a Mosca
La conferenza di Putin di fine anno porta tutti in guerra
Non c’è più la finzione di una Russia interna e una esterna, fra domande sulle strade e sulle pensioni, il capo del Cremlino insiste sui temi del conflitto. Kaliningrad, le elezioni a Kyiv, il rispetto dell'occidente. I punti dello spettacolo creato per simulare il pluralismo (con le domande sfuggite al controllo)
La conferenza di fine anno in cui Vladimir Putin risponde alle domande di cittadini di tutte le età, giornalisti nazionali e internazionali ha sempre l’obiettivo di mostrare che Putin sta bene, è amato, e che la Russia è un paese libero. Sono ammesse persino critiche, a volte il capo del Cremlino si scusa. Sono ammessi colpi di scena, proposte di matrimonio o quesiti sull’amore (Putin è innamorato). Ma bisogna tenere gli occhi incollati allo schermo per tutta la durata dello spettacolo per cogliere le vere domande in libertà, quelle che non ottengono risposta e di cui la regia si accorge sempre troppo in ritardo, quando ormai sono state mostrate su uno dei grandi schermi nello studio. Le domande rimaste senza risposta sono state: “Perché viviamo peggio dei papuani”; “Perché non ci sono più elezioni libere dei governatori? Chi ha paura?”; “A Kupiansk gli ucraini ci fottono senza pietà, perché mentite?”.
La conferenza è iniziata con domande sulla guerra, Putin ha detto che la Russia avanza, ha ribadito che controlla Kupiansk e se il presidente Zelensky si è mostrato in città, è stato grazie ai suoi trucchi, “è un artista di talento”, ha detto Putin ridacchiando. Non tutti in Russia devono essere soddisfatti dalla spiegazione, ma per rafforzare l’idea dell’avanzata delle forze russe, Putin ha portato in studio anche un soldato decorato “eroe della Russia”, Naran Ochir Gorjaev, che ha raccontato dell’accoglienza festosa dei civili ucraini quando sanno che stanno arrivando i russi e del trattamento brutale dei soldati di Kyiv, i quali, prima di ritirarsi sparano sui civili disarmati, “come facevano i nazisti”. Putin ci tiene ancora a raccontare al suo paese che gli ucraini sognano il ricongiungimento con i russi, ma a causa degli europei e del “regime di Kyiv” devono subire la guerra.
La linea diretta è uno spettacolo, il copione è spesso simile tutti gli anni, ma quest’anno è successo qualcosa di diverso: non c’è stata una rigida divisione fra le domande di politica interna e di politica estera, tutto sembrava unicamente andare a parare sull’“operazione militare speciale” e il suo impatto in Russia.
A parte le domande scappate al controllo della regia, che tutti gli anni mostrano il lato più affascinante delle oltre quattro ore di spettacolo di Putin, tutte le altre erano lamentele bonarie. I cittadini hanno chiesto dei droni ucraini, che sono diventati un problema, dell’aumento dei prezzi e della stagnazione degli stipendi, della paga alle vedove di guerra che non arriva. Negli anni passati l’intenzione era quella di mostrare un paese che viveva tranquillo, nonostante lo sforzo bellico. Di un paese assalito dai problemi quotidiani, dalla costruzione delle strade, dalle pensioni, dalle scuole, dagli ospedali. Non quest’anno. La linea diretta 2025 è stata la prima a mostrare che la guerra è arrivata in casa. E la colpa, ovviamente, non è del Cremlino, ma dell’occidente che non ha “trattato la Russia con rispetto”, come ha detto Putin al corrispondente della Bbc, Steve Rosenberg, al quale Peskov ha dato la parola per conferire maggior vigore alla tesi dello spettacolo pluralista. Anche un giornalista cinese dell’agenzia Xinhua ha fatto una domanda, interessato alla stabilità dei rapporti con la Cina. Il capo del Cremlino ha sorriso molto, nel magnificare la fiducia tra Mosca e Pechino e la stabilità che caratterizza le relazioni.
Ogni volta che una domanda conduceva Putin fuori dal sentiero di guerra, ne arrivavano altre che riportavano la guerra al centro. Il capo del Cremlino aveva l’intenzione di preparare i cittadini ad altro conflitto: ha detto che la guerra finirà quando le sue richieste saranno rispettate e per il momento il “regime di Kyiv” sta soltanto mostrando un’apertura al dialogo. Ogni tanto ha spostato l’attenzione sugli europei (l’appellativo di “maialini” è rispuntato), ridicolizzandoli per non aver avuto il coraggio di andare fino in fondo con la “rapina” dei beni russi congelati e per la loro propensione alla guerra nonostante l’atteggiamento degli Stati Uniti sia cambiato. Putin ha parlato anche di Kaliningrad, la nuova ossessione della propaganda russa, che diffonde l’allarme sulle mire tedesche e polacche sull’exclave russa piantata nel territorio dell’Ue. In ogni linea diretta arriva sempre qualcosa di inatteso: “Dirò qualcosa che potrebbe sorprendere. Siamo pronti a valutare modi per garantire la sicurezza elettorale in Ucraina”. Dietro a questa dichiarazione c’è un trucco e la pretesa di usare gli ucraini (“5-10 milioni”) che vivono in Russia: “Abbiamo il diritto di chiedere a chi le organizza di organizzarle e di concedere agli ucraini che attualmente vivono in Russia il diritto di voto nella Federazione russa”.
La telefonata improvvisa