un contesto confuso
Narcoguerra o regime change. Il gioco degli specchi in Venezuela
Dalla telefonata fra Trump e Maduro all'eventualità di una guerra come fattore che riavvicina destra repubblicana e democratici. L'escalation ormai è iniziata
Domenica scorsa il presidente americano Donald Trump ha confermato la notizia del New York Times sulla sua telefonata avuta con l’omologo venezuelano Nicolas Maduro. Tre giorni prima, nel Giorno del Ringraziamento, aveva ribadito che gli Stati Uniti avrebbero preso “molto presto” misure per fermare le presunte reti di narcotraffico sul territorio venezuelano, e poi, nel fine settimana, aveva dichiarato che lo spazio aereo venezuelano andava considerato chiuso. Secondo il New York Times, Trump e Maduro avrebbero anche discusso della possibilità di un incontro di persona, ma il senatore repubblicano Markwayne Mullin alla Cnn ha spiegato che è stata offerta soprattutto la possibilità per Maduro di rifugiarsi altrove, di “andare in Russia o in un altro paese”. Secondo la Cnn, il presidente venezuelano si sarebbe detto pronto a dimettersi entro 18 mesi, e Washington avrebbe anche offerto un salvacondotto. Ma, dopo quattro giorni di assenza in pubblico in cui aveva pure disertato l’anniversario dell’Aeronautica militare, Maduro è infine riapparso l’altro ieri, alla cerimonia annuale di premiazione dei migliori caffè del paese, arrivata alla quarta edizione, e ha preannunciato la quinta il prossimo anno. “Siete già invitati, prenotate gli hotel per godere appieno di tutto l’amore e la bellezza che emana il Venezuela”, un paese “indistruttibile, indomabile e intoccabile”. Però ha tolto le concessioni di volo a sei compagnie aeree che di fronte agli avvertimenti americani avevano sospeso i voli, e ha dovuto annunciare un “piano speciale” per il rimpatrio dei venezuelani bloccati all’estero.
Un’organizzazione di militari venezuelani in esilio ha avvertito che un’operazione per “liberare” il paese è imminente, e sia Trinidad e Tobago sia Repubblica dominicana si offrono come punti di appoggio. Ma il contesto resta confuso. La forza navale della Operazione Southern Spear non ha infatti abbastanza uomini per un’occupazione stile Panama e Iraq, e d’altra parte, per il tipo di retorica che ha utilizzato con il suo elettorato, Trump non può ammettere di volere un’operazione di regime change. Così parla di guerra alla droga, contro l’epidemia di fentanyl che però non passa per il Venezuela. Ma neanche contro il narcotraffico l’elettorato di Trump digerirebbe i boots on the ground su larga scala. Secondo un sondaggio Cbs News il 76 per cento degli americani non crede che Trump abbia spiegato la sua posizione sulla questione, e solo il 13 per cento considerava Maduro una minaccia significativa per la sicurezza degli Stati Uniti.
Paradossalmente, l’eventualità di una guerra sta riavvicinando destra repubblicana e democratici, e le Commissioni del Congresso hanno annunciato un’attenta supervisione bipartisan sugli attacchi in mare delle presunte narcoimbarcazioni, i cui 83 morti contati finora possono essere giudicati uccisioni extragiudiziali. La controversia è aumentata da quello che persone a conoscenza dell’incidente hanno descritto alla Cnn come un ulteriore attacco militare americano contro una presunta nave adibita al traffico di droga il 2 settembre, dopo che un attacco iniziale non era riuscito a uccidere tutti a bordo. L’Assemblea nazionale venezuelana ha annunciato una indagine, ma anche i membri del Congresso americano hanno espresso preoccupazione per il fatto che il cosiddetto attacco “doppio colpo” violerebbe le leggi sui conflitti armati, che proibiscono l’esecuzione di un combattente nemico reso inabile da ferite o resa. Il segretario alla Guerra, Pete Hegseth, ha risposto che tutti gli attacchi contro presunte navi adibite al traffico di droga sarebbero legali secondo il diritto statunitense e internazionale, in parte perché i trafficanti sono stati designati come terroristi dal governo degli Stati Uniti.
E’ possibile che il tutto possa costituire una differente strategia di pressione, più simile a quella che fu utilizzata con i bombardamenti di Belgrado. Ma è altrettanto possibile che non ci sia una vera strategia, anche se forse potrebbe nascere in corso d’opera. Le navi sono state mandate dopo che Maduro aveva estorto a Trump il rinnovo alla licenza della Chevron col sequestro di dieci cittadini americani, ed è presumibile che sia stata una mossa per distrarre l’opinione pubblica dall’umiliazione subita. Ormai l’escalation è iniziata, e se Trump ritira le navi con Maduro ancora al potere fa una figuraccia anche peggiore.