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l'editoriale del direttore

Con la National Security Strategy di Trump l'America è ufficialmente un avversario

Giuliano Ferrara

L'America applica la dottrina Vance. Ora l’Ue, se esiste, è chiamata alla definizione rapida di un suo spazio politico e strategico

Il documento National Security Strategy adottato dalla Casa Bianca è una sorpresa solo per chi non ha voluto vedere che cosa succedeva con la seconda presidenza Trump. Toni e argomenti risentono del lavoro di scavo ideologico e propagandistico di J. D. Vance contenuto nel suo discorso alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza, e la proclamazione della fine della civiltà europea, data per imminente, anzi già in corso, ha in effetti quello stigma. Demografia, immigrazione, diritti umani e correttezza politica a sfondo censorio sono i tratti che indicano nell’Unione europea un punto debole dell’occidente, un’area di decadenza politica, culturale e spirituale. Una congerie di classi dirigenti in rotta, deboli e isolate dai popoli, sempre più inaffidabili come interlocutori della politica estera e di potenza di quest’America che cerca la stabilità strategica con la Russia, con la Cina e con il resto del mondo, ma ormai proietta la sua identità e la sua azione al di fuori dell’alleanza atlantica, e della Nato.

 

Un’alleanza militare destinata a essere superata come asse bilaterale di riferimento nella difesa e nella strategia di presenza americana a tutela del suo primato e della sua stessa sicurezza. In modo molto esplicito il documento spiega che la fine della guerra in Ucraina deve essere perseguita non come una pace giusta e duratura, fornita delle indispensabili garanzie contro l’espansionismo neoimperiale di Putin, ma come il castigo dell’oltranzismo europeo nel sostegno, in funzione antirussa e di stabilizzazione difensiva, a quattro anni dall’aggressione del 2022, della resistenza di quel paese. E sempre in modo esplicito è teorizzata la necessità di aiutare le forze disponibili a mutare il regime politico prevalente nell’Unione, quali che siano i costi del cambiamento. E’ dunque un documento molto duro e severo, non privo di una sua logica, ed è il rovesciamento integrale del documento dei neoconservatori e dell’Amministrazione Bush-Cheney, che puntava, con l’obiettivo di un New American Century e non di un’età dell’oro grassa, ricca e isolazionista, su un unilateralismo della potenza neoimperiale degli Stati Uniti ma suffragato dall’Alleanza euroatlantica e dal quadro di obiettivi strategici comuni uscito dall’ultima guerra mondiale. In termini strategici e diplomatici, questo documento è una sfida e una dichiarazione politica di guerra all’Unione europea, fondato sul lavorio per il suo indebolimento e sul tradimento palese dell’ambizione di chiudere il conflitto aperto da Putin in Ucraina con un compromesso accettabile e garantito.

A questo punto dovrebbe essere chiaro che lo spazio per la chiacchiera, per la dilazione, per l’apparenza, per la vanità, per le buone intenzioni è finito. Gli europei, si intende i regimi liberaldemocratici ancora al governo nella maggioranza dei paesi della Ue (dunque Ungheria e Slovacchia escluse), forse ancora poteri europei autonomi e potenzialmente coesi, non hanno più lo spazio residuale loro concesso finora dall’esitazione nel considerare l’omogeneità politica e personale della convergenza Trump-Putin come un fattore strategico decisivo, e di svolta, della costellazione politica dominante. Alla luce del documento, l’Amministrazione Trump è strategicamente un avversario politico, e l’alleanza, compresa la sua componente di alleanza militare, è un residuo storico al quale rivolgere il sommesso omaggio del ricordo, come peraltro fa il paper di 33 pagine che rivolge un delicato pensiero all’Europa in estremo declino, dicendo che non è ancora interesse americano isolarla e metterla del tutto fuori combattimento. Invece di vedersi ogni settimana nel circolo ristretto dei volenterosi, invece di confermare verbalmente un sostegno eterno all’Ucraina le cui basi si stanno sgretolando nonostante la rappresentazione della solidarietà e dell’interesse comune, invece di rivendicare un ruolo di per sé marginale e ozioso nella falsa trattativa che da mesi sta strangolando l’Ucraina, l’unica che abbiamo, quella di Zelensky e dei suoi combattenti; invece dell’inazione, l’Unione, se esiste, è chiamata all’azione politica e alla definizione rapida di un suo spazio strategico, muovendosi con spirito di indipendenza e intraprendenza nel mondo com’è, con le armi della diplomazia, del commercio, della difesa strategica e dell’intelligence. Ogni altra scelta, cioè la stasi mascherata da volitiva disponibilità a difendersi al fianco di un alleato che non ne vuole più sapere, sarebbe semplicemente la conferma del National Security Strategy, cioè che l’Europa come entità politica autonoma è largamente fottuta.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.