i negoziati
C'è un piano fra Ucraina e Stati Uniti. Poi c'è un piano russo
Zelensky è pronto a volare da Trump per discutere dei dettagli. Mosca non vuole ritocchi ai ventotto punti, dice che tutto è stato già deciso in Alaska a febbraio ed evoca lo "spirito di Anchorage"
Esistono due piani. Uno concordato fra gli americani e gli ucraini a Ginevra, che prevede una lieve riduzione delle Forze armate armate di Kyiv e dettagli importanti sulle garanzie di sicurezza. Poi esiste un piano redatto dagli americani e dai russi a Miami, a casa di Steve Witkoff, l’inviato speciale per il medio oriente a cui è stato affidato anche il compito di trovare un piano per far finire la guerra contro l’Ucraina, che prevede che Mosca ottenga concessioni talmente vaste da essere equiparabili a un via libera per una futura invasione. I due piani sono inconciliabili.
L’Ucraina ha aderito formalmente all’intesa discussa con gli americani a Ginevra nei giorni scorsi e il presidente Volodymyr Zelensky ha confermato: “Siamo pronti ad andare avanti”. La Russia, formalmente, non ha aderito ancora a nulla e, stando alle dichiarazioni del portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, e del ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, la posizione di Mosca è stata esplicitata il 15 agosto ad Anchorage, durante il vertice in Alaska fra il presidente americano Donald Trump e Vladimir Putin. I russi parlano di “spirito di Anchorage”, secondo Peskov, in Alaska è stato raggiunto un accordo fra russi e americani e il piano in ventotto punti è stato redatto sulla base di quell’accordo. Il portavoce era su un aereo diretto in Kirghizistan, per la visita di stato di Putin, impegnato in una campagna di rafforzamento dei legami con il paese dell’Asia centrale. Gli Stati Uniti non hanno mai detto di aver stretto un’intesa durante il vertice di Ferragosto e anzi, da quell’incontro, Trump uscì infastidito, preferì tagliare corto, saltare la cena e lasciare l’ospite al suo giro dei memoriali dell’Aljaska (come viene chiamato lo stato americano in russo). Peskov ha parlato dall’aereo dopo che la Abc aveva già annunciato l’esistenza di un accordo fra ucraini e americani pronto per essere firmato: “E’ impossibile commentare ogni resoconto dei media. Descriverei quello che sta accadendo come un baccanale informativo … Preferiamo non impegnarci nella diplomazia da megafono. Sono in corso negoziati fra americani e ucraini. Ci risulta che siano state apportate alcune modifiche al testo pubblicato (il riferimento è ai 28 punti) … Aspettiamo che la parte americana ci condivida i risultati dei suoi contatti con l’Ucraina, preferibilmente in una bozza ufficiale”. Peskov ha assicurato che Mosca rimane aperta al processo negoziale. Lavrov è stato più diretto e, sempre nel nome dello spirito di Anchorage, ha detto che le modifiche potrebbero essere rigettate.
Il capo dell’Ufficio del presidente dell’Ucraina, Andriy Yermak, ha parlato con Barak Ravid di Axios – era stato sempre Ravid ad annunciare in esclusiva l’esistenza di un piano scritto segretamente dagli americani per far finire la guerra in Ucraina – e ha riferito che Zelensky vorrebbe incontrare al più presto Trump, magari nel giorno del Ringraziamento, il 27 novembre, per discutere gli ultimi dettagli che riguardano soprattutto le concessioni territoriali. Yermak ha detto che il piano in ventotto punti è ormai “acqua passata”, adesso ucraini e americani sono riusciti a capirsi soprattutto per quanto riguarda le garanzie di sicurezza che gli Stati Uniti dovrebbero fornire all’Ucraina. Ogni parola di Yermak è volutamente elogiativa nei confronti di Trump: il potente consigliere di Zelensky dice che la “missione” del capo della Casa Bianca è “storica” e anche la “decisione” di emettere “solide garanzie di sicurezza” è “storica”. Martedì sera Trump è partito per Mar-a-Lago, dove rimarrà fino a domenica, e ha confermato: “Siamo molto vicini a un accordo”. Se a Zelensky verrà concessa la visita, che non tutti gli consigliano di compiere per timori di attriti o agguati, dovrà recarsi in Florida e non a Washington. Yermak ci tiene a sottolineare la buona collaborazione con i funzionari americani, li cita uno per uno: il segretario di stato Marco Rubio, ma anche Steve Witkoff e il genero di Trump Jared Kushner – i due avrebbero iniziato a concepire il piano a ottobre, mentre tornavano dal medio oriente – e Dan Driscoll, il segretario dell’Esercito americano, compagno di università del vicepresidente J. D. Vance, con forti ambizioni dentro al Pentagono, mandato a Kyiv la scorsa settimana a illustrare, con toni perentori, i ventotto punti a Zelensky. Yermak racconta ad Axios di aver incontrato Driscoll per la prima volta soltanto la scorsa settimana – durante quell’incontro molto teso – ma confessa di avere ormai la sensazione di conoscerlo da anni. Oggi Driscoll era ad Abu Dhabi per interfacciarsi con funzionari russi e ucraini. Avrebbe dovuto essere un incontro non incentrato sugli sforzi di pace, ma ovunque la scala delle priorità è cambiata e il segretario dell’Esercito ha portato con sé una copia dell’accordo. Per Kyiv, era volato negli Emirati il capo dell’intelligence ucraina Kyrylo Budanov che, per portare avanti gli scambi dei prigionieri, ha continuato a lasciare aperti canali con Mosca in questi anni. E’ anche l’uomo più temuto dal Cremlino: è stato addestrato dalla Cia come componente dell’Unità speciale 2245 e soprattutto è lui la mente degli attacchi in territorio russo.