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Tensioni continue

Il report sul Signalgate e la causa del New York Times contro il Pentagono

Marco Arvati

Negli Stati Uniti cresce la tensione tra l’amministrazione Trump e il mondo dell’informazione. Il Nyt ha deciso di citare in giudizio il dipartimento della Difesa per violazione dei diritti costituzionali garantiti dal Primo emendamento

L’Ispettore generale del Pentagono, agenzia indipendente che supervisiona le operazioni del dipartimento della Difesa americano, ha pubblicato ieri un report in cui conclude che l’utilizzo dell’app Signal da parte di membri dell’Amministrazione Trump – in particolare da parte proprio del capo del Pentagono, Pete Hegseth, che ne fa un uso incauto – ha messo in pericolo i soldati americani. Si riferisce in particolare alla chat che riuniva i ministri e i consiglieri che si occupano di sicurezza e difesa – e anche il vicepresidente J. D. Vance – in cui si discuteva degli attacchi aerei sulle forze houthi in Yemen avvenuti a marzo avrebbe. Le app di terze parti, a differenza dei canali di comunicazione ufficiali del Pentagono, sono più semplici da hackerare da parte delle potenze straniere: se questo fosse accaduto, la vita di chi stava compiendo l’operazione sarebbe stata in pericolo.

 

La chat era diventata di dominio pubblico giorni dopo l’attacco, perché vi era stato inavvertitamente inserito Jeffrey Goldberg, il direttore dell’Atlantic che ha pubblicato le conversazioni. Il report rivela anche che, nel corso dell’indagine, Hegseth si è rifiutato di farsi interrogare. Quali possano essere le ripercussioni è meno chiaro, perché le informazioni condivise erano sì riservate, ma il titolare della Difesa ha la facoltà di declassificarle, e Hegseth ha affermato di averlo fatto scegliendo di condividerle: non esiste, però, nessuna prova scritta di questa decisione. Il portavoce del Pentagono Sean Parnell ha affermato che il report scagionerebbe Hegseth, perché prova che il ministro non ha mai condiviso informazioni top secret.

 

Ma nessuno sente nell’aria un’assoluzione, anzi. Il New York Times ha deciso di citare in giudizio il Pentagono per violazione dei diritti costituzionali garantiti dal Primo emendamento, che tutela la libertà di stampa, per via dell’imposizione di una nuova serie di restrizioni ai giornalisti per poter ottenere l’accredito che consente l’accesso negli edifici governativi. Nella causa, che oltre al Pentagono vede citati personalmente sia Hegseth sia Parnell, il quotidiano afferma che sarebbe in corso un tentativo di “restringere la possibilità dei giornalisti di svolgere il loro mestiere, quello di chiedere conto ai funzionari del governo delle loro azioni e di ottenere informazioni”.

 

Tutto è iniziato a ottobre, quando il Pentagono ha comunicato che per mantenere l’accesso agli edifici della Difesa i giornalisti avrebbero dovuto firmare delle nuove regole d’ingaggio. Il nuovo documento, lungo 21 pagine e ideato per “prevenire le fughe di notizie”, è molto specifico nel definire ciò che i giornalisti possono e non possono fare: una rottura radicale rispetto alle prassi consolidate, quando bastava firmare un documento di poche righe per essere accreditati. All’interno, si legge che i media non devono “incoraggiare i dipendenti a condividere informazioni che non sono pubbliche”, e nemmeno “sollecitarli a fornire informazioni confidenziali”. Inoltre, i giornalisti dovrebbero muoversi con badge di colore rosso molto visibili: fino a ora, i badge erano uguali a quelli di tutti gli altri dipendenti, distinti solo dalla scritta Press in basso.

 

Hegseth ha affermato che la possibilità per i giornalisti di accedere agli edifici del Pentagono non è un diritto, ma un privilegio, e che bisogna sottostare alle regole: il Times contesta questa imposizione perché, anche se è vero che non è codificato il diritto di accesso dei giornalisti ai palazzi del governo, una volta che questo è stato concesso non potrebbe essere rimosso arbitrariamente. Quasi tutte le principali aziende editoriali si sono rifiutate di firmare il documento, compresa l’emittente trumpiana Fox News, per cui tra l’altro Hegseth lavorava prima di essere selezionato da Trump. Ha invece acconsentito sin da subito ai cambiamenti l’ultraconservatrice One America News, che ha accreditato il controverso ex deputato repubblicano Matt Gaetz. Non avendo firmato, molti giornalisti hanno abbandonato le loro postazioni nell’edificio, e sono stati rimpiazzati da content creator conservatori, giornali di destra e personalità molto vicine al mondo trumpiano. Tra i nuovi accreditati, infatti, ci sono il sito conservatore The Federalist e l’influencer trumpiana Laura Loomer: il team di comunicazione di Hegseth li ha definiti “i nuovi giornalisti del Pentagono” e Parnell, parlando di chi si è rifiutato di firmare, ha affermato che “non mancheranno a nessuno”. Nel frattempo, anche altre testate meditano di unirsi al Times nel fare causa alla Difesa.