Il discorso del presidente Usa

Trump racconta un'America meravigliosa, gli americani non la vedono

Marco Bardazzi

Dal discorso alla nazione si attendevano annunci clamorosi, anche una possibile azione americana contro il Venezuela, invece è stato l'ennesimo momento di autocelebrazione dell'inquilino della Casa Bianca. Obiettivo, riconquistare gli americani che non si ricordano più perché lo hanno votato e sono delusi dall'economia, anche con un assegno per ogni cittadino pagato dai dazi

Un anno dopo, è ancora colpa di Joe Biden. C’era una certa attesa per il discorso alla Nazione che Donald Trump ha fatto nella notte, anche perché la Casa Bianca non aveva anticipato niente e si ipotizzavano possibili annunci clamorosi, per esempio una possibile azione militare contro il Venezuela. Invece è stato l’ennesimo momento di autocelebrazione di successi economici che al momento non corrispondono con la percezione degli americani, con solo un minimo riconoscimento che “c’è ancora lavoro da fare” e con la solita attribuzione dei problemi al suo predecessore: “Un anno fa il nostro paese era morto, eravamo assolutamente morti. Eravamo sull’orlo del fallimento totale. Adesso siamo uno schianto, la nazione più attraente al mondo”. 

 

La vera novità del discorso è stata la modalità d’esecuzione. Trump si è presentato nell’insolita cornice della Diplomatic Reception Room della Casa Bianca, circondato da decorazioni natalizie che stonavano con l’aggressività con cui ha affrontato le telecamere, parlando velocissimo, alzando continuamente la voce e concentrando in 18 minuti quello che di solito è un suo speech di un’ora e mezzo. Milioni di americani ai quali è stata interrotta la visione dell’attesissima puntata finale di “Survivor” per l’intervento dalla Casa Bianca, hanno ascoltato un messaggio che a tratti sembrava un vocale di whatsapp mandato a velocità accelerata, per il ritmo forsennato che Trump ha tenuto durante il discorso. Sicuramente una dimostrazione di forza e di energia da parte del presidente, che nel richiamare più volte la memoria di quello che lui chiama spregiativamente “Sleepy Joe” Biden, ha voluto sottolineare la differenza che c’è con l’inquilino che era alla Casa Bianca nel Natale 2024. 

 

È un’esigenza sempre più pressante, secondo gli strateghi del presidente, quella di ricordare agli americani perché un anno fa hanno votato Trump. Perché molti cominciano a chiederselo seriamente e l’anno elettorale che verrà, quello delle elezioni di midterm, non si presenta bene per i repubblicani. La media dei sondaggi nazionali del Washington Post dice che solo il 36 per cento degli americani è contento di come Trump sta gestendo l’economia, mentre il 58 per cento disapprova quello che sta avvenendo. Alla Casa Bianca sono in allarme e il discorso alla Nazione è stato fortemente voluto dalla chief of staff Susie Wiles, la donna in questo momento più discussa a Washington, per la scelta che ha fatto di rompere il consueto riserbo e rilasciare una monumentale intervista a Vanity Fair non priva di parole critiche nei confronti del team del presidente. “È Susie che mi ha chiesto di fare questo discorso”, ha detto Trump ai giornalisti alla fine dello speech, per ribadire la sua fiducia nella donna più potente d’America, in questo momento nell’occhio del ciclone. 

La parola chiave al centro del dibattito politico nel paese, quella che Trump ha preso di petto con aggressività nel suo messaggio, è “affordability”, cioè la sostenibilità economica che riguarda la vita comune degli americani. I prezzi al consumo non stanno calando come Trump vorrebbe e i suoi elettori, un anno dopo le grandi promesse della campagna 2024, non stanno vedendo miglioramenti. Anzi. Una situazione che ora comincia ad essere aggravata da un tasso di disoccupazione risalito al 4,6 per cento, il più alto dai tempi della pandemia. 

Eppure il presidente ha sostenuto con forza, grande vigore e una buona dose di rabbia, che è solo una questione di tempo prima che la sua ricetta e gli effetti dei dazi (“tariff è la parola più bella mondo”, ha ripetuto) faccia il suo pieno effetto, promettendo di nuovo “un boom economico che il mondo non ha mai visto prima”. Trump ha sostenuto che rispetto a un anno fa i prezzi delle uova e quello del tacchino della festa del Ringraziamento sono scesi, un dato che contrasta con quelli dichiarati dalle agenzie che monitorano l’andamento dei prezzi e soprattutto con la percezione degli americani che fanno la spesa. Il presidente ha predetto che a primavera tutti si accorgeranno della differenza, anche per effetto dei rimborsi fiscali che – è la promessa – arriveranno sulla scia del boom dei dazi. La Casa Bianca studia da tempo la possibilità di mandare a tutti gli americani un assegno da duemila dollari pagato dai dazi. Per ora è stata però in grado solo di dare un assaggio, che Trump ha annunciato nel discorso della notte (l’unica, vera notizia del messaggio): un bonus natalizio a tutti i militari del valore di 1776 dollari, una cifra simbolica che ricorda l’anno della Dichiarazione d’indipendenza, di cui nel 2026 si festeggerà il duecentocinquantesimo anniversario. 

Dopo aver insisto per settimane che il tema dell’affordability era un’invenzione dei democratici e che non esiste nella realtà, Trump nel messaggio alla Nazione è sembrato dar retta per una volta ai suoi consiglieri e ha ammesso che c’è un problema e che l’economia fa ancora fatica, ma ha garantito che è solo una questione di tempo. Uno dei momenti di svolta, secondo il presidente, sarà la sua imminente scelta di un nuovo capo della Federal Reserve che darà un “taglio significativo” ai tassi d’interesse: un’invasione di campo senza precedenti da parte della Casa Bianca sul terreno dell’indipendenza da sempre garantita alla banca centrale. Resta da vedere se il nuovo presidente della Fed, quando arriverà, darà ascolto o meno alle richieste che arrivano dalla Studio Ovale. 

C’era attesa, prima del discorso, per possibili annunci bellici nei confronti del Venezuela, ma Trump per una volta ha tenuto in secondo piano gli scenari mondiali, se non per ribadire di aver “risolto otto guerre in dieci mesi” e per attribuire la colpa del disordine nel mondo, ancora una volta, a Joe Biden. Il predecessore sembra sempre più un’ossessione per il presidente in carica, che ieri ha inaugurato una serie di targhe che ha fatto apporre sotto i ritratti presidenziali alla Casa Bianca: quella per Biden è piena d’insulti, in pratica è uno dei tanti post che Trump pubblica su Truth, stavolta scolpito su una placca di bronzo in una sede istituzionale. 

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