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tra virgolette
Ayaan Hirsi Ali: "L'atrocità di Bondi Beach è stata orribile, ma non era imprevedibile"
"Se questo massacro verrà minimizzato, se le sue cause verranno attenuate, allora ci sarà altro sangue. Perché l'odio interpreta il silenzio come un permesso. L'Australia ha ancora una scelta", scrive l'attivista di origine somala su The Free Press
"L'estremismo islamico è una minaccia esistenziale per la società occidentale e per i valori che la sostengono. Rifiuta il pluralismo, disprezza la libertà di coscienza e prende di mira ebrei e cristiani proprio perché queste tradizioni difendono i limiti al potere e la dignità dell'individuo. La storia mostra chiaramente questo schema. Dove tale estremismo è tollerato, le minoranze sono le prime a soffrirne, seguite poi dalla società in generale". Così Ayaan Hirsi Ali, scrittrice e attivista di origine somala, naturalizzata olandese e successivamente statunitense, in un lungo articolo pubblicato su The Free Press (testata fondata da bari Weiss, capo della redazione di CBS News, e acquistata da parte del colosso Paramount) ha commentato il gravissimo atto di antisemitismo avvenuto il giorno prima sulla spiaggia di Bondi Beach a Sydney in Australia, durante le celebrazioni della festività ebraica di Hanukkah, la festa delle luci. L'attentato ha causato almeno quindici vittime, tra cui il rabbino della città Eli Schlanger, un sopravvissuto all'Olocausto e una bambina, oltre a decine di persone rimaste ferite, ed è stato il più grave mai registrato in Australia dopo il massacro di Port Arthur, nel 1996. I responsabili sarebbero due uomini, padre (rimasto ucciso) e figlio, che hanno sparato più di cinquanta colpi di fucile.
Qualche settimana fa, era stato proprio il rabbino Eli Schlanger a scrivere al primo ministro australiano Anthony Albanese, esortandolo a non abbandonare Israele. “Come rabbino di Sydney, ti prego di non tradire il popolo ebraico”, aveva scritto. A settembre infatti, Albanese aveva deciso che l'Australia sarebbe stata favorevole, come il Canada, la Francia e il Regno Unito, al riconoscimento dello stato della Palestina. "Letta ora, la lettera del rabbino Schlanger sembra meno una difesa e più un avvertimento che è stato ignorato", scrive Ayaan Hirsi Ali. "Questo attacco - continua l'attivista - non è stato casuale. Non è stata un'esplosione di follia privata. È stato deliberato. Gli ebrei sono stati presi di mira durante una festività ebraica, in pieno giorno, in un luogo pubblico. Questo è importante. Quando offuschiamo questo fatto, tradiamo i morti. Anche il metodo scelto dagli assassini dovrebbe turbarci profondamente". Le famiglie infatti si trovavano sulla spiaggia per un momento di festa "quando uomini armati sono scesi da un'auto e hanno iniziato a sparare. La violenza è arrivata con rapidità e crudeltà e, sebbene la portata sia diversa, lo schema è inconfondibile: rispecchia quello del 7 ottobre in Israele. Una festività. Una folla. La luce del giorno. Aggressori che hanno preso di mira i più vulnerabili e sapevano esattamente cosa stavano facendo".
Questo modo di uccidere è stato "studiato, elogiato e diffuso per anni. Appare in opuscoli, video e post online. È celebrato negli slogan gridati durante le marce e stampato sui cartelloni. È giustificato come rabbia, edulcorato come politica. Quando l'uccisione è giustificata in termini morali, non fa più orrore. Al contrario, si moltiplica. L'Australia si è raccontata a lungo una storia confortante. È lontana dai vecchi rancori. Le sue leggi sulle armi sono severe. Le sue città sono tranquille. La sua gente va d'accordo. Questa storia è stata ripetuta per anni, anche se la realtà andava nella direzione opposta".
Secondo Ayaan Hirsi Ali, l'antisemitismo in Australia "non è apparso all'improvviso". Negli ultimi anni "è cresciuto costantemente, poi bruscamente. Le sinagoghe sono state incendiate. Le scuole e gli asili ebraici sono stati vandalizzati. Le auto sono state incendiate. Le case sono state segnate. I bambini sono stati vittime di bullismo. Le minacce sono diventate normali. Dal 7 ottobre, gli episodi di antisemitismo segnalati sono aumentati di diverse volte, raggiungendo livelli mai visti prima" dice l'attivista ricordando gli attacchi terroristici contro obiettivi ebraici a Melbourne nell'ottobre e nel dicembre dello scorso anno che "sono stati collegati al Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche iraniane". L'attivista critica i leader perché "hanno preferito rassicurare piuttosto che essere onesti. Gli slogan che incitavano alla violenza sono stati giustificati come protesta. Il linguaggio forgiato dalla violenza è stato trattato come politica. Le minacce dirette sono state ignorate. Ogni passo indietro ha dato più spazio all'odio. Quando all'omicidio viene data una giustificazione morale, non scandalizza più. Si diffonde e basta. L'atrocità di Bondi Beach - continua - è stata orribile, ma non era imprevedibile. È stata il risultato di una lunga indulgenza. È stata tollerata fino a diventare realtà. Le idee contano perché plasmano ciò che le persone finiscono per accettare, specialmente quando vengono ripetute senza essere contestate. Quando la folla invoca l'intifada, invoca la forma più brutale di violenza. Quando i simboli ebraici vengono bruciati e gli ebrei vengono individuati come simboli del male, non si tratta di dissenso, e certamente non di 'resistenza', ma di preparazione".
La scrittrice dice che quanto accaduto a Sydney "è una prova generale di ciò che seguirà. Ogni società che ha deluso i propri cittadini ebrei lo ha fatto innanzitutto distogliendo lo sguardo, convincendosi che l'odio fosse solo parole e che le parole non avessero conseguenze. All'indomani di uno spargimento di sangue, c'è sempre la pressione di lenire. Di parlare di unità. Di accendere candele. Di promettere che l'amore vincerà. Questi gesti sono umani. Sono comprensibili. Ma sono ben lungi dall'essere sufficienti. L'amore senza coraggio non ferma l'odio. L'unità senza verità si dissolve nella negazione. Ogni società che ha deluso i propri cittadini ebrei lo ha fatto prima di tutto distogliendo lo sguardo, convincendosi che l'odio fosse solo parole e che le parole non avessero conseguenze". Nel suo articolo, Ayaan Hirsi Ali rende anche omaggio ad Ahmed al-Ahmed il 43enne che si è gettato addosso a uno degli attentatori e lo ha fermato. "Quell'uomo incarna ciò da cui dipendono in ultima analisi le società libere quando le istituzioni vacillano: determinazione morale, coraggio fisico e rifiuto di accettare la violenza come un destino ineluttabile. Non deve essere ridotto a una nota a piè di pagina. Merita di essere riconosciuto come un esempio di ciò che significa essere veri cittadini quando conta davvero".
Quello che accadrà da oggi in poi "determinerà se l'atrocità di Bondi Beach diventerà un punto di svolta o solo un altro precedente. Il terrorismo si nutre della debolezza. Studia le reazioni. Misura l'esitazione. Se questo massacro verrà minimizzato, se le sue cause verranno attenuate, se si continuerà a usare un linguaggio familiare senza conseguenze, allora ci sarà altro sangue. Non perché l'Australia lo meriti, ma perché l'odio interpreta il silenzio come un permesso. L'Australia ha ancora una scelta".
L'editoriale dell'Elefantino