Ansa
l'editoriale del direttore
Un nuovo cialtronismo: indorare la pillola del trumpismo
Chiamare le cose con il loro nome per capire cosa vuol dire sostenere il tycoon in Europa significa guardare in faccia la realtà e descriverla per quella che è: le idee del presidente americano oggi sono un veicolo di oscenità che si distribuiscono su una scala di cromature infinite
Chiamare le cose con il loro nome, di solito, è un modo prezioso per affrontare le questioni di petto, per provare a fare i conti con la realtà che ci circonda e per evitare che la scorciatoia degli eufemismi spinga il nostro sguardo verso il pericoloso abisso dell’ipocrisia accecante. Chiamare le cose con il loro nome, quando si parla di politica estera, oggi significa avere il coraggio di osservare l’azione del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, per quella che è, senza scorciatoie, senza eufemismi, senza giri di parole. I giri di parole, quando si parla di Trump, di solito servono per indorare la pillola, per renderla meno ruvida, meno difficile da ingerire. Ma i giri di parole, quando si parla di Trump, rappresentano un diversivo per non guardare in faccia la realtà e per negare tutto ciò che il trumpismo è diventato per l’occidente libero, per la società aperta, per le nostre democrazie, con tutti i kiss my ass annessi. Essere trumpiani non è un reato, semmai è un delitto, ma chi si considera trumpiano dovrebbe avere il coraggio di osservare il trumpismo non per quello che ci piacerebbe che fosse ma per quello che semplicemente è. Il trumpismo, oggi, è un veicolo di oscenità che si distribuisce su una scala di cromature infinite, alcune delle quali sono in contraddizione aperta anche con alcune non disprezzabili parole d’ordine del trumpismo. Trump vuole indebolire l’Europa, kiss my ass, ma indebolire l’Europa significa perdere un alleato prezioso per controbilanciare il potere cinese. Trump vuole rafforzare la Russia per allontanarla dalla Cina, ma la Russia non è mai stata così vicina come oggi agli interessi della Cina. Trump ha provato a isolare la Cina, sua comprensibile ossessione, provando a giocare di squadra con alcune democrazie asiatiche, ma il risultato della sua strategia, anche grazie ai dazi, è di aver spinto la più popolosa democrazia del mondo, l’India, un passo più vicino alle autocrazie. Trump si è presentato al mondo come un uomo di pace (e in medio oriente c’è riuscito, anche grazie ai suoi interessi, unica bussola strategica che può avere un’influenza su Trump).
Ma la guerra commerciale costruita a colpi di dazi, le parole con cui ha dimostrato di essere pronto a sacrificare Taiwan e il fitto lavorio messo in campo per promuovere una pace in Ucraina ispirata ai princìpi della capitolazione sono istantanee che consegnano l’immagine nitida di un trumpismo che si muove prevalentemente come cupo acceleratore di conflitti futuri. Il Wsj, pochi giorni fa, ha ricordato che gli americani hanno eletto Trump nel 2016 in parte perché non apprezzavano l’ingenuità di Barack Obama nei confronti dei nostri avversari e il suo ritiro dalla leadership occidentale. Il mistero, si chiede il Wsj, è perché Trump stia rilanciando gran parte di quella fallimentare strategia nel suo secondo mandato. Un concetto simile, in fondo, a quello enunciato ieri da Sergio Mattarella. Se, ha detto il capo dello stato, i protagonisti di primo piano “del vecchio ordine internazionale si propongono, con i loro comportamenti, di dar vita a un nuovo ordine basato su sopraffazione con ogni mezzo, violenza, guerra, conquista, competizione tra gli stati per l’accaparramento di risorse tentando così di perpetuare diseguaglianze tra i popoli, va respinta l’ipotesi che possano essere questi i valori intorno a cui costruire un nuovo ordine”. Per essere follower di Trump senza ipocrisie occorrerebbe riconoscere l’ovvio. Abbracciare il verbo trumpiano non significa voler dare maggior forza alla sovranità dei popoli. Significa solo dare un contributo per far sì che l’età dell’oro dei nemici dell’occidente possa essere, mai come prima, davvero great again. Chiamare le cose con il loro nome a volte è doloroso. Ma imparare a capire qual è il gioco degli amici di Trump, che si nascondono a destra (Lega) così come a sinistra (M5s), è prezioso per capire chi ha scelto di trasformare in un gargarismo la difesa di un confine persino più importante di quella per cui combatte eroicamente Kyiv da quattro anni: quello della nostra democrazia.