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allerta massima

Il problema più urgente di Modi non è la Cina, ma l'inquinamento

Priscilla Ruggiero

Sono almeno 200.000 i casi di malattie respiratorie acute registrati nei principali ospedali pubblici di Delhi negli ultimi 3 anni. Le risposte del governo sono insufficienti, intanto l'inquinamento dell'aria supera di 30 volte il massimo consentito dall'Oms

Nuova Delhi, dalla nostra inviata. Questa settimana i livelli di inquinamento dell’aria a Delhi hanno raggiunto i livelli più alti della stagione, per giorni la nebbia ha avvolto la città arrivando a toccare il limite massimo di 500 Iqa, l’Indice di qualità dell’aria, una cifra che secondo gli standard del governo è considerata di livello “grave” e che secondo l’Organizzazione mondiale della sanità sarebbe trenta volte superiore al limite consentito. Poche settimane fa il ministro per la Salute indiano, Prataprao Jadhav, ha presentato al Parlamento un nuovo rapporto che attesta almeno 200.000 casi di malattie respiratorie acute nei principali ospedali pubblici di Delhi negli ultimi tre anni, causando nel 2023 oltre 17.000 morti in città a causa dell’inquinamento atmosferico. Il governo ha così deciso in questi giorni di contrastare i livelli di tossicità azionando la fase quattro, il più alto livello di risposta allo smog: ha ordinato la chiusura delle scuole fino alla quinta elementare obbligando i bambini a rimanere chiusi in casa e seguire le lezioni in modalità telematica, sconsigliando a bambini, anziani e persone affette da malattie respiratorie di uscire all’aperto; ha vietato la circolazione ai veicoli non conformi e imposto a tutti i datori di lavoro, privati e pubblici, di incoraggiare il lavoro telematico.

 

Ma per gli oltre trenta milioni di cittadini non è sufficiente, e nel lungo periodo l’insofferenza popolare potrebbe rappresentare un problema per il governo di Narendra Modi: “L’inquinamento a Delhi è diventato la priorità, è un tema sensibile che dovrebbe essere in cima all’agenda del governo perché la popolazione sta iniziando a protestare, anche in pubblico: uscire senza mascherina è ormai impossibile”, dice al Foglio Manvendra, che abita a sud della città. Lunedì più di quaranta voli all’aeroporto di Delhi sono stati cancellati a causa della nebbia e decine di voli e treni hanno subito ritardi obbligando il partito di governo del Bharatiya Janata Party (Bjp) a esporsi pubblicamente: ieri il ministro per l’Ambiente di Delhi, Manjinder Singh Sirsa, si è scusato in conferenza stampa e ha accusato il partito dell’Aam Aadmi, che ha governato la città negli ultimi dieci anni prima di perdere quest’anno contro il Bjp, di aver lasciato il problema in eredità e aver appiccato incendi di proposito: “E’ impossibile per qualsiasi governo eletto ridurre l’Aqi in 9-10 mesi”, ha detto, “questa malattia dell’inquinamento ci è stata trasmessa dal partito Aam Aadmi e stiamo lavorando per porvi rimedio”. Eppure non è soltanto il partito anticorruzione a protestare davanti alla segreteria di Delhi: gli oltre trenta milioni di abitanti della città sono sempre più stanchi, costretti a lasciare la città o a installare costosi sistemi di purificazione dell’aria nei loro appartamenti creando un ambiente sicuro da cui però è impossibile uscire – in una città dove gran parte della vita si svolge all’aperto. Secondo Shambhavi Shukla, responsabile del programma presso il Centre for Science and Environment di Nuova Delhi, le soluzioni provvisorie del governo sono inutili a risolvere un problema a lungo termine, l’India è il primo paese a raggiungere livelli così elevati con Delhi, Mumbai e Calcutta nella lista delle dieci città più inquinate del mondo e anche l’esperimento di inseminazione delle nuvole per eliminare l’aria tossica si è rivelato inefficace. “Dov’è il governo indiano? Perché questa emergenza non viene discussa con urgenza in Parlamento?”, ha scritto su X Jugal Purohit, corrispondente per Bbc India che ha partecipato alle prime rare manifestazioni lo scorso mese organizzate da studenti e genitori davanti all’India Gate, il monumento a Nuova Delhi dedicato ai martiri indiani, con cartelli con scritte come “respirare mi sta uccidendo” o “voglio solo respirare”. Il governo ha risposto alla manifestazione con la repressione della polizia, che ha arrestato decine di manifestanti e disperso la protesta con i lacrimogeni. Secondo uno studio del Lancet Countdown pubblicato la scorsa settimana sulla salute e i cambiamenti climatici, l’esposizione a lungo termine allo smog potrebbe contribuire a causare fino a 1,5 milioni di decessi in India ogni anno.

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