Il Giappone sta vivendo un “momento Europa” con la Cina e Trump
Un'azione quasi di guerra da parte dell'Esercito popolare di liberazione nell'area di Okinawa aumenta il rischio escalation. La Casa Bianca si gira dall'altra parte
Domenica scorsa, quando erano da poco passate le due del mattino, il ministro della Difesa giapponese Shinjiro Koizumi ha convocato una inedita conferenza stampa d’urgenza. Koizumi, quarantaquattrenne figlio del noto ex primo ministro Junichiro, a capo della difesa giapponese da solo due mesi in uno dei momenti più complicati della storia contemporanea del suo paese, ha deciso di affrontare le telecamere per denunciare l’ennesima pericolosa escalation della Cina: sabato scorso due caccia J-15 cinesi, decollati dalla portaerei Liaoning, avrebbero puntato “a intermittenza” i loro radar sugli F-15 giapponesi, che erano stati fatti decollare in risposta al sospetto di una possibile violazione dello spazio aereo nipponico. Koizumi ha definito l’azione “pericolosa e ben oltre ciò che è necessario per la sicurezza del volo”, e ha annunciato che Tokyo ha presentato una protesta formale a Pechino convocando l’ambasciatore Wu Jianghao. Nessuno si è fatto male durante l’incontro, ma gli agganci sarebbero avvenuti ben due volte, prima nel tardo pomeriggio e poi in serata, nelle acque a sud-est dall’isola principale della prefettura di Okinawa, quella più vicina a Taiwan, mentre Tokyo rilevava un numero record – circa cento decolli di jet da combattimento dalla portaerei cinese. Anche solo la posizione della Liaoning mostra che Pechino vuole fare sul serio con la sua proiezione di forza contro il Giappone, in un momento in cui l’America di Donald Trump dimostra di non voler avere niente a che fare con crisi che riguardino la Cina.
La tensione fra Repubblica popolare cinese e Giappone sta aumentando vertiginosamente da quando un mese fa la neopremier Sanae Takaichi ha detto a braccio, durante un’audizione in commissione alla Dieta, il Parlamento nipponico, che una crisi militare sull’isola di Taiwan sarebbe stata un problema di sicurezza nazionale per il Giappone – alludendo quindi a un potenziale intervento delle Forze di autodifesa giapponesi. A quelle parole, Pechino aveva reagito in modo sproporzionato per una dichiarazione informale, e quindi non un cambio di postura formale, pronunciata per di più da una premier appena insediata. Da settimane la Cina ha messo in campo tutto l’armamentario anti nipponico di cui è capace, con boicottaggi economici, espressioni estreme (il console cinese di Osaka ha addirittura fatto sapere che sarebbe stato giusto “tagliare la testa” a Takaichi), e infine provocazioni militari. Un alto funzionario delle Forze di autodifesa – il Giappone non ha un esercito regolare per via della sua Costituzione post-bellica – ha detto all’Asahi che le provocazioni dello scorso fine settimana sono “atti pericolosi che potrebbero portare a un conflitto militare se si compie un passo nella direzione sbagliata. Per il pilota, dev’essere stato spaventoso, come guardare il dito sul grilletto di una pistola puntata contro di sé”.
Ieri il portavoce del ministero degli Esteri, Guo Jiakun, ha parlato di “operazioni normali” conformi al diritto internazionale, e ha accusato invece le Forze armate di Tokyo di essere entrate senza autorizzazione nell’area di esercitazione cinese – che non erano state nemmeno annunciate – effettuando ricognizioni ravvicinate e interferenze. E’ il solito gioco molto pericoloso di rovesciare la realtà, che Pechino ha imparato dal Cremlino, ma nel frattempo il Giappone è in una fase molto simile all’Europa. All’inizio della crisi con la Cina, il governo Takaichi credeva di poter risolvere autonomamente, ma vista la brutalità delle contromisure cinesi ha chiesto aiuto – inascoltato – all’Amministrazione Trump. Secondo il Financial Times, a una richiesta di sostegno da parte di Tokyo, la Casa Bianca ha risposto con una dichiarazione sul social X da parte del viceportavoce del dipartimento di stato, Tommy Pigott, pubblicata il 20 novembre scorso. L’indicazione di non irretire la Cina prima del viaggio a Pechino di Trump è presa alla lettera, e sebbene l’alleanza degli Stati Uniti con il Giappone sia “incrollabile”, il leader cinese Xi Jinping sa bene che questo è il momento per cambiare gli equilibri, con le buone o no, non ha importanza.