Il caso

La Cina arruola influencer "credibili"

Giulia Pompili

Una telefonata svela l’offerta di Pechino a creator occidentali per indebolire Taiwan, mentre un’inchiesta nelle Filippine scopre pagamenti e reti di troll: la nuova guerra cognitiva cinese passa per l'Italia ed è sempre più difficile da smascherare

Influencer che reclutano influencer, l’informazione – non solo quella online – che diventa marketing e poi propaganda: se la Russia ha inventato le fabbriche di bot e i troll sui social media, la Repubblica popolare cinese ha cambiato metodo, e ora gli agenti d’influenza cinesi pagati dal Partito sono sempre più difficili da individuare e da smascherare. ll modello di manipolazione tramite slogan e bandierine non esiste più, e l’operazione di influenza globale sfrutta la credibilità altrui.

 


Qualche giorno fa l’attivista online noto con il nome di @xumouren (vuol dire: il signor Xu, colui che dice la verità) ha pubblicato sul suo seguitissimo canale YouTube una lunga conversazione telefonica che ha avuto qualche mese fa con un altro influencer cinese, conosciuto online come @bright_hawkins. Quest’ultimo si presenta come un intermediario con la leadership del Partito e propone a Xu uno stipendio mensile di 40 mila euro (40 mila euro!) in cambio di contenuti mirati per mettere in luce le debolezze dell’esercito taiwanese, con l’obiettivo dichiarato di minare la fiducia dell’opinione pubblica di Taiwan nella propria capacità di difesa. L’identità di Xu non è mai stata verificata, ma tra chi si occupa di questioni militari e di sicurezza dell’Asia orientale è un profilo noto perché ha spesso notizie di prima mano, spesso rilanciate dai media taiwanesi perché quasi mai a favore di Pechino: si dice che sia un cittadino della Repubblica popolare e che oggi viva in Italia sotto copertura. L’interlocutore gli dice di lavorare per un’unità della polizia di Pechino specializzata in intelligence e monitoraggio dell’opinione pubblica online. Sostiene di aver già “reclutato” diversi influencer tra Giappone, America e perfino Italia, attivi in diversi ambiti, dai viaggi alla cucina, incaricati di promuovere “la bellezza della cultura tradizionale cinese”. Con Xu vuole fare un lavoro diverso: parlare di una potenziale guerra nello Stretto enfatizzando però le carenze militari taiwanesi, alimentando così la confusione e la sfiducia. E poi magari puntare alla guerra in Ucraina, anche lì per dare un esempio di “resistenza fallimentare”. L’aspetto più interessante della conversazione è l’enorme budget a disposizione e il reclutamento di persone molto distanti dal Partito. E’ chiaro che alla nuova guerra cognitiva della Cina non interessano i grandi nomi con un profilo anticinese molto esposto, ma gli esperti di medio livello, soprattutto se faticano ad arrivare alla fine del mese: i contenuti sono sempre fatti per instillare un dubbio, non smaccatamente falsi. E infatti quando Xu chiede quali siano i limiti da non superare, la risposta è illuminante: si può anche criticare un po’ il Partito comunista, “piccole critiche che aiutano il quadro generale”, ma Xi Jinping non si tocca.

 


Agli agenti d’influenza credibili – erano considerati critici del Partito anche diversi indagati per spionaggio verso la Cina in Europa – si affiancano poi le soluzioni più rumorose. Dopo che un senatore delle Filippine ha presentato le prove dei pagamenti dell’ambasciata cinese a Manila verso l’agenzia filippina InfinitUs Marketing Solutions, il media d’inchiesta Rappler è risalito a un’operazione di influenza online molto sofisticata. Si trattava di costruire un “esercito di troll” con profili falsi con identità fittizie (insegnanti, rider, studenti ecc.) usati per diffondere contenuti pro-Pechino. Ma l’operazione includeva anche le linee guida dettagliate per creare account “credibili” e contenuti che rafforzassero temi come la difesa dei diritti cinesi o la costruzione di un’immagine vittimistica, criticando attori paesi il Giappone o accentuando la polarizzazione. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.