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L'Ue fa un passo avanti sugli asset russi ma Belgio e Italia mettono una riserva. Le fratture pericolose
I governi europei hanno compiuto il primo passo per utilizzare 210 miliardi di euro di attivi sovrani russi e fornire un prestito di riparazione all’Ucraina, decidendo a maggioranza qualificata il divieto di trasferirli alla Banca centrale russa. Ungheria e Slovacchia si sono espresse contro. Ci sono sempre più tensioni tra il nord e il sud dell’Ue
Bruxelles. I governi dell’Unione europea hanno compiuto il primo passo per utilizzare 210 miliardi di euro di attivi sovrani russi immobilizzati per fornire un prestito di riparazione all’Ucraina, decidendo a maggioranza qualificata il divieto di trasferirli alla Banca centrale russa. Solo Ungheria e Slovacchia si sono espresse contro. Belgio e Italia hanno messo una riserva. L’Ue ha fretta. Non solo per evitare una bancarotta dell’Ucraina alla fine di marzo con il rischio di non potersi più difendere. Non solo perché gli attivi russi sono diventati un’esca che Vladimir Putin sta usando per tenere Donald Trump dalla sua parte nei negoziati con Volodymyr Zelensky. Le esitazioni dell’Ue hanno provocato un brusco calo delle forniture di armi all’Ucraina. Lo squilibrio tra i Ventisette sul peso finanziario del sostegno a Kyiv sta provocando una frattura interna all’Ue sempre più pericolosa.
Il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, ha annunciato di aver invitato gli Stati Uniti a una riunione sull’Ucraina a Berlino all’inizio della prossima settimana. L’Ue si sta rendendo conto che le sue esitazioni hanno indebolito la capacità dell’Ucraina di difendersi e la posizione degli europei nei negoziati su un potenziale accordo di pace. All’inizio dell’anno l’Alto rappresentante Kaja Kallas aveva proposto un piano da 40 miliardi di euro per finanziare le armi sulla base di una chiave di ripartizione del pil. L’obiettivo era sostituire gli americani. Ma gli stati membri si sono opposti. Risultato: il Kiel Institute, che traccia gli aiuti a Kyiv dall’inizio della guerra della Russia, ha appena aggiornato i suoi dati sugli stanziamenti per le armi. A settembre e ottobre è stato confermato il brusco calo dell’estate. Complessivamente “nel 2025 sono stati stanziati finora solo 32,5 miliardi di euro”, il livello più basso dal 2022. “Il recente rallentamento rende difficile per l’Europa compensare completamente l’assenza di aiuti militari statunitensi”, ha detto il professor Christoph Trebesch del Kiel Institute.
Per coprire il buco lasciato da Donald Trump, la Germania ha quasi triplicato le sue allocazioni mensili medie. Francia e Regno Unito le hanno più che raddoppiate. Ma, in termini di pil, il trio rimane molto indietro rispetto ai principali donatori, Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia. Per contro nel 2025 l’Italia ha ridotto i suoi già bassi livelli di allocazione del 15 per cento rispetto al periodo 2022-2024. La Spagna non ha contabilizzato nuovi aiuti militari nel 2025. “Questo impegno limitato ha indebolito significativamente la risposta complessiva dell’Europa”, avverte il Kiel Institute. Peggio, le disparità sul finanziamento degli aiuti militari creano sempre più tensioni all’interno dell’Ue e della Nato. Il ministro degli Esteri tedesco, Johann Wadephul, ha sottolineato che la Germania è diventata in assoluto il principale sostenitore dell’Ucraina e ha detto che tutti i paesi europei devono fare di più. Il segretario generale della Nato, Mark Rutte, ha lanciato un appello ad “altri alleati” affinché contribuiscano a Purl, il programma per pagare le armi americane. I ministri e gli ambasciatori di Svezia, Finlandia e Paesi Bassi sono sempre più espliciti nelle loro critiche ai paesi del sud nelle riunioni dell’Ue, accusandoli di non fare abbastanza per affrontare una minaccia esistenziale per l’Ue. “Per Italia e Spagna, la solidarietà è a senso unico, quando sono loro ad averne bisogno”, spiega al Foglio un diplomatico di uno di questi paesi.
Il prestito di riparazione all’Ucraina, usando gli attivi sovrani russi immobilizzati dalle sanzioni, dovrebbe permettere di superare la frattura. La Commissione ha proposto di stanziare 90 miliardi per il 2026 e 2027 attraverso un meccanismo complesso sul piano finanziario e rischioso sul piano giuridico. Gran parte degli attivi sovrani russi – 185 su 210 miliardi di euro nell’Ue – sono immobilizzati in Belgio. Il suo primo ministro, Bart De Wever, continua a dirsi “scettico” e a paragonare l’operazione a un “furto”. Eppure il Belgio non si è opposto all’approvazione del primo testo legislativo. Si è limitato a una riserva. “Non è nel Dna del Belgio giocare come l’Ungheria in Europa”, ha spiegato mercoledì De Wever. Restano sei giorni al Consiglio europeo del 18 ottobre. Per lanciare il prestito di riparazione ci sono altri testi giuridici su cui i Ventisette devono trovare un accordo, compresi alcuni all’unanimità. La riserva dell’Italia illustra quanto incerto è il risultato.
L’accordo – a cui si sono opposte Ungheria e Slovacchia – vieta il trasferimento degli attivi sovrani alla Banca centrale russa, anche nel caso in cui le sanzioni dovessero cadere per il mancato rinnovo o di una decisione arbitrale avversa favorevole a Mosca. Una parte dei rischi che pesano sul Belgio – un veto di Viktor Orbán sulla proroga delle sanzioni o l’obbligo di pagare in pochi giorni centinaia di miliardi – viene meno. Questa decisione rafforza anche la carta degli attivi russi che gli europei possono giocare al tavolo con Trump, perché non potranno essere restituiti con facilità.