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in spagna
Il MeToo che travolge i socialisti spagnoli
Dalle accuse di molestie agli scandali sugli appalti, una scia di dimissioni e inchieste stringe il cerchio attorno al partito di Pedro Sánchez, mettendo a rischio la credibilità e il consenso della sinistra spagnola
In molti ormai lo chiamano il MeToo dei socialisti spagnoli. Il primo a cadere è stato Paco Salazar. Uomo di fiducia di Pedro Sánchez, aveva ricoperto diversi ruoli nel gabinetto del premier finché, l’estate scorsa, non ha dovuto farsi da parte per le accuse di molestie sessuali. Per mesi il Psoe non ha fatto nulla, anzi, pare abbia addirittura provato a insabbiare. Poi la notizia è divenuta di dominio pubblico e il partito ha obbligato alle dimissioni anche Antonio Hernández, braccio destro di Salazar. Ma ormai era solo l’inizio. Nel giro di pochi giorni è toccato al presidente della Provincia di Lugo, José Tomé, costretto a dimettersi da presidente, ma ancora attaccato alle sue due poltrone di consigliere provinciale e sindaco (non più socialista) del paese di Monforte de Lemos. È di questo lunedì il manifesto delle 170 donne socialiste di Galizia (fra cui diverse sindache) contro il comportamento complice dei vertici regionali. Nel frattempo, era caduta un’altra testa pesante e pensante a livello nazionale: Javier Izquierdo, senatore e membro di spicco dell’attuale direzione. “Uno dei pochi sopravvissuti”, lo definisce El País, della squadra di cui Sánchez si era attorniato dopo la vittoria alle primarie del 2017.
Primarie vinte contro Susana Díaz, allora presidente della comunità autonoma dell’Andalusia. Oggi è senatrice e ne approfitta per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. In tv ha confessato che durante la campagna per le primarie se la sentiva che avrebbe perso, perché lei non aveva tutti quei soldi da spendere. Cosa insinuava?
È che gli altri scandali, che lasciano attorno a Sánchez “pochi sopravvissuti”, riguardano proprio i soldi. Gli ultimi arresti eccellenti sono quelli di Leire Díez, Vicente Fernández e Antxon Alonso (poi rilasciati ma sottoposti a misure cautelari). La prima era sconosciuta ai più fino a poco tempo fa, poi venne fuori che, spacciandosi per giornalista, indagava su presunti casi di corruzione che potessero compromettere i vertici della Guardia Civil che indagavano su presunti casi di corruzione del governo. Ma il fermo ha altri motivi, riguarda appalti pubblici e il Partito popolare (Pp) ha annunciato lunedì che si costituirà parte civile. Con Díez è finito in carcere Vicente Fernández, che Sánchez aveva messo a capo di Sepi, la società che controlla le partecipazioni statali, quindi a stretto contatto con María Jesús Montero, ministra delle Finanze e vicepremier. I dettagli sono ancora poco noti, ma venerdì scorso gli investigatori sono entrati in diverse direzioni ministeriali importanti, fra cui proprio quella del ministero di Montero, oltre alla Transizione ecologica e alla sede delle Poste, una delle partecipate statali dove Díez aveva lavorato. Fernández invece si era dimesso nel 2019, ma la Sepi era rimasta a lungo decapitata (proprio per permettere al suo ex capo di manovrare ancora, si dice). Poi, con il placet dell’ufficio che vigila sui conflitti di interesse, era andato a lavorare per la società dell’altro indagato, Antxon Alonso, quella Servinabar già al centro dell’indagine sull’ex segretario organizzativo del Psoe, Santos Cerdán, sospettato di essere il vero detentore del 45% delle quote di questa ditta beneficiaria di appalti pubblici del ministero dei Trasporti guidato da José Luis Ábalos. Indagato, Cerdán ha lasciato il carcere a metà novembre. A fine novembre ci è entrato Ábalos (ma per un’altra inchiesta riguardante appalti per mascherine sanitarie).
Un cerchio che pare non chiudersi mai. E chissà se peseranno di più i sospetti di corruzione, un risultato elettorale scadente in Extremadura (regione in cui il Psoe ha governato 36 anni su 42, ma i sondaggi per il prossimo 21 dicembre non sono buoni), o gli scandali sessuali. Nella sinistra spagnola hanno già costretto al ritiro uno dei fondatori di Podemos, Íñigo Errejón; mentre da anni un sospetto perseguita anche Yolanda Díaz, accusata da funzionari di Izquierda Unida di aver coperto un suo consulente poi incarcerato per possesso di materiale pedopornografico. Finora è sul voto femminile che la sinistra spagnola è riuscita ancora a battere le destre. Sul piano etico è l’equivalente di uno scandalo sessuale in chiesa, una chiesa che ha fatto del credo femminista una bandiera. “Il femminismo ci dà lezioni ogni giorno”, ha detto Sánchez nel suo primo commento pubblico al caso Salazar. “Le lezioni del femminismo andate a prenderle nei postriboli”, gli ha risposto sprezzante il leader del Pp, Alberto Núñez Feijóo.
L'editoriale dell'Elefantino