Le trattative
Legami, sorrisi e appunti attorno al tavolo dei negoziati al Cremlino
I segnali di Putin prima dell’incontro con gli americani: la mimetica, le minacce, la passeggiata per Mosca di Kushner e Witkoff
Vladimir Putin ha accolto l’inviato speciale americano, Steve Witkoff, al Cremlino con qualche ora di ritardo. Lo ha invitato a sedersi attorno al tavolo che Witkoff aveva già visto in un incontro precedente, e ha preso posto al fianco del suo interprete e del suo consigliere Yuri Ushakov. Dalla parte russa del tavolo era seduto anche Kirill Dmitriev, capo del Fondo sovrano russo per gli investimenti all’estero che aveva accompagnato gli ospiti americani prima a cena, poi a fare una passeggiata per il centro di Mosca e infine al Cremlino per mostrare a Putin i ritocchi proposti dagli ucraini al piano in ventotto punti. Witkoff e Dmitriev ormai si conoscono, nelle immagini del loro incontro di ieri si vede il primo costantemente estasiato: prima dalle luci natalizie di Mosca, poi da Dmitriev che indica punti della città, infine dall’accoglienza di Putin. L’altro ospite americano era il genero di Trump Jared Kushner, più silenzioso, privo di espressioni sul volto. Proprio da Mosca è partita la conversazione: quando Putin ha salutato Witkoff gli ha chiesto della passeggiata e ha parlato dell’orgoglio delle istituzioni cittadine per i cambiamenti degli ultimi anni – mentre parlava della capitale ridacchiava con l’unico moscovita a quel tavolo: Ushakov .
Il capo del Cremlino è arrivato all’incontro dopo aver vestito i panni del comandante in capo, pronto a minacciare e a sbaragliare l’Ucraina. Martedì sera, per la terza volta in un mese, si è mostrato in mimetica, mentre in un labirinto ascoltava il suo capo di stato maggiore annunciare la presa di Pokrovsk e di Vovchansk. La prima è la città assediata da oltre un anno nella regione di Donetsk, la cui conquista è stata annunciata più volte, e la seconda si trova invece nella regione di Kharkiv. Putin ha poi ordinato il raggruppamento delle truppe a nord per creare una zona cuscinetto nel territorio dell’Ucraina, manifestando quindi la volontà di proseguire la guerra anche in regioni non menzionate nei negoziati. Ieri si è tolto la mimetica e dopo aver fatto un incontro con le banche russe ha rilasciato dichiarazioni, destinando agli europei delle parole di minaccia. Il capo del Cremlino ha detto che la Russia non ha intenzione di combattere contro l’Europa, ma nel caso di guerra, la Russia è già pronta; ha definito inaccettabili le proposte europee per un piano di pace perché non tengono conto della “situazione sul campo”. Ha descritto le operazioni russe in Ucraina “chirurgiche”, termine che di solito si usa per indicare attacchi mirati, mentre quelli russi colpiscono i civili molto lontani dal fronte e da qualsiasi obiettivo militare; e ha detto che se le “azioni di pirateria” di Kyiv contro le navi russe continueranno, allora Mosca potrebbe tagliare l’Ucraina fuori dal mare. Non sono parole da negoziato, ma Putin intendeva presentarsi a Witkoff come il vincente, il capo di un esercito che sta schiacciando il paese avversario, quindi l’unico che può dettare le condizioni: la storia di successo che piace a Trump. Gli europei e gli ucraini sono invece coloro che sabotano la pace pur non avendo i mezzi per resistere ai russi. Il copione era perfetto per l’inviato americano che in passato ha detto di ammirare Putin – le sue azioni finora hanno fatto seguito a questa ammirazione. Prima ancora che Witkoff, accompagnato da Kushner, mettesse piede al Cremlino, sapeva già che non sarebbe entrato per negoziare, ma per portare alla Casa Bianca il messaggio di Putin, fatto dalle solite pretese massimaliste che probabilmente sono soltanto la “punta dell’iceberg”, come ha commentato l’analista russa Tatiana Stanovaya dopo aver sentito gli ultimi ordini di Putin in mimetica, e nascondono invece un blocco di dettagli con i quali il Cremlino intende assicurarsi che l’Ucraina sia soggiogata e l’Europa messa a tacere.
Il tavolo attorno al quale si sono seduti Putin, Witkoff e gli altri era legato dalla fitta rete delle intercettazioni. La scorsa settimana Bloomberg ha pubblicato le trascrizioni di una conversazione fra Witkoff e Ushakov e un’altra fra Ushakov e Dmitriev. Tutti gli uomini a quel tavolo si sentono spesso, c’è un legame e c’è un progetto: ogni volta che Witkoff fa ritorno negli Stati Uniti dopo aver trascorso qualche ora con i russi si convince delle loro posizioni. Kushner in quella geometria di rapporti era la novità e nella maggior parte delle immagini pubbliche appare in silenzio. Per i russi parlare con l’emissario americano è risultato fin troppo facile, si erano preparati in anticipo al ritorno della diplomazia trumpiana e si sono adattati al modo di Witkoff di trattare. Dmitriev e Ushakov sono gli inventori del modo di intendersi con Witkoff e si compensano: il primo parla la lingua degli affari e suggerisce piani di pace che l’immobiliarista amico di Trump capisce in fretta; il secondo invece entra nei dettagli, è un diplomatico esperto, ha servito negli Stati Uniti per oltre dieci anni ed è il sostenitore di un negoziato parallelo fra Russia e Stati Uniti, senza ucraini e senza europei di mezzo.
Prima che l’incontro a Mosca iniziasse, Trump aveva detto riferendosi alla situazione fra Russia e Ucraina: “Lasciate che ve lo dica, è un disastro”. Gli ucraini temono che gli Stati Uniti possano perdere interesse nei negoziati.