplicito, e la decisione se cedere o meno in capo al presidente americano in carica.