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Palla rotonda e campo minato

Per la partita lgbtq ai prossimi Mondiali di calcio scende in campo l'Iran

Giulio Meotti

Per celebrare l'inclusività, la partita di Coppa del Mondo nel 2026 vedrà la partecipazione di Il Cairo e di Teheran. Resta da vedere se i due paesi accetteranno di essere utilizzati per questo scopo anche perché si tratta di due nazioni dove essere gay è un biglietto di sola andata per il patibolo

Sono da quattromila a seimila gli omosessuali fatti salire sulla forca in Iran dal 1979, l’anno di nascita della Repubblica islamica. Eppure, la partita della Coppa del Mondo ospitata a Seattle nell’estate del 2026 e pubblicizzata come una celebrazione dell’orgoglio lgbtq vedrà la partecipazione di Egitto e Iran, due nazioni dove essere gay è un biglietto di sola andata per il patibolo e il gulag morale. Almeno alla Fifa va riconosciuto il merito di non aver avuto nulla a che fare con la programmazione di questa farsa. Perché un’assurdità maggiore sarebbe difficilmente immaginabile.

 

Gli organizzatori hanno collaborato con artisti dello stato di Washington per creare opere d’arte pubbliche a tema lgbtq che saranno esposte in tutta la città durante la partita fra il Cairo e Teheran. Obiettivo? Celebrare l’inclusività, l’arte queer e la partnership con business lgbtq. Resta da vedere se Iran ed Egitto accetteranno di essere utilizzati per questo scopo. Forse vedremo l’ayatollah Khamenei con una bandiera arcobaleno. Sarebbe il trionfo di un regime teocratico che impicca più volentieri di quanto negozi.

 

Durante la Coppa del Mondo 2022 in Qatar, un altro paese con leggi draconiane contro le relazioni omosessuali, l’organo di governo del calcio mondiale ha minacciato di sanzionare i giocatori che indossavano le fasce “OneLove” color arcobaleno. Alcune squadre europee, tra cui Inghilterra e Galles, hanno abbandonato l’idea di indossare le fasce dopo che la Fifa ha avvertito che i giocatori avrebbero potuto essere penalizzati in campo. Altre, come la Germania, hanno protestato coprendosi la bocca durante le foto di squadra prima delle partite, un gesto più patetico di un rigore sbagliato. La palla è rotonda, sì, ma rotola su un campo minato. Per la partita della donna, rigorosamente gender free, qualcuno starebbe pensando di chiamare a giocare i Talebani.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.